La trattativa per la vendita dell’A.S. Roma

di Mario Neri

Pubblicato il 2020-08-05

Sul tavolo di Pallotta c’è l’offerta di Friedkin. Ma lui attende una risposta da Fahad Al-Baker. Ieri si è svolto un incontro tra gli avvocati che seguono la trattativa. Che però ancora non si è chiusa

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Tra ieri e stanotte ha subito una brusca accelerazione la trattativa per la vendita della A.S. Roma e alla vigilia della partita di Europa League con il Siviglia le pagine sportive dei giornali italiane raccontano che dopo le storie su una decina di gruppi interessati a rimanere sul tavolo insieme a James Pallotta, che da tre anni a questa parte non vede l’ora di liberarsi di una società che ha cambiato direttori sportivi come si scartano le caramelle, comprato a prezzi carissimi giocatori finiti e venduto calciatori che hanno fatto le fortune di altri club, sono rimasti in due: Dan Friedkin e e i kuwaitiani di Fahad Al-Baker, che rappresenta la Winners International Trading, una società che fa brokeraggio di petrolio, noleggio di limousine e importazione di Gatorade.

La trattativa per la vendita dell’A.S. Roma

La differenza tra i due offerenti è palese. Friedkin, dopo aver cominciato la due diligence sui conti della Roma lo scorso ottobre (la notizia venne data da Filippo Biafora sul Tempo) ed aver rallentato i tempi di una trattativa che sembrava sul punto di chiudersi dopo lo scoppio della pandemia di Coronavirus, ha firmato dopo mesi d’attesa un’offerta scritta: sul piatto 575 milioni di euro: di questi 177 entrerebbero nelle tasche dell’attuale presidente il resto andrebbe a coprire il debito contratto dal club — 300 milioni — e una novantina per ricapitalizzare i conti della società. MF spiega oggi che decurtando i 300 milioni del debito, gli asset sono stati valutati 190 milioni e che Pallotta e i suoi soci, i quali detengono una quota di controllo di circa l’88%, incasserebbero circa 177 milioni dalla cessione. Siccome in questi quasi otto anni Pallotta ha investito circa 260-270 milioni, l’operazione significherebbe per il finanziere di Boston una perdita di circa 100 milioni. Per questo Matteo Pinci su Repubblica racconta che la fantasia del presidente è eccitata da un altro scenario più remunerativo, ovvero quello di un soggetto interessato che a differenza di Friedkin non ci è arrivato passando dall’advisor Goldman Sachs. Ma per via diretta. E con alcuni problemi:

L’imprenditore del Kuwait Fahad Al-Baker, titolare della società di servizi Winners International Trading ha rappresentato un interesse che coinvolge vari soggetti del suo Paese. Ma a veicolarlo a Pallotta attraverso un suo uomo di fiducia è stato direttamente un volto della politica romana di fine anni Novanta: Massimo D’Alema. Già a gennaio di un anno fa l’ex premier si era fatto mediatore per un incontro tra l’ambasciatore kuwaitiano e una delegazione della Roma, documentata da foto e resoconti. Oggi, insieme all’ex ministro Pd Luca Lotti (che però nega coinvolgimenti), ha favorito un dialogo. Che si è concretizzato alcuni giorni fa in un’offerta presentata da Al-Baker e più alta di 30-40 milioni rispetto alla concorrenza, ma inevitabilmente subordinata allo studio più approfondito dei documenti.

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II problema è che di tempo per studiare le carte e effettuare una due diligence non ce n’è. O meglio: ce ne sarebbe se Pallotta accettasse di farsi garante di un aumento di capitale di almeno 50 milioni, da ricaricare poi sull’eventuale acquirente. Possibilità che non prenderà mai in considerazione. E allora, deve vendere: subito. L’offerta di Friedkin scade venerdì sera. Una data che a questo punto diventa una deadline anche per il gruppo del Kuwait: dovrà decidere per quel momento se far arrivare un’offerta vincolante al buio o quasi. Pallotta già ha fatto un passaggio con l’ambasciata del Kuwait negli Usa, da cui avrebbe ottenuto rassicurazioni sulla solidità del gruppo, a differenza di altri soggetti, che a Goldman non hanno saputo dare prove di liquidità.

