Il piano Colao e il gender

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-06-12

Un nutrito gruppo di alfieri delle tradizioni ha infatti accusato l’ex manager del piano «Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”» di voler “insegnare il gender ai nostri figli” perché il rapporto contiene una pagina (!) che si propone di combattere gli stereotipi di genere

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Il piano Colao, ovvero il rapporto finale per la presidenza del Consiglio dei ministri sulle «Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”» scritto dall’ex manager di Vodafone, finisce sotto accusa per il gender. Un nutrito gruppo di alfieri delle tradizioni ha infatti accusato di voler “insegnare il gender ai nostri figli” perché il rapporto contiene una pagina che si propone di combattere gli stereotipi di genere.

Il piano Colao e il gender

Tra i critici un posto in prima fila se lo riserva il vice presidente del XIII Congresso Mondiale delle Famiglie e fondatore a attualmente vicepresidente di Pro Vita & Famiglia Jacopo Coghe, che sulla sua pagina Facebook mette sotto accusa la mezza paginetta di cui sopra:

Nel Paese smart che propone Colao «per un’Italia più equa e resiliente», la ricetta magica indovinate qual è? Il gender insegnato ai nostri figli. Sotto la voce ‘Individui e Famiglie’ trova posto ‘Promuovere la parità di genere’ per una figura non stereotipata della donna in famiglia. Ad essere posta in essere è la solita strategia: si parla di azioni sul piano culturale contro gli stereotipi di genere che inesorabilmente, poi, finiscono nella nuova ridefinizione di uomo e donna imposta dai poteri forti (segnaliamo qui il nostro dossier con alcuni casi eclatanti accaduti in Italia nelle nostre scuole). Ma i nostri bambini e ragazzi non sono ‘imbuti’ da riempire con questa perversa ideologia. […]

piano colao gender

E udite udite, scorrendo la lista degli interventi necessari per il Paese, si legge ancora: ‘Mettere A REGIME (sic!) presso l’Istat una rilevazione obbligatoria, il barometro sugli stereotipi e le discriminazioni, per il monitoraggio delle opinioni’. In ultimo, c’è anche la ‘promozione di attività realizzate dalle Università per l’invenzione di soluzioni tecnologiche che contrastino gli stereotipi di genere’. A questo punto possiamo affermare che 1984 di Orwell delineava un ritratto profetico del potere nel futuro avveratosi oggi.

Coghe non è l’unico. La sempre ottima Militia Christi tira in ballo il “para-massonico” Bilderberg che “impone dalle primarie la lotta agli stereotipi di genere, ovvero un gender soft”, qualunque cosa ciò significhi. E poi c’è anche chi si chiede se queste siano iniziative per far crescere l’economia.

vittorio colao gender

La guerra al gender

Come sapete, il babau del gender viene sventolato ormai da cinque anni, ovvero dalle mistificazioni riguardo le presunte direttive dell’OMS che inviterebbero ad istituire “corsi di masturbazione” nelle scuole a partire dagli asili. Unastoria fondata sui corsi di educazione sessuale che insegnerebbero l’omosessualità va avanti  da anni, ovvero da quando molti genitori si sono visti recapitare messaggi via Whatsapp, Facebook e quant’altro inquietanti messaggi riguardanti la nuova offensiva dei cosidetti “corsi gender” nelle scuole. Ciò che andava di moda all’epoca era l’invito a non firmare il Patto di Corresponsabilità, un documento che secondo alcuni doveva servire per autorizzare l’introduzione delle “lezioni gender” nella scuola di vostro figlio. Il problema è che il Patto Educativo di Corresponsabilità (qui il link al sito del Ministero) riguardava principalmente le norme di comportamento di docenti e alunni all’interno dell’edificio scolastico. Non si trattava di un contratto firmato il quale il genitore perderà ogni potere di controllo sull’attività scolastica, anzi si trattava di un documento in cui tutti i soggetti coinvolti (docenti, alunni e genitori) si impegnavano – ciascuno per quanto compete loro – alla buona riuscita del processo educativo. Non c’era alcun accenno all’educazione alla sessualità o al gender. Ma non finisce certo qui, perché il machiavellico piano del Ministero dell’Istruzione, scritto in realtà dalle solite lobbies gay vuole – spiegavano gli autori dei messaggi che circolavano su Whatsapp – introdurre il gender nelle scuole facendolo passare per qualcos’altro:

Attenzione, vi diranno che non è vero, che non c’entra niente con il gender.
Vi parleranno di cose buone come il rispetto , la lotta al bullismo, lotta alla violenza contro le donne e simili.
PARITÀ DI GENERE, EDUCAZIONE ALL’ AFFETTIVITA’
PAROLE CHIAVE dietro le quali vogliono nascondere
l’indottrinamento all’ ideologia gender dicedovi anche che questa non esiste.
NON CASCATECI !!!!
CON INGANNO VI FARANNO FIRMARE LA VOSTRA CONDANNA e non potrete più far niente perché avrete dato il vostro consenso. NON FIRMATE !!!!!

Questa seconda parte del messaggio faceva riferimento al DDL Fedeli e alla polemica connessa circa il fatto che introdurrebbe il gender nelle scuole. Il problema è che il DDL Fedeli (qui il testo del DDL 1680) non introduceva il gender nelle scuole.

Ecco i due obiettivi del Disegno di Legge:

La prima, fissare tra gli obiettivi nazionali dell’insegnamento e delle linee generali dei curricoli scolastici la cultura della parità di genere e il superamento degli stereotipi; la seconda, l’intervento sui libri di testo, riconosciuti in tutte le sedi internazionali, come un’area particolarmente sensibile per le politiche delle pari opportunità.

Insomma si trattava di insegnare il rispetto delle diversità (non di inculcare la voglia di essere diversi) per garantire a tutti pari opportunità. Quindi non si tratta di negare le differenze tra uomo e donna. Può davvero essere una cosa così brutta? Andiamo a leggere il testo, Art. 1 Comma 2:

i piani dell’offerta formativa delle scuole di ogni ordine e grado adottano misure educative volte alla promozione di cambiamenti nei modelli comportamentali al fine di eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza e sopprimere gli ostacoli che limitano di fatto la complementarità tra i sessi nella società.

 

Più che insegnare il gender il DDL Fedeli era incentrato sull’educazione ad essere parti di una società non sessuofobica (come faceva notare l’Ordine degli Psicologi del Lazio). Può essere una cosa così brutta insegnare che tutti abbiamo gli stessi diritti, che la violenza sulle donne è un crimine e che ognuno ha diritto ad essere sé stesso? Ciò nonostante, da anni si va avanti con queste guerre terroristiche al grido di “I bambini! perché nessuno pensa ai bambini?“, così come ora sta accadendo al piano Colao. Sono battaglie di retroguardia combattute da chi non si rende conto che spesso sono i bambini stessi a essere più avanti di lui.

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