Fact checking
Alternativa Bipolare
Alessandro D'Amato 08/12/2017
Nel partito di Alfano il rischio scissione è molto alto: c’è chi vuole andare da solo alle elezioni, chi vuole allearsi con Berlusconi e chi vuole andare con il PD
Una vecchia battuta da prima Repubblica sosteneva che il Partito Socialdemocratico, raggruppamento governativo per eccellenza, avesse 3902 iscritti e 3903 correnti. La stessa cosa sta succedendo ad Alternativa Popolare, il partito che Angelino Alfano ha lasciato molto graziosamente in eredità agli italiani prima di annunciare la sua intenzione di non ricandidarsi.
Alternativa Bipolare
Oggi infatti Alfano nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera ha respinto la tesi che sia stato costretto a lasciare perché ormai politicamente senza sbocchi: “Non c’era un problema personale o di partito – ha spiegato -. Con i numeri della prossima legislatura, la mia area politica potrà giocare un ruolo importante”. Ma ha anche spiegato che le divisioni nel suo partito faticano a ricomporsi: “Il rischio di scissione – ammette Alfano – è alto, non posso negarlo. È in atto una discussione tra due coerenze: una rimanda alla nostra storia, di moderati del centrodestra; l’altra al nostro presente, all’azione di governo, alle riforme liberali che abbiamo varato in questi cinque anni. Da una parte c’è Renzi e non ci sono più i comunisti, dall’altra ci sono invece i populisti. Ma il partito è vivo. Talmente vivo che viene cercato e tentato”. “In queste ore – ha fatto sapere -, ho chiesto al coordinatore del partito, Maurizio Lupi, e al vicecoordinatore Antonio Gentile di lavorare su un’ipotesi di corsa autonoma, così da tenere insieme le due coerenze e verificare se altri intendano fare insieme a noi questo percorso”. “Vorrei – è l’auspicio – restassero uniti. Dopo le urne la mia area potrà giocare un ruolo importante“.
Da parte sua Maurizio Lupi ieri ha spiegato a sua volta ai giornali che l’esperienza di governo al fianco del centrodestra in tante realtà territoriali come la Lombardia non può essere dimenticata. Non a caso, oggi Lupi ha avuto un colloquio con Fitto, presente Gentile, per sondare il terreno, e al termine del summit ha dichiarato: ”Lunedì si tratterà di decidere” se optare per l’intesa con i dem o “ritenere chiusa l’esperienza istituzionale e di governo con il PD e di non trasformarla in accordo politico perché non lo è mai stato” e costituire quindi un “soggetto forte, moderato di centro”. Parole, quelle di Lupi, che ai più sono sembrate un addio al Nazareno e una conferma che il fronte lombardiana guarda con grande attenzione a Silvio Berlusconi e alla coalizione che sta mettendo in campo per le prossime politiche.
Il fattore Lorenzin
Dall’altra parte della barricata c’è invece Beatrice Lorenzin, che invece viene indicata a più riprese come pronta a far parte insieme a Pierferdinando Casini di un progetto centrista che affianchi le liste del Partito Democratico di Renzi nella coalizione che sopravviverà all’abbandono del campo da parte di Giuliano Pisapia. L’ala filo-dem sarebbe rappresentata, oltre che dalla ministra della Sanità, da Fabrizio Cicchitto – il cui peso elettorale è stato ben enucleato dal prestigioso endorsement nei confronti di Giachetti per la corsa a sindaco di Roma – e da Giuseppe Castiglione.
Ma il fattore Lorenzi magari andrebbe indagato in base ai risultati conseguiti ad Ostia, dove la lista a lei ispirata non è andata oltre il 5% finendo doppiata persino da Casapound. Al momento, questa parte di Ap sembrerebbe numericamente minoritaria mentre resta da capire l’atteggiamento dell’Udc – “gelosa” del suo scudocrociato – e quello delle sigle (da Fare a Idea) che ruotano attorno all’ex ministro Enrico Costa. I nodi, a cominciare da un certo sovraffollamento dei candidati di centrodestra in Lombardia, non sono pochi.