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Come hanno preso i grillini la fuga di Di Maio dal confronto con Renzi

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-11-06

Per attivisti ed elettori pentastellati Di Maio ha fatto bene perché Renzi non è più il leader del Partito Democratico e non ci si confronta con una persona che non conta nulla. Anzi, se Di Maio fosse andato a Di Martedì avrebbe fatto un favore al Segretario del PD che avrebbe potuto addirittura mettersi sullo stesso livello di un grande leader come Luigi

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Luigi Di Maio ha deciso che dopo la sconfitta del PD in Sicilia Renzi non è più il leader del Centrosinistra e non sarà il candidato premier del Partito Democratico. Evidentemente il livello di democrazia interna del MoVimento 5 Stelle è così avanzato da consentire a Di Maio di poter stabilire anche chi sarà il suo avversario politico. Per questo motivo domani a Di Martedì non ci sarà il tanto atteso duello televisivo tra Renzi e Di Maio. Chi ci andrà? A quanto apprende l’Adnkronos domani sera alla trasmissione condotta da Giovanni Floris potrebbe andarci Alessandro di Battista.

Da quando Luigi Di Maio decide chi è il Segretario del PD?

Non sarà un vero confronto però, perché stando alle ultime indiscrezioni, Renzi e Di Battista risponderanno in due momenti distinti alle domande del conduttore. Un duello a turni insomma, come nella migliore tradizione delle interviste apparecchiate del M5S. Nel frattempo però tutti si interrogano sulla fuga di Di Maio dal confronto con Renzi, anche perché era stato proprio il pentastellato a sfidare Renzi non più di una settimana fa.


Per il candidato premier del MoVimento 5 Stelle il PD è “politicamente defunto. Il nostro competitor non è più Renzi o il PD”. Certo, il risultato siciliano di Micari si profila come l’ennesima batosta del PD renziano ma che le cose sarebbero andate così male lo si sapeva anche quando Di Maio aveva chiesto il confronto con Renzi.
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Tanto più che la spiegazione di Di Maio ricorda un po’ troppo quel “siete morti” urlato da Grillo una decina di anni fa durante i suoi spettacoli. Niente di nuovo sotto il sole del MoVimento. C’è chi ipotizza che Di Maio abbia avuto paura di non poter rinfacciare a Renzi la sconfitta in Sicilia per sentirsi replicare che nemmeno il 5 Stelle ha vinto. Con l’aggravante che Di Maio in Sicilia ci ha messo la faccia con un lunghissimo tour elettorale, mentre Renzi se ne è stato ben lontano. Ma è ancora presto per poter dire con certezza che Cancelleri ha perso e Musumeci ha vinto. In mancanza di alternative Di Maio torna a fare quello che sa fare meglio: fuggire.
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C’è anche chi va direttamente dal Garante Beppe Grillo per chiedergli di fare lui un confronto con Renzi mentre a Di Maio spetterebbe il compito di affrontare Berlusconi.

Luigi Di Maio e l’arte della fuga pentastellata

Gran parte del popolo pentastellato sta con Luigi Di Maio e approva la sua decisione di sottrarsi al confronto televisivo. Sembra di essere tornati ad inizio legislatura quando i grillini neoeletti in Parlamento non volevano mischiarsi con la ka$ta. Ora che i 5 Stelle fanno ufficialmente parte della tanto odiata casta devono trovare il modo di differenziarsi e ribadire la propria superiorità morale. Non sui temi e sugli argomenti che stanno a cuore agli italiani ma sulla leadership del PD.
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Dopo essersi lamentati per mesi che sui giornali si parlava solo di chi dovesse essere il nuovo Segretario del Partito Democratico i 5 Stelle decidono di avere il diritto di aprire la crisi del PD e stabilire che Renzi non sarà più il loro avversario. Ma questo lo decideranno al limite gli iscritti del PD e non i 5 Stelle.
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Nel frattempo attivisti e simpatizzanti del MoVimento stanno prendendo con la consueta sportività e il solito senso del rispetto per un’elezione democratica il risultato siciliano. Il leit motiv è quello dei siciliani che non vogliono cambiare e della Sicilia che “delude” il M5S: andassero tutti a cagare. A tenere banco per ora è l’hashtag #gigginoscappa con cui sui social si prendeno in giro la fuga del candidato Premier del MoVimento 5 Stelle e le sue pretese di affibbiare un patentino di attendibilità agli avversari. C’è chi ricorda il numero di voti che hanno consentito a Renzi di essere eletto segretario e li mette a confronto con le poche migliaia di click (e con le regole truccate) dell’incoronazione di Di Maio.
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Renzi invece coglie la palla al balzo per evitare di parlare dei risultati siciliani (grande assist di Di Maio, non c’è che dire) e gli ricorda che era stato il 5 Stelle a scegliere giorno, luogo e conduttore per il confronto. Renzi non perde l’occasione per stuzzicare Di Maio – che ha detto che la Direzione del PD sta per mettere in discussione il ruolo del Segretario PD – dicendo che “da giorni sapevamo che stavano litigando al loro interno dopo i precipitosi tweet dell’onorevole campano”.

L’onestà intellettuale di Marione

La retromarcia di Di Maio ha costretto il vignettista pentastellato Marione a tornare sui suoi passi. Questa mattina Marione aveva pubblicato una vignetta che annunciava la sfida dell’anno nella quale Di Maio rinfacciava a Renzi la sconfitta in Sicilia.
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Dopo il passo indietro del candidato Premier del 5 Stelle Marione ha prontamente aggiornato la vignetta raccontandoci un Di Maio “magnanimo” che come all’asilo non vuole approfittare dei più piccoli.
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Marione e con lui tanti altri 5 Stelle hanno già deciso, prima ancora della fine dello spoglio in Sicilia e soprattutto prima ancora della fine della legislatura, che Renzi “non ha i voti” e che è un “presunto leader ora finito”.
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Ed è curioso che chi difende il valore del voto dei cittadini si aggrappi a dei sondaggi e alle elezioni in una regione italiana per decidere quanto vale un partito politico. Tanto varrebbe abolire qualsiasi forma di consultazione politica, peccato che così facendo si toglierebbe il diritto agli elettori del PD (o di qualsiasi altro partito) di far sentire la propria voce. Ma vallo a spiegare ai cliccatori del blog.

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