Cosa c’entra Notre Dame con gli incendi in Amazzonia

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-08-23

Il grande pubblico ha scoperto – grazie ai media – che l’Amazzonia sta bruciando ma al tempo stesso è arrabbiato con i giornali perché non ne parlano abbastanza e non tanto quanto Notre Dame, che in fondo non era poi così importante. E così il benaltrismo ci aiuta ancora una volta a metterci la coscienza a posto

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Perché nessuno parla dell’Amazzonia e tutti parlavano di Notre Dame in fiamme??? Questo è il grido che si leva dai social. Molti infatti ritengono spropositata l’attenzione mediatica concessa all’incendio che ha bruciato il tetto e la guglia della cattedrale di Parigi rispetto alle migliaia di roghi appiccati dall’uomo che stanno devastando la Foresta Amazzonica.

Ci si può preoccupare di Notre Dame, dell’Amazzonia e dell’ambiente contemporaneamente

Il meccanismo è quello che scatta quando si è di fronte a due eventi che hanno un comune denominatore e si stabilisce arbitrariamente che sono la stessa identica cosa. In questo caso il trait d’union è il fuoco, la furia dell’incendio che riduce in cenere il patrimonio dell’Umanità. A questo punto la domanda che sorge spontanea è: sono più importanti l’Arte e le guglie di Notre Dame o la biodiversità della foresta pluviale, considerata il polmone verde del Pianeta? Si forza così l’interlocutore ad esprimere un inutile giudizio di valore e a scegliere tra due aspetti che sono egualmente importanti e che non ha senso mettere a confronto l’una con l’altra.

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L’Arte e la cultura sono ciò che ci definisce come specie. L’ecosistema invece è ciò che ci consente di sopravvivere come specie. Anche se l’intento può essere nobile, ad esempio sensibilizzare sull’importanza della conservazione della Foresta Amazzonica e sul pericolo che l’incendio pone in maniera diretta e indiretta alla sopravvivenza dell’essere umano sulla Terra è sbagliato stabilire questo paragone. Perché si possono benissimo versare lacrime per il patrimonio culturale che va perduto così come per tragedie come l’Amazzonia che brucia. S

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Svilire Notre Dame per dire che “è più importante” pensare all’Amazzonia è pericoloso. Perché potrebbe sempre arrivare qualcuno che ci spiega che le migliaia di persone che muoiono di fame, i bambini che soffrono a causa delle guerre o i ghiacciaci che si sciolgono sono una tragedia ancora peggiore. È il benaltrismo, bellezza, e quando si inizia su questa china non c’è più scampo. Qualcuno dice che è colpa dei media che “non ne parlano abbastanza”, ma nessuno è mai in grado di dire quanto è “abbastanza”. Si parla abbastanza dei ghiacci che si sciolgono? Eppure lo scioglimento dei ghiacci artici rappresenta un bel problema, magari – potrebbe dire qualcuno – non se ne parla perché è meno visibile e di impatto, non tanto quanto migliaia di incendi.

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Il benaltrismo è comodo, perché oggi possiamo indignarci per l’Amazzonia, domani per qualcos’altro e la colpa sarà sempre di chi “non ci dà le notizie”. Nulla ci obbliga a cambiare il nostro stile di vita, che è la vera ragione per cui si bruciano i boschi o si tagliano gli alberi. L’attivista svedese Greta Thumberg, in viaggio in barca a vela nell’Oceano verso New York ha dedicato un tweet al disastro amazzonico: «persino qui, nel mezzo dell’Oceano Atlantico, ho sentito del record di incendi devastanti in Amazzonia. I miei pensieri sono con le persone colpite. La nostra guerra contro la natura deve finire».

Il pericolo del benaltrismo? Fornire un alibi ai colpevoli

Non si cada nell’errore che il benaltrismo sia un problema esclusivamente italiano. Si trovano tweet da tutte le nazioni che si lamentano di come quando bruciò Notre Dame i miliardari fecero la fila per donare per la ricostruzione della Cattedrale. E oggi nessuno si sta battendo per una raccolta fondi per l’Amazzonia. Vale la pena di ricordare che di tutte le promesse di donazioni da parte dei Paperoni del Pianeta non si è ancora visto un centesimo. Quindi forse va bene che nessuno si sia ancora fatto avanti.

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In questo caso ad esempio non sono scesi in campo i miliardari ma direttamente i capi di Stato e le istituzioni internazionali. Il presidente francese Macron ha twittato “la nostra casa sta bruciando” e ha chiesto che dell’emergenza se ne discuta al vertice del G7. Anche la Commissione europea è “seriamente preoccupata” per gli incendi in corso in Amazzonia, “appoggia l’iniziativa del presidente francese Emmanuel Macron di discutere” dell’emergenza “al prossimo meeting del G7” ed “è in contatto con le autorità brasiliane e boliviane, pronta a fornire assistenza”. Lo ha detto la portavoce dell’Esecutivo Ue Mina Andreeva ai giornalisti che chiedevano della posizione dell’Ue

Naturalmente al presidente brasiliano Bolsonaro, che per settimane ha negato la portata del disastro minimizzando l’estensione degli incendi contro il parere dell’Istituto spaziale brasiliano e dando addirittura la colpa alle ONG, non ha gradito l’interventismo dei paesi del G7 facendo notare che a quel tavolo non siede nessuno dei rappresentati dei paesi che sono direttamente responsabili della gestione e della cura della foresta Amazzonica. Ed eccolo il vero rischio del benaltrismo: dando la colpa ai media che “non ne parlano abbastanza” si rischia di dimenticare di chi è la colpa se l’Amazzonia va a fuoco. In pochi ricordano infatti che fu proprio Bolsonaro a chiudere un occhio sulla deforestazione selvaggia. Ora il presidente del Brasile corre ai ripari e promette di mandare l’esercito. Ma a cosa serve mandare l’esercito (o piantare alberi per riforestare l’Amazzonia) se nessuno controlla e vigila sugli uomini che la distruggono?

Leggi sull’argomento: La lettera con le minacce di morte a Marco Tamietto per l’esperimento sui macachi

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