Il professor Conte dà i numeri e insegna la matematica all’Europa

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-06-21

Il premier contesta i calcoli dell’Europa davanti a un tavolo apparecchiato tra briciole di pizzette e rosticceria. Il rischio, sempre più concreto, è che la partita si concluda con il più classico dei “Me le hanno date, eh?, ma quante gliene ho dette”

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Il professor Giuseppe Conte ha i numeri, e volendo li dà anche. E quindi contesta i calcoli dell’Europa davanti a un tavolo apparecchiato tra briciole di pizzette e rosticceria, come racconta oggi Ilario Lombardo sulla Stampa.

Il professor Conte dà i numeri e insegna la matematica all’Europa

Con l’orgoglio di chi ha appena spiegato deficit e debito con i supplì e le crocchette, Conte ha quindi sostenuto che qui c’è qualcuno che ci giobba:

«Riteniamo di avere i conti in ordine e confidiamo nelle nostre ragioni. Non accettiamo stime che non corrispondono alla realtà».

Dire che l’Europa ha stime fuori dalla realtà è impegnativo.
«Lo posso dire perché noi semplicemente, grazie al nostro monitoraggio, abbiamo certificato flussi di cassa, risparmi di spesa e maggiori entrate. Lo dimostreremo mercoledì quando sarà approvato l’assestamento di bilancio, dopo che venerdì la Corte dei conti si sarà espressa».

Quale è allora secondo lei il motivo di questa rigidità: ragioni politiche?
«Non mi fate dire cosa penso. In questa fase voglio restare istituzionale».

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I numeri che non tornano tra Roma e Bruxelles (Corriere della Sera, 21 giugno 2019)

Era stato lei però a dire, con realismo, che bisogna attenersi alle regole fin quando sono queste.
«Una cosa sono le regole, un’altra i numeri. Io sto contestando le loro stime di crescita e sto fornendo una certificazione delle mie stime attraverso l’assestamento. Per quanto riguarda le regole ho aperto una discussione con la mia lettera che è politica. In una famiglia si discute, che dite?».

La questione quindi è che c’è lontananza di stime tra i numeri della Commissione e quelli di un governo in cui i ruoli di maggior potere sono spartiti tra Salvini e Di Maio. E qui già un pubblico ministero raffinato e all’americana potrebbe dire: “Ho finito, vostro onore“.

La supercazzola di Conte all’Europa

Ma se vogliamo affrontare l’argomento in maniera più cogente dobbiamo partire dalla lettera con supercazzola che ieri Conte ha inviato all’Europa: perché se c’era un qualsiasi errore sui conti, era quello il luogo deputato a farlo notare in modo inoppugnabile dimostrandolo con numeri e tabelle. Purtroppo invece così non è andata. Perché il premier si è limitato a scrivere cinque pagine di pii desideri su come dovrebbe essere l’Unione Europea e quanto dovrebbe cambiare. Tesi affascinanti, per carità, ma che sono come rispondere “Venerdì” alla domanda “Che ora è?”.

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Perché anche se Conte non se ne è accorto, quello che la Commissione Europea gli imputa è quello che gli ha risposto Pierre Moscovici: “si tratta di una discussione che non può essere fatta con commenti sulle regole bensì rispettando le regole che sono intelligenti e favoriscono la crescita economica”. Bruxelles sta elegantemente facendo notare all’avvocato Conte che se si presenta in tribunale per difendere un suo cliente dall’accusa di aver commesso un reato e, nel merito, lo difende dicendo che quel reato non è una legge scritta particolarmente bene e ha dei difetti, la corte lo ascolterà con educazione e rispetto visto che è un professorone (cit.) e poi darà al suo cliente il massimo della pena.

L’obolo di Conte all’Unione Europea

Nella fattispecie sta accadendo che l’Europa chiede una correzione dei conti pari a dieci miliardi e che Conte ha risposto impegnandone due, peraltro già conteggiati per quota parte all’epoca della trattativa sul 2,4% diventato 2,04%. Il resto sono chiacchiere di un chiacchierone di professione, che è la giusta sintesi tra gli altri due chiacchieroni che nemmeno lo fanno per professione. Carlo Cottarelli sulla Stampa entra nei dettagli tecnici della replica:

La seconda parte della lettera (pagina 3) abbozza una risposta ai rilievi della Commissione sul nostro mancato rispetto delle regole, ma le rassicurazioni fornite sono limitate. Non ci sarà nessuna manovra per rafforzare i nostri conti, nessun fatto concreto per dirla alla Moscovici. La lettera dice solo che le previsioni fatte appena due mesi fa nel Documento di Economia e Finanza erano troppo pessimistiche.

Il deficit quest’anno non sarà del 2,4 per cento ma più basso. Di quanto più basso non c’è scritto, però. Anche se «i riscontri documentali necessari» saranno forniti “nelle competenti sedi tecniche”, il presidente del consiglio avrebbe potuto indicare il nuovo obiettivo. E’ significativo che non lo abbia fatto.

E poi c’è la questione delle entrate, sulla quale Conte sostiene che a Bruxelles si sbaglino:

In base ai dati usciti il 17 giugno, nei primi quattro mesi del 2019 le entrate per tasse e contributi sono aumentate solo dello 0,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018. Nelle previsioni fatte in aprile (coerenti con un deficit del 2,4 per cento) l’aumento previsto per l’anno era dell’1,3 per cento. Non sembra quindi che le entrate, nel loro complesso, stiano andando meglio del previsto.

E per il 2020? Si ribadisce l’intenzione di ridurre il deficit strutturale, ma solo dello 0,2 per cento rispetto all’ 0,6 per cento richiesto dalla Commissione. E, a parte un generico riferimento alla revisione della spesa e a maggiori entrate, anche non tributarie (maggiori trasferimenti da imprese pubbliche?), non si spiega come gli obiettivi possano essere compatibili con gli aumenti di spesa già legiferati e con l’intenzione del governo, pure ricordata nella lettera, di non aumentare l’Iva e di introdurre la flat tax.

Il problema di Conte è che non si rende conto che avere i numeri e darli sono due cose diverse. Il rischio, sempre più concreto, è che la partita si concluda con il più classico dei “Me le hanno date, eh?, ma quante gliene ho dette“.

Leggi anche: La supercazzola della lettera di Conte all’Europa e alla Commissione

 

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