Chi ha paura della crisi di governo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-08-08

Salvini vuole fare fuori Toninelli, Trenta e Costa ma non chiede a Conte di salire al colle. Di Maio è terrorizzato ma dovrebbe cavarsela anche stavolta. E pure oggi il governo cade domani

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Tenetemi se no apro la crisi. Dopo il voto sulla TAV che doveva scatenare tuoni e fulmini sul governo Conte non è ancora successo niente ma Matteo Salvini ha chiesto al premier di procedere a un rimpasto-monstre di tre ministri. Ma senza farlo cadere, anche se il presidente del Consiglio ha annullato la tradizionale conferenza stampa di saluti prima delle vacanze in attesa di sorprese.

Chi ha paura della crisi di governo

Anzi, tutti gli appuntamenti politici previsti per oggi sono stati rinviati: dalla conferenza stampa del presidente del consiglio Giuseppe Conte, all’assemblea dei gruppi parlamentari dei 5Stelle agli stessi comizi serali sulle spiagge abruzzesi che Salvini aveva fissato. Eventi che dipenderanno in buona parte dalla risposta che i 5stelle daranno alle richieste formulate da Salvini nell’incontro che ha avuto nel tardo pomeriggio, prima di partire per Sabaudia, col premier Giuseppe Conte. Salvini, racconta il Messaggero, avrebbe chiesto la sostituzione di almeno tre ministri dell’area 5Stelle: Toninelli (Infrastrutture), Trenta (Difesa) e Costa (Ambiente. Non è chiaro se per sostituirli con esponenti del Carroccio. Intanto però rimangono tutti seduti:

La nuova Lega. Quella che accarezza le urne, fa la voce grossa con il M5S e il premier Conte. In una parola dice: adesso si cambia sul serio. L’italia c’est moi. Oppure, eccolo il voto. C’è già una data che rimbalza nelle chat: il 13 o il 20 ottobre. Matteo Salvini finalmente arriva nel paesino pontino, già dune pensanti di Moravia e Pasolini ora enclave del Carroccio (47% alle ultime europee) e di una certa borghesia vacanziera molto disincantata (che passa da Matteo a Matteo senza problemi).

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Il ministro dell’Interno è scortato dal genius loci Claudio Durigon. Seguono parlamentari laziali, il viceministro all’Economia Massimo Garavaglia e una pattuglia di europarlamentari. Ed ecco l’annuncio che molti si aspettano o che, meglio, hanno cercato di decifrare per ore: «Non nego che negli ultimi mesi qualcosa si è rotto, o si fanno le cose in fretta o non sto qui a scaldare la poltrona e la parola torna al popolo. Sono giorni che non dormo bene la notte».

Cosa sta cambiando? Sono in pochi a puntare però una fiches sul voto in autunno. «L’ultima volta che il Parlamento è stato riaperto d’estate fu per la dichiarazione di guerra», spiegano gli uomini più stretti di Salvini con la mente alle vongole piuttosto che alla sfiducia. Allo stesso tempo c’è molto scetticismo sulla tenuta psico-politica del M5S e di Di Maio.

Il voto in autunno che non arriverà mai

Non si andrà al voto perché, semplicemente, non conviene a nessuno andarci. Non conviene al MoVimento 5 Stelle, e questo già si sapeva: deve gestire la transizione della classe dirigente dei parlamentari, di cui moltissimi sono al secondo mandato e dovrebbero mollare le poltrone. Deve gestire la transizione del potere, perché Di Maio è ormai bollito e Di Battista scalpita in panchina. Deve soprattutto gestire il potere che finora ha conquistato grazie alle elezioni politiche di 18 mesi fa, che oggi paiono un’era geologica ma hanno fornito al M5S un successo irripetibile mentre oggi i suoi voti sono dimezzati.

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Ma il voto non conviene nemmeno a Salvini. Perché oggi al governo con il MoVimento 5 Stelle ha un perfetto capro espiatorio per non fare quello che ha promesso: se non lo fa, è colpa dei grillini. Domani, con il voto e la maggioranza che i sondaggi gli promettono, potrebbe essere costretto ad ammettere quello che ha dovuto ammettere il MoVimento su ILVA, TAV, TAP e su tutte le promesse che oggi hanno portato i grillini al tracollo dei consensi. Salvini ha in realtà promesso di più dal punto di vista economico e infatti già ieri è tornato a parlare di manovra in deficit dopo essersi impegnato a luglio a mantenerlo sotto il 2%. Un modo come un altro per trovare un capro espiatorio delle prossime delusioni elettorali da annunciare. Ma se Salvini vince le elezioni, poi gli tocca trovare il modo di ammettere che il problema non è l’Europa, ma quello che promette. E ciò potrebbe costituire l’inizio della sua fine, come è successo a Di Maio e agli altri leader che in questi anni sono stati spazzati via dalle loro stesse bugie.

Leggi anche: Come i grillini stanno massacrando Di Maio sulla TAV

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