Pallotta sceglie tra Dan Friedkin e Fahad Al-Baker

La trattativa si sviluppa mentre, ricorda oggi Il Messaggero, il 19 agosto (termine slittato di una settimana, iniziando la serie A il 19 settembre) incombe la scadenza per presentare alla Covisoc le garanzie per l’iscrizione del club giallorosso al prossimo campionato. E l’organo di vigilanza della FIGC è stato chiaro con Trigoria: alla luce del passaggio nella semestrale, nel quale emerge nella relazione di Deloitte «un richiamo relativo a dubbi significativi sulla continuità aziendale», le assicurazioni verbali non bastano. Alcuni “comunicatori” (o presunti tali) hanno sentito il bisogno di rassicurare sul fatto che in ogni caso Pallotta avrebbe presentato le garanzie per l’iscrizione al campionato: come se l’alternativa non fosse, in caso contrario, il disastro economico e sportivo e l’azzeramento del valore del suo stesso investimento. A questo proposito va smentita la voce diffamatoria, circolata spesso nelle radio romane, che ci siano “pennivendoli al soldo di Trigoria”, per il semplice fatto che non esistono monete abbastanza piccole per pagare “intuizioni” del genere. Il quotidiano spiega che Pallotta è a un bivio:

Si torna quindi al punto di partenza: i tempi. Aspettando ancora, Pallotta si troverebbe a dover fronteggiare delle scadenze (legate all’aumento di capitale) che non ha più voglia di sostenere. Con il rischio, tra l’altro, che una volta effettuata la due-diligence l’offerta di Al Baker possa essere modificata verso il basso. Senza contare inoltre che Friedkin – già infastidito dall’improvviso materializzarsi di soggetti interessati all’acquisizione della società – potrebbe anche lasciare all’improvviso il tavolo delle trattative.

L’ultima parola spetta quindi a Jim. Che in cuor suo, spinto dai soci a lasciare, aspetta segnali anche dalla cordata sudamericana con base in Ecuador ma portafoglio in Uruguay, molto attiva a livello mediatico sino ad una decina di giorni fa, tanto da promettere di presentarsi con l’acquisto di Cavani (ora vicino al Benfica). Contatto che lo stesso Pallotta si era procurato per poi affidarlo alla consulenza di Baldini.

dan friedkin

E così il “povero” Friedkin, che secondo alcuni non era più in corsa per comprare l’A.S. Roma in quanto aveva offerto troppo poco (sono gli stessi che dicevano che Pallotta avrebbe scelto il compratore in base alla solidità economica “per il bene dei giallorossi”), è l’unico che si è presentato al tavolo con i soldi in bocca, come si suol dire. Degli altri non c’è più traccia, anche se il titolo è volato in questi giorni in Borsa mentre si raccontava delle offerte su Twitter e su Facebook, ma evidentemente la CONSOB ha ritenuto troppo poco credibili le storie che si leggevano per pensare all’aggiotaggio: d’altro canto visto il modo in cui veniva usata la lingua italiana in alcuni di quei post non si faceva fatica a credere che l’estensore avesse madre dell’Ecuador, padre messicano e zio canadese, e avesse così accesso a fonti direttissime. John Solano su RomaPress invece ha scritto stanotte che si è svolto un incontro di tre ore tra gli avvocati di Friedkin e Pallotta. Il texano, secondo il giornalista, ha firmato tutte le 79 pagine dei documenti necessari per l’acquisizione, come gli hanno confermato lo studio Toniucci e lo studio Chiomenti.

Friedkin attende una risposta entro oggi. Pallotta attende una risposta dal Kuwait. I tifosi attendono che questa agonia finisca presto.

EDIT ORE 13: Per l’acquisto della Roma è rimasto in corsa solo Dan Friedkin. A riportare la notizia dell’uscita di scena dell’imprenditore arabo Fahad Al-Baker e dei suoi soci è il sito del quotidiano kuwaitiano Al-Jarida. La proposta proveniente dal Kuwait, secondo quanto riferisce il portale, non si è alla fine concretizzata in una offerta vincolante principalmente a causa dei tempi ristretti della trattativa. Il presidente della Roma, James Pallotta, avrebbe infatti concesso poche ore al gruppo di Al-Baker per superare l’offerta messa per iscritto dal Gruppo Friedkin (circa 500 milioni di euro) per rilevare la società giallorossa. “Gli investitori del Kuwait sono stati messi in una posizione difficile ieri dal presidente Pallotta, che ha concesso loro meno di 24 ore per presentare un’offerta superiore a quella presentata dall’investitore americano Friedken – riporta Al-Jarida – L’imprenditore kuwaitiano Al-Baker all’alba si è consultato con i suoi partner per raggiungere una decisione finale e rapida per risolvere la questione e per rispondere a Pallotta” ma alla fine all’intento della cordata non si è raggiunto l’accordo per presentare un’offerta congrua a chiudere l’affare. A questo punto, sottolinea il sito, la gestione della Roma dovrebbero restare in America, sempre che Pallotta controfirmi i documenti relativi all’offerta di Friedkin.

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