Fact checking
La supercazzola della lettera di Conte all’Europa e alla Commissione
Giovanni Drogo 20/06/2019
Nella sua letterina alla Commissione e ai partner europei il Presidente del Consiglio gira attorno a tutti i problemi del nostro Paese e si preoccupa invece di attaccare gli altri stati membri con accuse complottiste senza dire dove salteranno fuori i soldi per evitare la procedura d’infrazione
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha scritto ai 27 paesi membri dell’Unione Europea, al Presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, e al Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk per “spiegare” la situazione italiana e quello che vorrà fare il Governo per il futuro del Paese. Spiega è messo tra virgolette perché di fatto oltre a dichiarazioni generiche il premier non prende impegni di bilancio precisi né spiega come il governo intende mettere mano ai conti pubblici.
Dalla seconda lettera di Giuseppe Conte all’Europa
Come tutte le lettere bibliche si apre con una con Carissimi e con un lungo excursus contiano sull’attuale situazione geopolitica europea. «Siamo all’inizio di una nuova legislatura europea» scrive il premier che poi ci regala una favolosa supercazzola quando parla di «avanzamento tecnologico pone questioni non ancora esplorate, che rischiano di porre in discussione gli stessi fondamenti antropologici». Quali questioni? Che genere di fondamenti? Il Conte pensiero si presta ad un’interessantissima esegesi biblica, ma non crediamo che sia questo il genere di risposta che cercava la Commissione.
Ma che risposte dà appunto Conte (e quindi il Governo)? In che modo il cambiamento dello “scenario geostrategico” (si riferisce forse alla presunta vittoria dei sovranisti alle elezioni europee?) dovrebbe comportare conseguenze nell’applicazione delle regole comunitarie? C’è sostanzialmente un grande assente nelle sei paginette della lettera: un impegno a fare una manovra correttiva.
Il gioco delle tre carte di Conte sui soldi per evitare la procedura d’infrazione
Cosa intende fare il Governo? La spiegazione è tutta contenuta in poche righe a pagina tre dove il premier racconta che «per il 2020, il Governo ha ribadito che intende conseguire un miglioramento di 0,2 punti percentuali nel saldo strutturale di bilancio. In linea con la legislazione vigente, il Programma di stabilità prevede un aumento delle imposte indirette pari a quasi l’1,3 per cento del PIL, che entrerebbe in vigore nel gennaio 2020», vale a dire l’aumento di IVA e accise. Ma sottolinea Conte, il Parlamento è contrario ed anzi vorrebbe abbassare le tasse e quindi l’esecutivo «sta elaborando un programma complessivo di revisione della spesa corrente comprimibile e delle entrate, anche non tributarie».
Qualcuno si potrebbe chiedere in quale passaggio Conte inizierà a parlare di soldi. Ad eccezione di una considerazione su previsioni sul saldo di bilancio “sensibilmente migliore” di quanto anticipato a dicembre, quando il governo aveva accantonato due miliardi di euro (così si legge nell’aggiornamento del quadro macroeconomico) ad ulteriore garanzia del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica. Quei soldi che il Governo aveva già promesso di avere a dicembre ora saltano fuori come pegno in luogo dei circa dieci miliardi che servirebbero per evitare la procedura d’infrazione. Come sottolinea David Carretta su Twitter nella lettera non c’è l’impegno a una correzione per il 2019 ma ci si limita a promettere di fornire informazioni sui conti pubblici. Per quanto riguarda il 2020 c’è un’ancora più vaga promessa di spending review e aumento entrate.
Le accuse ai partner europei che dovrebbero aiutarci
Ma è nelle ultime pagine che Conte dà il meglio di sé. A pagina quattro accusa i partner europei di un uso spregiudicato” del ruling, dei patent boxes, del treaty shopping” (a vario titolo si tratta di Lussemburgo e dei paesi dell’Europa dell’Est) e soprattutto alcuni grandi partner (leggi: la Germania) di perseguire politiche macroeconomiche dirette «a conseguire ampi surplus di parte corrente e di bilancio, piuttosto che ad attivare politiche di investimento, di innovazione, di protezione sociale e di tutela ambientale». In realtà però le nostre aziende esportano anche in Germania (e il tipo di manifattura è diverso) e quindi è quanto mai complicato parlare di concorrenza sleale da parte dei tedeschi accusandoli di accaparrarsi tutte le quote di mercato disponibili.
Pratiche che danneggiano l’Italia e l’Europa soprattutto quando «questi surplus istigano reazioni protezionistiche da parte dei nostri più importanti partner commerciali». Il surplus tedesco in meno di una riga è passato dall’essere intra-UE ad extra-UE, delle due l’una. Ma di cosa sta parlando qui? Dei dazi “punitivi” imposti dagli USA di Trump. Gli stessi dazi che secondo il vicepremier Salvini non avrebbero colpito le aziende italiane. A quanto pare Conte ha appena smentito Matteo Salvini. Qualcuno potrebbe pensare che andare a trattare accusando gli altri di comportarsi in maniera sleale (quando si è accusati di aver violato le regole per il debito eccessivo) non sia una grande strategia. Ma l’Italia gioca a fare la vittima.
Ma non sarebbe una vera lettera del Governo del Cambiamento se non ci fosse anche la proposta di cambiare l’eurozona. Conte propone di aumentare il bilancio dell’Eurozona perché quello attuale è “decisamente insufficiente”, poi chiede di introdurre un sistema di eurobond e di realizzare un’unione bancaria. Il problema qui è che questo genere di riforme non sembra essere condiviso dalla componente leghista e sovranista dello stesso governo di cui Conte fa parte. Il premier conclude dicendo che l’Italia non vuole certo compromettere il progetto europeo (lo dica ai vari Borghi, Savona e Bagnai) ma aggiunge che «l’Unione europea o riforma se stessa, con intelligenza e spirito di autocritica, oppure è destinata. ad un lento ma irreversibile declino, che potrebbe dissolvere l’originaria prospettiva di pace, democrazia e benessere». Il punto qui è che un processo di riforma della UE è già iniziato, ma l’Italia non sembra voglia farne parte.
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