Cosa succede se i sindaci bocciano il Decreto Sicurezza

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-01-03

Dopo Orlando anche altri primi cittadini pronti a sospendere gli effetti della norma. Per portare il decreto Salvini davanti alla Corte Costituzionale. Ma i sindaci rischiano l’abuso d’ufficio e la decadenza

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L’apripista è stato Leoluca Orlando: il sindaco di Palermo ieri ha sospeso gli effetti del Decreto Sicurezza firmato da Matteo Salvini con una nota al capo dell’Ufficio Anagrafe della sua città che punta il dito sull’articolo 13 delle legge 132 che stabilisce che il permesso di soggiorno rilasciato al richiedente asilo costituisce sì un documento di riconoscimento, ma non basterà più per iscriversi all’anagrafe e quindi avere la residenza.

Cosa succede se i sindaci bocciano il Decreto Sicurezza

In sostanza, secondo il decreto, i comuni non potranno più rilasciare a chi ha un permesso di soggiorno la carta d’identità e i servizi, come l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale (quindi l’Asl) o ai centri per l’impiego, che verranno assicurati solo nel luogo di domicilio, visto che non c’è più la residenza, come un Centro di accoglienza straordinaria o un Centro permanente per il rimpatrio. Sospesa l’applicazione, gli aventi diritto potranno ancora chiedere in questi giorni la residenza a Palermo in attesa delle chiarificazioni che il primo cittadino attende dall’ufficio legislativo del suo Comune.

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Con Orlando si sono schierati il sindaco di Napoli de Magistris (che ha rivendicato una primogenitura del boicottaggio delle nuove norme firmate Salvini), e i primi cittadini di Firenze, Dario Nardella, e di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà. «Non possiamo permetterci di assistere a questo scempio umanitario: espellere persone dai centri di accoglienza lasciandoli in mezzo alla strada», l’affondo di Nardella. Non solo: in un impeto di unità il segretario regionale del Partito Democratico Davide Faraone ha inviato a tutti gli amministratori dem dell’isola la nota trasmessa da Orlando all’Anagrafe di Palermo, invitandoli ad applicarla anche nei loro comuni.

Il Decreto Sicurezza, la residenza e i costituzionalisti

Orlando si è mosso sulla scia di uno dei due filoni critici nei confronti del Decreto Sicurezza per gli aspetti di sospetta incostituzionalità presenti nel testo. I profili di incostituzionalità sono quelli relativi agli articoli della legge ritenuti in contrasto con il principio costituzionale secondo cui lo straniero è anche titolare di tutti i diritti fondamentali spettanti alla persona, tra cui quello alla residenza perché limita alcuni diritti come quello alla salute, per l’impossibilità di beneficiare dell’assistenza sanitaria tranne le urgenze, o quello al movimento o al lavoro in assenza di un documento di identità riconosciuto valido.

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I 19 deputati grillini che hanno firmato l’appello contro il decreto sicurezza (Corriere della Sera, 20 novembre 2018)

Non c’è solo questo: l’abolizione della protezione umanitaria ha “creato” irregolari che adesso si trovano giocoforza al di fuori di ogni percorso di integrazione, con tutte le possibili conseguenze del caso. Il giurista Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, in un’intervista rilasciata oggi a Repubblica spiega che la decisione di Orlando può essere la via più breve per portare le norme davanti alla Consulta puntando su una bocciatura, ma la direttiva costituisce in ogni caso una scelta giuridica debole e pericolosa per lo stesso primo cittadino: «Non conosco i termini esatti del testo del sindaco di Palermo, ma l’amministrazione comunale è sempre chiamata ad applicare la legge anche quando ipoteticamente potrebbe presentare dei profili di illegittimità costituzionale. Non può disapplicarla, tranne quando si tratti di una legge palesemente liberticida, cioè che provoca la rottura dell’ordinamento democratico. Ma non mi sembra questo il caso. Qui bisogna valutare se si tratta di norme rispetto alle quali è prevista una valutazione discrezionale da parte del sindaco».

Abuso d’ufficio e revoca del mandato

Scrive Repubblica che dal Viminale fanno sapere che i prefetti di Palermo e Napoli sono tenuti a denunciare i sindaci, e gli ufficiali dell’anagrafe, nel caso in cui trasgrediscano la norma. Il reato che potrebbe essere contestato è l’abuso in atti di ufficio, aggravato dal fatto che i sindaci, in materia di stato civile, sono anche ufficiali di governo. I prefetti, inoltre, come poteva accadere con i registri delle unioni civili prima dell’intervento legislativo del 2016, hanno la facoltà di annullare l’atto dell’ufficio comunale.

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Alla prefettura di Palermo non è ancora arrivata la circolare di Orlando, né da quella di Napoli pare intendano muoversi sulla base solo delle dichiarazioni pubbliche di de Magistris. E però uno scenario probabile, se la disobbedienza dei sindaci dovesse concretizzarsi, è l’apertura di un contenzioso tra i comuni e lo Stato: a quel punto un giudice, penale o amministrativo, può sollevare la questione di legittimità costituzionale del decreto, messa già in dubbio per iscritto dalla direttiva Orlando. E portare il decreto Salvini davanti alla Corte Costituzionale.

Leggi sull’argomento: Cosa c’è nel decreto sicurezza di Salvini

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