Sorpresa: le sparate di Di Maio sui giornalisti fanno male alla libertà di stampa

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-05-02

A scriverlo in un report è il Consiglio d’Europa che sottolinea come alcune dichiarazioni di Di Maio dei mesi scorsi costituiscano un pericolo per la libertà di espressione nel nostro Paese. Ma in fondo non ci voleva tanto, anche se il M5S ama dipingersi come “vittima” dei giornali e degli editori “impuri” la realtà delle cose è che spesso e volentieri ha tenuto un atteggiamento sbagliato nei confronti dei giornalisti

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Il Consiglio d’Europa ha pubblicato oggi il rapporto annuale sulla libertà di espressione in Europa. Ce n’è anche per il nostro Paese e dal momento che al governo ci sono i 5 Stelle il rapporto evidenzia le responsabilità di Luigi Di Maio per alcune dichiarazioni considerate minacciose nei confronti della libertà di stampa. Sono ormai lontani i tempi in cui Beppe Grillo si lamentava del 77esimo posto dell’Italia nella classifica di Reporter sans frontieres. Anche perché gli ultimi rapporti sono stati poco lusinghieri nei confronti del partito di Di Maio e Casaleggio, che ha più volte dimostrato di non avere rispetto per il lavoro giornalistico.

Cosa dice il rapporto del Consiglio d’Europa sulla libertà di espressione

Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale indipendente dall’Unione Europea (non va confusa con il Consiglio Europeo e con il Consiglio dei ministri europei) e si occupa di promuovere democrazia, diritti civili e diritti umani. Secondo il rapporto del Consiglio d’Europa «meccanismi di pressione finanziaria, favoritismi e altre forme di manipolazione indiretta dei media» costituiscono insidie comuni che minacciano la libertà di stampa e fanno parte delle strategie utilizzate da tutti i politici. Non fa eccezione l’Italia dove il vicepremier Luigi Di Maio ha chiesto alle aziende di Stato di smettere di comprare spazi pubblicitari sui giornali.

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La dichiarazione compare in un post su Facebook del settembre 2018 e già all’epoca sollevò le polemiche da parte dell’opposizione per quella che venne bollata come una minaccia fascista alla libertà di espressione. A quanto pare le aziende di Stato e le partecipate acconsentirono di buon grado, mettendo temporaneamente in stand-by le campagne pubblicitarie dopo l’editto del bisministro. C’è poi la questione del taglio dei finanziamenti pubblici ai giornali, vecchio pallino del MoVimento 5 Stelle. Qualcuno si chiederà come un giornale possa sopravvivere senza importanti inserzioni pubblicitarie e senza contributi pubblici, rimane un mistero a tutt’oggi.

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Infine nel report vengono menzionate le sguaiate uscite del duo Di Battista&Di Maio che all’indomani dell’assoluzione di Virginia Raggi scatenarono la caccia al giornalista. Di Battista aveva le idee chiare e definì i cronisti “i veri colpevoli, pennivendoli e puttane“, Di Maio invece definì gli operatori dell’informazione “infimi sciacalli”.

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Per quanto riguarda l’Italia la faccenda si conclude qui. Nessuna censura, nessun ammonimento, e nessuna classifica. Nel rapporto però il Consiglio d’Europa stigmatizza la proposta di legislazione ungherese che criminalizza le ONG equiparandole di fatto a chi favoreggia l’immigrazione clandestina e limitandone l’attività di distribuzione di materiale informativo su come presentare la domanda d’asilo. In Italia non siamo arrivati a tanto ma le continue dichiarazioni contro i “taxi del mare” e il sostegno dato da esponenti del governo a teoremi giudiziari esplosi come bolle di sapone la dice lunga sulla china pericolosa sulla quale si sta avviando il nostro Paese.

Il senso del M5S per la libertà di stampa

Il rapporto non considera però tutta una serie di vicende recenti. Dalla schedatura dei giornalisti ostili al M5S alla notoria vicenda delle interviste apparecchiate senza contraddittorio, condizione fondamentale per avere ospite in studio un esponente del M5S (e forma di pressione indiretta sui giornalisti). Durante la campagna elettorale per le politiche del 2018 il M5S si scagliò contro due giornalisti – Tommaso Cerno e Giorgio Mulè – che dopo aver fatto «le loro buone carriere obbedendo al padrone» venivano premiati per la loro fedeltà con una candidatura.

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Naturalmente per il MoVimento 5 Stelle gli unici giornalisti indipendenti sono quelli che si candidano con loro, e non a caso nessuno tra  i pentastellati ebbe a dire nulla riguardo le candidature di Emilio Carelli, Gianluigi Paragone e Primo Di Nicola (per tacere su quella della Iena Dino Giarrusso). Tutti giornalisti evidentemente graditi al nuovo che avanza nonostante i loro trascorsi professionali. Perché come ebbe già a farci capire qualche tempo fa Roberto Fico l’unico giornalista buono è quello che asseconda il MoVimento 5 Stelle. E senza tornare indietro nel tempo alle liste di proscrizione dei giornalisti fatte sul Blog di Grillo (pratica fortunatamente caduta in disuso) ci limitiamo a ricordare di quando il Garante disse ai giornalisti: «Vi mangerei per il solo gusto di vomitarvi Un minimo di vergogna voi la percepite per il mestiere di che fate, sì o no? O perché fate il vostro lavoro da 10 euro al pezzo pensate che giustifichi tutto questo». Inutile stupirsi poi se qualcuno fa notare che chi oggi è al governo ha – da sempre – la passione per minacciare i giornalisti. Del resto quando Grillo andò a Oxford chiese espressamente che non fossero presenti giornalisti. Paura delle domande scomode?

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