«Conte si è piegato a Confindustria sulle chiusure, ora sciopero generale»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-03-23

CGIL, CISL e UIL accusano il governo di aver scritto il decreto che stabilisce la chiusura di alcuni settori produttivi (ma non tutti come invece aveva annunciato via Facebook lo stesso presidente del Consiglio il giorno prima) sotto dettatura della Confindustria. E di non aver rispettato l’impegno preso sempre la sera prima. Lo sciopero generale è alle porte

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“Riteniamo inadeguato rispetto a questo obiettivo il contenuto del decreto e inaccettabile il metodo a cui si è giunti alla sua definizione”: in un comunicato unitario di ieri sera Cgil, Cisl e Uil sono andati all’attacco del DPCM 22 marzo 2020 evidenziando che “Cgil, Cisl e Uil invitano e sostengono le proprie categorie e le Rsu, appartenenti ai settori aggiunti nello schema del decreto che non rispondono alle caratteristiche di attività essenziali e, in ogni caso, in tutti quei luoghi di lavoro ove non ricorrano le condizioni di sicurezza definite nel Protocollo” sulla sicurezza anti-Coronavirus in azienda “a mettere in campo tutte le iniziative di lotta e di mobilitazione fino alla proclamazione dello sciopero”.

L’accusa dei sindacati: Conte si è piegato a Confindustria sulle chiusure

D’altro canto la decisione di concedere tre giorni di tempo, ovvero fino al 25 marzo, per la sospensione dell’attività, “compresa la spedizione della merce in giacenza”, come si legge nel testo, non era stata annunciata dal presidente del Consiglio nella diretta serale del giorno prima ed era stata proposta dalla Confindustria della Toscana prima della pubblicazione del decreto. Spiega oggi Roberto Mania su Repubblica che i sindacati accusano il governo di aver scritto il decreto che stabilisce la chiusura di alcuni settori produttivi (ma non tutti come invece aveva annunciato via Facebook lo stesso presidente del Consiglio il giorno prima) sotto dettatura della Confindustria. E di non aver rispettato l’impegno preso sempre la sera prima — dopo una convocazione in emergenza di una videoconferenza con le parti sociali — di lasciare aperte solo te attività essenziali: quelle sanitarie, dell’agroalimentare, dei trasporti e servizi (dalla fornitura di gas alla raccolta dei rifiuti).

Oggi ci saranno scioperi nei settori non essenziali e nelle fabbriche che non garantiscono — secondo i sindacati — la salute dei lavoratori. Con il decreto firmato ieri a tarda sera da Giuseppe Conte, infatti, può continuare l’attività buona parte dei settori produttivi. L’elenco è lunghissimo: dal tessile (a parte l’abbigliamento) alla chimica. dalla gomma alla manutenzione e riparazione di autoveicoli. Fermare un Paese, o anche rallentarne la sua attività, non è semplice.

Le filiere della produzione sono lunghissime e globali. È bastato che la Cina chiudesse le sue fabbriche dell’Hubei per scoprire che le farmacie occidentali avrebbero rischiato di non essere più rifornite di paracetamolo, perché solo i cinesi oggi lo producono. Lo stesso criterio vale su scala nazionale. In questo drammatico momento non si può arrestare la produzione di medicinali. Ma insieme non può chiudere l’industria chimica, quella del packaging, la logistica, e via dicendo.

dpcm 22 marzo 2020 codici ateco attività aperte
dpcm 22 marzo 2020 I codici ateco delle attività che rimangono aperte

Da qui le difficoltà del governo sulle quali si è inserita la Confindustria, da sempre contraria alla chiusura totale delle produzioni, anche se i grandi gruppi, dalla Fca alla Luxottica, hanno scelto un’altra strada interrompendo temporaneamente l’attività nei loro stabilimenti. Ieri mattina il presidente degli industriali, Vincenzo Boccia, ha scritto a Conte chiedendo un ripensamento sulla drastica decisione annunciata agli italiani sabato natte.

Boccia chiedeva molte correzioni, in particolare di non interrompere la filiera nel settori strategici e di inserire più gradualità nell’attuazione della serrata. Il decreto di Conte riprende (quasi alla lettera) alcuni passaggi del testo dl Boccia e stabilisce anche che le chiusure dovranno realizzarsi, «per completare le attività necessarie, compresa la spedizione della merce in giacenza», entro il prossimo mercoledì.

Tutto questo ha prodotto la reazione durissima dei sindacati (che hanno parlato di «metodo inaccettabile»), convinti di avere di fronte un governo schierato con gli interessi degli industriali, soprattutto di quelli del mondo delle piccole imprese che una volta fuori dal mercato rischiano, perla loro strutturale fragilità finanziaria, di non rientrare più.

Ma il governo nega di essere prono a Confindustria

“Non abbiamo ceduto agli industriali. L’obiettivo comune è salvare vite umane”, ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, in un’intervista a Repubblica dopo il nuovo decreto. Patuanelli respinge l’analisi secondo cui il governo sta procedendo a tentoni: “Non è così, tanto che l’Italia è diventata un modello di riferimento per gli altri Paesi che stanno adottando le nostre stesse misure. Quando abbiamo chiuso le scuole ci osservavano con diffidenza, adesso lo stanno facendo tutti”. “Ci basiamo sul confronto quotidiano che abbiamo con il comitato tecnico scientifico e con l’Istituto superiore di sanità – aggiunge – Le misure sono arrivate nei tempi dettati da questo confronto”. Sulla minaccia dello sciopero generale da parte dei sindacati, risponde: “Abbiamo analizzato le richieste e siamo giunti ad una sintesi soddisfacente. A guidarci sono il principio di precauzione e la tutela della salute pubblica”. E nega che il governo abbia ceduto alle pressioni di Confindustria “anche perché c’è un grandissimo senso di responsabilità di tutti i settori produttivi e dei singoli imprenditori”.

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dpcm 22 marzo 2020 I codici ateco delle attività che rimangono aperte

Anche il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, in un’intervista al Quotidiano nazionale, dice che il decreto è troppo lasco: “Ci sono ancora troppe attività, servizi e uffici pubblici o privati, che restano aperti in Italia e questo non va bene. Per quanto riguarda la mia ordinanza ho cercato di aspettare il Governo ma non ce l’ho fatta, ho dovuto cedere alle istanze che mi arrivavano anche da sindaci del Pd”.

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dpcm 22 marzo 2020 I codici ateco delle attività che rimangono aperte

Sull’ipotesi di una stretta ulteriore, Fontana osserva: “Se non si invertirà seriamente il trend dei contagi potrebbe essere una scelta obbligata. Noi siamo arrivati veramente allo stremo, dal punto di vista fisico e psicologico, del nostro personale medico e infermieristico, di tutti quelli che lavorano nell’unità di crisi, di chi guida le ambulanze. Dobbiamo fare in modo che il contagio rallenti”. E da stamattina è pieno di dichiarazioni di guerra al governo: “Cgil, Cisl e Uil invitano categorie e Rsu appartenenti ai settori aggiunti nel decreto che non rispondono alle caratteristiche di attivita’ essenziali a mettere in campo iniziative di mobilitazione fino allo sciopero generale”.

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