Come spiegare la disabilità ai bambini

di Iacopo Melio

Pubblicato il 2021-11-12

Nella nuova puntata della sua rubrica Iacopo Melio ci spiega come approcciare questo tema con i propri figli. La parola d’ordine? Normalizzare

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“Ciao Iacopo! Sono una mamma di 2 bimbi di 5 e 7 anni. Vorrei un aiuto da te pertrovare le giuste parole per spiegare la… disabilità? Diversa abilità? Non ne abbiamo mai fatto esperienza diretta e solo raramente ci capita di incrociare persone sulla carrozzina. Le Paralimpiadi mi hanno aiutata, ma vorrei educarmi ed educarli al rispetto e all’uso di un linguaggio consapevole. Accetto ogni tuo tipo di consiglio! Ah, sono partita col libro “Wonder” per bambini ma mi serve altro! Grazie se potrai aiutarmi! Laura”

Cara Laura, questa è una domanda che i genitori mi fanno spessissimo, perciò non preoccuparti, anzi, è molto bello che tu voglia affrontare il tema pur non vivendolo in
modo diretto o indiretto. Partiamo da un concetto che dev’essere basilare per tutti: la disabilità è una “condizione”, o ancor meglio una “caratteristica”, esattamente come avere gli occhi azzurri o i capelli marroni, perciò occorre definirla nel modo corretto: si parla di “persone con disabilità”, perché prima di tutto si è sempre delle persone, perciò è fondamentale anteporre la “persona” alla sua disabilità nel definirla. Anche per questo, usare termini come “diversamente abile” o “diversabile”, come suggerisci anche tu, è scorretto e socialmente discriminatorio perché sottolinea la diversità e la specialità anziché la parità, quando in realtà ognuno di noi ha abilità diverse ma è pur sempre abile (o disabile) in qualcosa…

Come spiegare la disabilità ai bambini: piccoli consigli pratici

D’altronde nessuno sa fare tutto! Assodato il fatto che si dice “persone/ragazz*/bambin* con disabilità”, il miglior modo per spiegarla a chi è così piccolo, è appunto evidenziando come certe caratteristiche, per quanto poco comuni, non siano poi così diverse da altre. Uno strumento molto utile per far comprendere questo sono gli occhiali, perché un sacco di persone li indossano e quindi, molto probabilmente, conoscerai qualcuno che li porta per vedere meglio, da poter usare come esempio: ebbene, se quella persona se li togliesse, automaticamente non saprebbe distinguere un quattro da un cinque segnato con la mano a sei metri di distanza, ma grazie agli occhiali la stessa persona riesce a compensare e superare la sua “disabilità”. Questo vale esattamente per il bastone del nonno, per la stampella dell’amica che si è rotta una gamba giocando sullo scivolo, o per Iacopo in carrozzina che è nato senza potere camminare.

Parola d’ordine: normalizzare

E qui, sul “nascere disabili”, si apre lo step successivo: Iacopo è nato che non può camminare (disabilità), ma lo stesso Iacopo sa suonare benissimo la chitarra (abilità), mentre mamma Laura non sa suonare la chitarra (quindi Iacopo è più abile di lei in questo) ma magari sa nuotare benissimo mentre la mamma di Iacopo, Barbara, è negata in piscina (e quindi è “disabile”, in questo, rispetto a Laura che è molto abile), e così via… Insomma, per farla breve, la cosa migliore è sempre “normalizzare” la disabilità paragonando quella difficoltà ad altre difficoltà più comuni e quotidiane, specificando però che le persone saranno comunque brave a fare altro. Inoltre, è sempre bene raccontare strumenti tipo la carrozzina o un bastone non come qualcosa di pesante, triste o pietistico, bensì come strumenti di libertà, indipendenza e parità, proprio perché compensano le disabilità fornendo un aiuto così come fanno migliaia di altri strumenti che non necessariamente sono collegati a una disabilità “certificata”. Sono certo che saprai trasmettere al meglio, ai tuoi figli, quella leggerezza e disinvoltura con la quale si dovrebbe sempre approcciare un tema così importante e delicato, ma allo stesso “normale”, come dovremmo sempre considerare.

Iacopo

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