Cinque miliardi: quanto ci costa la mancata crescita 

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-12-01

ll governo ha indicato un valore tendenziale di crescita dello 0,9% nel 2019 e ha pronosticato un obiettivo programmatico pari all’1,5%. Se gli obiettivi non vengono centrati si creerà un disavanzo

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L’ISTAT ha certificato ieri che il terzo trimestre 2018 ha avuto crescita negativa e lo stesso ci si attende per l’ultimo. L’economia italiana si sta avviando quindi verso la recessione, come da pronostici degli ultimi mesi, compresi quelli dell’istituto di statistiche. Ma quanto potrebbe impattare sui conti del governo?

Cinque miliardi: quanto ci costa la mancata crescita

La prima risposta, facile, è: molto. Il governo ha indicato un valore tendenziale di crescita dello 0,9% nel 2019 e ha pronosticato un obiettivo programmatico pari all’1,5%. Oggi sembra che questo obiettivo, già criticato da tutti gli enti nazionali e sovranazionali, sia davvero troppo generoso. Se non dovesse essere centrato, si creerebbe uno squilibrio dei conti pari a 5 miliardi di euro.

Se invece il dato rimanesse inchiodato ad un livello dell’1% o poco meno (è la stima ad esempio di Intesa San Paolo, che proprio ieri ha evidenziato ulteriori rischi al ribasso) allora andrebbe valutato l’impatto di quello 0,6 per cento che non si è materializzato. In condizioni normali, la minor crescita porta con sé entrate fiscali più basse e maggiori spese per lo Stato ad esempio sotto forma di ammortizzatori sociali: approssimativamente si traduce in un incremento del disavanzo di circa la metà.

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Le diverse previsioni per la crescita 2019 (Il Messaggero, primo dicembre 2018)

Dunque uno 0,3 percento, ovvero circa 5 miliardi di maggior disavanzo da compensare, volendo mantenere l’obiettivo programmato. Ora che il mantra del governo è evitare la procedura d’infrazione «perché crea fibrillazioni», come sostiene il presidente del Consiglio Conte, nella Commissione Bilancio della Camera si fatica a riportare l’asticella dal 2,4% al 2%. Al punto che il testo arriverà in aula non più martedì ma mercoledì facendo slittare anche il voto di fiducia che con ogni probabilità verrà messo per cercare di recuperare il tempo perduto a discute di «letterine», «numerini» e «Babbo Natale». (Il Messaggero, primo dicembre 2018)

D’altra parte la crescita record pronosticata dal governo giallo-verde non c’è e da Buenos Aires, dove Conte e Tria sono in costante rapporto con Juncker e Moscovici, arrivano indicazioni di abbassare il più possibile l’asticella perché arrivando la gelata sul Pil l’Italia rischia di aver molto bisogno dell’ombrello europeo.

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