Le multe per gli assembramenti della movida

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-05-21

Il piano del Viminale per fermare gli assembramenti provocati dalla “tana libera tutti” del governo. L’ipotesi di blocco totale nelle aree a rischio. Il tutto anche se all’aperto non c’è alcun obbligo di stare con la bocca e il naso coperti. Da 400 a 3000 euro le multe

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Al governo Conte non la si fa facilmente. Mentre gli italiani pretendono di andare al bar perché l’esecutivo ha detto loro che possono andare al bar, il Viminale tira fuori un piano per fermare gli assembramenti che prevede un copioso dispiegamento di forze di polizia con controlli mirati nelle piazze e in tutti i luoghi (e in tutti i laghi) dove ci si riunisce per l’aperitivo, ma anche per pranzare fuori.

Le multe per gli assembramenti della movida

E quindi, scrive oggi il Corriere della Sera, ecco i pattugliamenti fino a tarda sera nelle strade della movida per effettuare i controlli e impedire alle persone di stare troppo vicine, accalcate e soprattutto senza mascherina. E così bloccare quelle situazioni di rischio che possono far risalire i contagi. Il tutto anche se all’aperto non c’è alcun obbligo di stare con la bocca e il naso coperti. I questori dovranno assicurare «il rispetto del divieto di assembramenti e di aggregazioni di persone e l’osservanza delle misure del distanziamento sociale», riporta la circolare del capo della Polizia Franco Gabrielli. Come possano farlo visto che fino a prova contraria ci sono più cittadini che forze dell’ordine è un mistero. Ma d’altro canto Gabrielli è quello a cui è sfuggita la manifestazione non autorizzata di Fratelli d’Italia in un luogo fuori mano e isolato come piazza Monte Citorio mentre si inseguivano i runner con i droni e quindi per lui tutto è possibile.

Da ieri sera sono stati affidati a polizia, carabinieri e finanzieri, naturalmente oltre alla polizia locale, controlli in tutte le aree maggiormente frequentate a partire dalle 6 del pomeriggio. Gran parte delle pattuglie finora impegnate a effettuare le verifiche delle autocertificazioni durante il lockdown si concentreranno adesso nei centri storici delle città, in tutti quei luoghi pieni di locali e bar dove ci si incontra per bere, per mangiare, o semplicemente per chiacchierare. Andranno nei quartieri simbolo della movida dove i ragazzi, ma anche gli adulti, si riuniscono la sera. Ronde effettuate in macchina, ma pure accertamenti tra la gente proprio per stabilire se le norme vengano rispettate.

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Le modalità di intervento sono state stabilite dalla ministra e dallo stesso Gabrielli che nelle scorse settimane — quando si trattava di monitorare il rispetto del lockdown o comunque la limitazione agli spostamenti—avevano invitato le forze dell’ordine «ad essere severe ma comunque a comportarsi con umanità, perché più che colpire bisogna far comprendere»:

Adesso il pericolo di tornare indietro, facendo impennare i contagi con il rischio di nuove e drastiche chiusure di paesi e città, è altissimo. Quelle che si stanno vivendo sono le due settimane chiave perché seguono la scelta di far ripartire le attività, ma anche la vita sociale. E dunque il primo intervento sarà «un invito» a rispettare il divieto e a stare distanti, ma se non dovesse sortire  effetto scatterà la sanzione: da 400 a 3.000 euro di multa.

Ancor più gravi le conseguenze per i gestori di bar e ristoranti. La scelta del governo di autorizzare i tavoli all’aperto anche in numero più alto del consentito — peraltro senza far pagare la tassa di occupazione di suolo pubblico—è stata fatta proprio per favorire le attività, ma anche loro dovranno far rispettare i divieti dai clienti, altrimenti rischiano la multa e addirittura la sospensione temporanea della licenza.

Conte: stop alla movida o i contagi risaliranno

Quindi la surreale situazione attuale avrà anche una recrudescenza punitiva. E pazienza se il virologo del Veneto Andrea Crisanti a Repubblica dice oggi: «La colpa non è tanto dei ragazzi, quanto delle istituzioni che hanno inviato loro messaggi ambigui e incoerenti. Siamo arrivati alla Fase 2 impreparati».

Le immagini della gente fuori casa, gomito a gomito nei bar e nei locali, hanno colpito. Palazzo Chigi e il ministero alla Salute sono preoccupati soprattutto per chi ha tra i 15 e 30 anni. Sono loro ad adottare i comportamenti meno rigorosi. Il ministro Roberto Speranza ragiona anche sulla possibilità di lanciare una campagna mirata per sensibilizzare i giovani, in vista dell’estate. Speranza dice di provare «una grandissima preoccupazione, perché basta poco per vanificare tutto il lavoro straordinario e i sacrifici fatti dagli italiani. Il virus non è sconfitto, ancora circola nel nostro Paese, ha numeri inferiori ma ancora è lì e quindi comportamenti sbagliati possono farci pagare un prezzo enorme».

E il concetto di responsabilità, che dovrebbe valere per tutti ma a maggior ragione per chi ha il bastone del comando?

Le mascherine non bastano a proteggerci?
«Sì se le indossassimo tutti, cosa che non mi pare che accada. Comunque non è vero che ci sono ovunque, mi arrivano segnalazioni che, in alcune zone d’Italia, ancora non si trovano».

Il governo ha riaperto troppo presto?
«Penso che se apri, devi aprire in condizioni di sicurezza. Se il governo ritiene che le mascherine servano, le deve fornire a tutti. Se invece non ha scorte sufficienti, deve ammettere con chiarezza come stanno le cose».

E non è stato fatto?
«I messaggi ai cittadini, ripeto, sono stati ambigui. Anche sulle mascherine: all’inizio hanno detto che servivano quelle certificate, poi andavano bene non certificate, ora invece dicono che si possono usare quelle fatte in casa. In questo modo induci i giovani a sottovalutare, a ritenere che qualcuno li stia prendendo in giro. Lo stesso si può dire con le distanze sociali: sulla spiaggia tre metri, nei ristoranti uno… dov’è l’elemento razionale?».

Leggi anche: Lo scaricabarile dei politici che danno la colpa ai cittadini se risalgono i contagi

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