Come Salvini scatena l’olio di ricino virtuale contro l’insegnante di Castel del Rio

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-09-27

La storia della professoressa che assegna il compito per casa su “come cacciare Salvini” è una bufala. Ma ormai è troppo tardi e i simpatizzanti del Carroccio sono già partiti all’attacco contro l’insegnante “comunista” che vuole plagiare le menti dei bambini

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Ieri pomeriggio i leghisti e i fan di Salvini si sono scoperti vittime di un’azione sovversiva portata avanti da un’insegnante di scuola media (sicuramente comunista). La storia è quella della professoressa di italiano di una scuola media inferiore di Castel Del Rio (Bologna) che avrebbe assegnato ai suoi alunni un compito su «Come facciamo a cacciare Salvini». A denunciare il fattaccio, che poi si è rivelato essere una bufala, è stato il consigliere consigliere regionale della Lega Nord in Emilia-Romagna Daniele Marchetti.

Salvini lancia la fake news del compito “Come facciamo a cacciare Salvini?”

La storia infatti è diversa, non è stata l’insegnante ad assegnare come tema da svolgere in classe il «Come facciamo a cacciare Salvini?» ma è stato uno degli alunni a proporlo come domanda. L’esercizio – proposto dall’antologia con il titolo “La macchina dei desideri” – era quello di raccontare le proprie domande e i propri desideri ai compagni di classe, tant’è che tra le domande emerse durante l’esercizio c’è stato chi ha chiesto “come risolvere la desertificazione?” oppure “come possiamo avere macchine con un’energia che non inquina”. Gli alunni avevano il compito di trascrivere le domande sul quaderno. Come ha appurato il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale Stefano Versari l’insegnante ha chiesto agli studenti di non trascrivere la domanda su Salvini, ma uno degli alunni (forse distratto, o forse troppo diligente) l’ha riportata sul quaderno dove poi la frase è stata letta dai genitori.

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Prima ancora che la verità venisse accertata  Salvini non ha perso tempo e ha rilanciato prontamente la “notizia”. «A Castel del Rio, Bologna, – scrive il Capitano su Facebook – una insegnante di italiano delle medie avrebbe chiesto agli studenti: “Come facciamo a cacciare Salvini?”». Il ministro dell’Interno ha l’accortezza di usare il condizionale, ma se avesse aspettato le verifiche da parte della dirigenza scolastica non avrebbe potuto raccontare ai suoi elettori di essere stato «accomunato a inquinamento, desertificazione, guerra e malattie…». Poi promette di andare fino in fondo e conclude con «un abbraccio a quei bimbi da parte di un papà che lavora per una scuola senza pregiudizi politici». Tanto è bastato. Il resto lo hanno fatto gli altri, a partire dal sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni che ha dichiarato che la frase su Salvini «è di una gravità inaudita».

I cinque minuti d’odio del popolo leghista

Anche dopo che la fake news è stata rettificata Marchetti non demorde e scrive che l’ufficio scolastico regionale «cerca di minimizzare» e spiega che l’insegnante «doveva vigilare». Non si capisce su cosa, visto che la domanda è stata fatta da un alunno e che la docente aveva chiesto agli studenti di non appuntare quella frase sul quaderno degli esercizi. Anche il Miur vuole fare chiarezza e il ministro dell’Istruzione Bussetti (in quota Lega) ha chiesto all’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia Romagna di avviare una visita ispettiva per appurare i fatti. Mentre il segretario della Lega di Imola, Fabio Morotti chiede di «prendere immediati provvedimenti contro quella professoressa» qualora ne venisse accertata la responsabilità.

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Ma è ovviamente su Facebook che si scatena la caccia alla professoressa. I fan del Capitano hanno già scoperto il movente: il comunismo. E la cura in questi casi è una bella dose di olio di ricino virtuale.

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Sono i comunisti a fare il lavaggio del cervello ai nostri figli. Poco importa poi che probabilmente l’alunno la frase l’abbia sentita in casa, in famiglia, e che l’insegnante non c’entri nulla. Ormai è lei il capro espiatorio, con buona pace della libertà d’espressione degli alunni.

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C’è chi dà la colpa al fatto che gli insegnanti arrivano tutti o quasi tutti dal Sud, quindi “assistenzializzati e fancazzisti” ma al tempo stesso “forse anche in buona parte comunisti”. Torna fuori la vecchia Lega, quella che considerava terroni tutti quelli che vivevano sotto il Po (quindi anche i bolognesi).

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Non è della stessa opinione un consigliere comunale di Giarre (Catania) che invece che ai terroni dà la colpa agli insegnanti che impauriti da Salvini “tentano di manipolare anche i bambini”.

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Non manca chi recrimina sul fatto che a scuola gli insegnanti, soprattutto quelli delle materie “umanistiche”, cerchino di “inculcare una cultura di sinistra” descrivendo i crimini dei nazifascisti ma senza parlare delle foibe (e allora le foibe??).

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Ma siamo sicuri che a Castel del Rio vada tutto bene? Non sarà il caso di accertare se in quella scuola media “vi sono stati fatti di cristianofobia” come ad esempio “l’abolizione dei festeggiamenti per il Natale o per Pasqua”? Meglio sincerarsene.

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Salvini non è più solo ministro, Capitano o “papà”. È anche martire, tant’è che la vicenda viene subito accostata ai tentativi di far togliere il crocifisso dalle scuole. Prima tolgono Gesù e poi se la prendono con Salvini (il suo profeta). Dove andremo a finire di questo passo?

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C’è solo un modo per lavare quest’offesa. Licenziamento in tronco, radiazione dall’incarico, sbattere l’insegnante in mezzo ad una strada a lavare vetri o a pulire cessi nei centri di accoglienza. Qualcuno azzarda anche l’interdizione dai Pubblici Uffici (manco avesse rubato 49 milioni di euro di fondi pubblici). E non manca chi propone di andare davanti alla scuola media di Castel del Rio a “chiedere” come cacciare quella professoressa. E anche oggi Salvini è riuscito a fare la vittima continuando a cementare il suo consenso nell’odio per i buonisti. Un odio alimentato come spesso accade da una fake news. 

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