Città e accessibilità, serve una svolta culturale e sociale se davvero vogliamo cambiare le cose

di Iacopo Melio

Pubblicato il 2022-04-27

Se manca una cultura sociale dell’accessibilità, di una inclusione il più possibile universale, non potremo mai migliorare il nostro territorio

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Caro Iacopo,
Com’è possibile che una città bellissima come Firenze non sia accessibile?
Ci sono stata un mese fa ed è estremamente difficile girarci anche solo per me che avevo un passeggino.
Che ne pensi?

Un abbraccio grande, ti seguo sempre, Paola.

Cara Paola,
Sarò brutalmente onesto: Firenze è la città dei miei sogni; il posto dove mi trasferirei domani se solo potessi; un luogo dove si respira arte, cultura e bellezza a ogni angolo. Allo stesso tempo, però, sono consapevole di quanto non sia una città a misura di disabile.

Certo, è molto migliorata in questi ultimi anni ma, ancora, c’è molto da fare. Non posso dimenticare, ad esempio, gli enormi ritardi compiuti ogni volta perché, per affrontare cento metri di sampietrini (vera trappola mortale per le ruote anteriori delle carrozzine, per bastoni e comuni tacchi), ci ho sempre impiegato più del dovuto. Direi fin troppo.

Però c’è un però che ci “consola”. O meglio, che ci riporta coi piedi per terra: Firenze è una città storica, e questo non dobbiamo dimenticarlo
I problemi che vive la città del mio cuore, il posto dove sono stato eletto consigliere regionale, sono esattamente gli stessi che vivono Pisa, Roma, Napoli, Perugia, Torino… E tante altre, ancora, ne potrei citare.

Si salvano, senza dubbio, Milano per la sua modernità in continua evoluzione, e Bologna per la sua conformazione unica: i portici sono un ottimo “bonus” di accessibilità, dal momento che girarvi sotto è estremamente comodo e raramente presentano gradini agli ingressi dei locali.

Ecco, personalmente ritengo che si debba lottare per un’accessibilità il più possibile estesa, ma conservando una sana dose di realismo. Trovo assurdo, infatti, pretendere colate di cemento ovunque, danneggiando un bene prezioso come una nostra città d’arte o come la natura in generale, il cui valore risiede anche nell’essere rimasta, in parte, intatta per tutti questi anni.

Cerchiamo, per il momento, di partire dalle cose possibili e più elementari, che purtroppo, come ti dicevo, ancora oggi mancano: perché gli esercizi commerciali non sono sempre dotati di rampe al loro ingresso? Perché gli autobus che circolano nelle città non hanno ancora le pedane elettroniche o, se le hanno, sono perennemente guaste? E tutti i musei e mostre non inclusive per ciechi e sordi? Possibile che i cittadini con disabilità, fisiche o sensoriali che siano, debbano essere ancora visti come un costo e non come una risorsa sulla quale investire? E infine, com’è possibile che si trovino ancora auto, moto e bici parcheggiate ovunque, soprattutto sui marciapiedi o nei posti gialli, riservati ai disabili, senza averne l’autorizzazione?

Io ripartirei proprio da queste domande. Che, in realtà, sono dei piccoli accorgimenti che i singoli cittadini potrebbero risolvere da soli, senza demandare sempre tutto alla politica. Poi, dopo, possiamo benissimo passare alle strade, ai marciapiedi, all’asfalto, e quant’altro. Ma se manca una cultura sociale dell’accessibilità, di una inclusione il più possibile universale, che non agevoli soltanto Iacopo in carrozzina ma anche i genitori, come te, con un passeggino, non potremo mai migliorare il nostro territorio.

Un grande abbraccio,
Iacopo.

Fai una domanda a Iacopo Melio scrivendo a: dilloaiacopo@nextquotidiano.it

 

Immagine di copertina: Foto IPP/Leonardo Bianchi

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