Gli otto milioni di controlli dell’Agenzia delle Entrate da giugno rinviati?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-26

Il governo pensa a un nuovo rinvio dopo lo stop in Parlamento della norma del decreto Cura Italia: attualmente gli invii di atti sono fermi fino al 31 maggio, e fino alla stessa data è operativa anche la sospensione dei termini di versamento delle cartelle

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La storia degli  8 milioni di atti relativi ad accertamenti e controlli tributari da effettuare a giugno sollevata dal direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini potrebbe avere un lieto fine. Nel senso che il governo pensa a un nuovo rinvio dopo lo stop in Parlamento della norma del decreto Cura Italia:

Attualmente gli invii di atti sono fermi fino al 31 maggio, e fino alla stessa data è operativa anche la sospensione dei termini di versamento delle cartelle. Da giugno in poi l’attività ripartirebbe e l’amministrazione fiscale non ha margini per fermare in via discrezionale le procedure; nel corso dell’esame parlamentare del decreto Cura Italia è stato cancellata l’estensione didue anni dei termini di prescrizione, norma che secondo l’Agenzia delle Entrate avrebbe permesso di impostare le varie procedure su un arco di tempo più lungo.

Un’ipotesi allo studio è quella di prorogare le varie sospensioni fino al 30 settembre. Ma il problema sarebbe destinato a riproporsi senza un intervento  più complessivo e quindi si stanno esaminando anche altre soluzioni che permetterebbero di scaglionare nel tempo le notifiche, diluendone così anche l’impatto sociale: una sorta di “spalma-debiti”. La decisione finale toccherà al governo ma non c’è moltissimo tempo perché alla fine di maggio manca poco più di un mese.

ernesto maria ruffini agenzia delle entrate

Nella stessa logica di evitare ricadute sociali rientrano altre norme allo studio, come il blocco del pignoramento dello stipendio, ovvero di uno degli strumenti a disposizione della riscossione per recuperare le somme dovute agli enti creditori. Finora è stata fermata l’emissione di nuovi provvedimenti di questo tipo, ma serve una norma per evitare che quelli già avviati siano portati a termine e dunque che i debitori si vedano prelevare direttamente dal datore di lavoro o dall’istituto previdenziale un quinto della retribuzione o della pensione.

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