W il bongo!

di Vincenzo Vespri

Pubblicato il 2019-11-18

Per esorcizzare la piena dell’Arno (bel 2000 m^3 di acqua al secondo nell’acme della piena!) sono andato a comprare delle paste e fra queste il bongo. Se uno non è fiorentino non può sapere che il bongo è come chiamano qui a Firenze i profiteroles.  La storia di questo nome è affascinante. Prima di tutto i …

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Per esorcizzare la piena dell’Arno (bel 2000 m^3 di acqua al secondo nell’acme della piena!) sono andato a comprare delle paste e fra queste il bongo. Se uno non è fiorentino non può sapere che il bongo è come chiamano qui a Firenze i profiteroles.  La storia di questo nome è affascinante. Prima di tutto i profiteroles sono un po’ fiorentini. Quando Caterina dei Medici si trasferì in Francia esportò le prelibatezze della cucina fiorentina. Molti i piatti famosi che la cucina francese deve a Caterina. Ad esempio le omelette: Caterina portò con sé oltralpe questo sistema di preparazione dell’uovo con verdure che i Francesi fecero proprio chiamandolo omelette. Discorso analogo per le crépes: anch’esse furono introdotte da Caterina in Francia. Nelle campagne fiorentine erano chiamate pezzole, frittatine, crespelle farcite di ricotta e verdure ricoperte di “salsa colla” (antenata della besciamella, anch’essa, quindi, di origine toscana).
La soupe d’oignons deriva dalla carabaccia, la zuppa di cipolle fiorentina. Appannaggio dei nobili, divenne piatto popolare solo dopo la Rivoluzione francese. Discorso altettanto interessante per la Francesina. Deriva dallo stiracchio,che i francesi hanno chiamato boeuf miroton e poi è rientrato in Italia proprio con il nome di Francesina.

bongo profiteroles 1

Inoltre le nozze di Caterina de’ Medici portarono in Francia due dolci famosi: i macarons (il loro nome deriva dal verbo ammaccare ed erano dolci originari di Venezia) e il sorbetto (ghiaccio all’acqua inzuccherata e profumata), entrambi i dolci furono usati nelle nozze regali. Il sorbetto fu inventato proprio per quella occasione dal mastro gelatiere Ruggeri. La ricetta fu all’inizio segreta, finché un giorno, Ruggeri consegnò a Caterina la ricetta scrivendo: “Con il vostro permesso ritorno ai miei polli, sperando che la gente mi lasci finalmente in pace e, dimenticandosi di me, si accontenti solo di gustare il mio gelato”.  Caterina de’ Medici portò in Francia anche un mastro pasticcere Pantanelli, che inventò i bignè. In Francia sono noti come pasta “choux”, che significa “cavolo”. Il nome deriva dal fatto che una volta cotti i bignè assomigliano ai cavoletti di Bruxelles. I francesi usarono la pasta choux come base per i dolci eclair, religieus e , per l’appunto, i profiteroles. Sembra che il nome profiteroles derivi dal francese profiter (guadagnare, approfittare) e farebbe riferimento ai bignè che, si ‘”approfittano” del cioccolato, andando a creare quella gustosa montagnetta dolce che i francesi chiamano croquembouche. I profiteroles riattraversarono le Alpi e furono chiamati con il nome francese in tutta Italia salvo proprio che a Firenze. In Toscana erano infatti chiamati “Affricani” a causa del loro colore scuro che ricordava proprio il colore della pelle degli Africani . A dire il vero con il termine Affricano si indicava in realtà una categoria di dolci che comprendevano anche i profiteroles. Infatti nel Nòvo dizionario universale della lingua italiana (1884-1890), Policarpo Petrocchi riporta il termine affricana per indicare una sorta di pasta collo zabaione dentro, e ricoperta di cioccolata. Il nome bongo è recente ed iniziò ad essere usato per indicare i profiteroles quando a metà del 900 la parola bongo bongo incominciò ad indicare in Italia i negri Ad esempio Nilla Pizzi nel 1947 cantava la canzone bongo bongo bongo in cui i negri erano descritti con l’anello nel naso e sceglia al collo. Forse è stata proprio la canzone della Pizzi che adesso sicuramente non sarebbe considerata politically correct, a dare il nome fiorentino a un dolce buonissimo.

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