Il grande ritorno del complotto dell’educazione gender a scuola

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-06-13

Come se non fossero passati sei anni da quando Stefania Giannini è stata nominata ministra dell’Istruzione, su Whatsapp e su Facebook torna a circolare il messaggio sull’educazione gender a scuola che andava di moda nel 2015

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A volte ricicciano. Come se non fossero passati sei anni da quando Stefania Giannini è stata nominata ministra dell’Istruzione, su Whatsapp e su Facebook torna a circolare il messaggio sull’educazione gender a scuola che andava di moda nel 2015.

Il grande ritorno del complotto dell’educazione gender a scuola

Il messaggio inoltrato è sempre lo stesso da quasi cinque anni ormai e l’italiano con cui è scritto fa pensare che l’estensore e gli inoltranti dovrebbero in effetti tornare almeno a fare un ripasso alle elementari: «In Senato è passato il DDL sulla scuola con obbligatoria l’educazione gender. Manca ancora però il passaggio alla camera. Passa parola. Manda mail alla ministra Giannini: “Sono contraria al DDL sulla scuola in quanto contiene l’educazione gender obbligatoria e ne chiedo il ritiro immediato».

educazione gender scuola

Come abbiamo però spiegato, e come ha ribadito la ministra dell’Istruzione all’epoca all’interno della riforma della scuola non esisteva alcun riferimento alla cosiddetta educazione gender. Semmai il DDL ha recepito una parte di quanto contenuto nel DDL Fedeli riguardo la lotta alle discriminazioni.

educazione gender scuola 1

E siccome al peggio non c’è mai fine, ora la storia va a intrecciarsi con quella del piano Colao e del gender di cui abbiamo parlato ieri:

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Come sapete, il babau del gender viene sventolato ormai da cinque anni, ovvero dalle mistificazioni riguardo le presunte direttive dell’OMS che inviterebbero ad istituire “corsi di masturbazione” nelle scuole a partire dagli asili. Unastoria fondata sui corsi di educazione sessuale che insegnerebbero l’omosessualità va avanti  da anni, ovvero da quando molti genitori si sono visti recapitare messaggi via Whatsapp, Facebook e quant’altro inquietanti messaggi riguardanti la nuova offensiva dei cosidetti “corsi gender” nelle scuole. Ciò che andava di moda all’epoca era l’invito a non firmare il Patto di Corresponsabilità, un documento che secondo alcuni doveva servire per autorizzare l’introduzione delle “lezioni gender” nella scuola di vostro figlio. Il problema è che il Patto Educativo di Corresponsabilità (qui il link al sito del Ministero) riguardava principalmente le norme di comportamento di docenti e alunni all’interno dell’edificio scolastico. Non si trattava di un contratto firmato il quale il genitore perderà ogni potere di controllo sull’attività scolastica, anzi si trattava di un documento in cui tutti i soggetti coinvolti (docenti, alunni e genitori) si impegnavano – ciascuno per quanto compete loro – alla buona riuscita del processo educativo. Non c’era alcun accenno all’educazione alla sessualità o al gender.

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