La lezione dell’operaio Alcoa a Di Battista su lavoro e reddito di cittadinanza

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-01-18

Tutti pronti per il Reddito di Cittadinanza e le fantastiche proposte di lavoro? Non proprio, anzi in Sardegna gli operai fanno notare che se avessero avuto proposte di lavoro le avrebbero già accettate. E hanno da dire due paroline su Dibba

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Si fa presto a dire Reddito di Cittadinanza e a magnificare le capacità dei navigator precari che dovranno aiutare i disoccupati a trovare un lavoro. Di Maio ha spiegato che “conviene accettare” la prima offerta di lavoro che arriverà, perché le successive saranno per posti di lavoro oltre i 100 km di distanza da casa. Ma cosa ne pensano quelli che il lavoro non ce l’hanno oggi? Perché sulla carta l’idea di ricevere tre proposte di lavoro è sicuramente allettante, soprattutto se si ha la possibilità di essere assunti vicino a casa, ma in certe zone del Paese anche ricevere una sola offerta di lavoro è considerato un miracolo.

Quando Di Battista voleva radere al suolo le industrie per campare di turismo

Ad esempio ieri a Piazza Pulita Salvatore Gulisano ha intervistato gli operai dell’ex Alcoa di Portovesme ora di proprietà del gruppo svizzero Sider Alloys. La settimana scorsa Di Maio è andato in Sardegna per il tour elettorale delle elezioni regionali e per i lavoratori che da anni sono in cassa integrazione il Reddito di Cittadinanza e la promessa di un nuovo posto di lavoro rimane un miraggio. Non solo perché non ci sono posti di lavoro ma soprattutto perché Stiamo parlando di persone che magari hanno superato i 50 anni. Troppo giovani per andare in pensione, troppo “anziani” per poter essere presi in considerazione altrove, magari dopo un processo di “riqualificazione”.

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«Non è che noi siamo contrari al Reddito di Cittadinanza – ha spiegato uno dei lavoratori del presidio – siccome noi siamo da tempo senza posto di lavoro, io dico: dove sono le tre proposte di lavoro? Non ne abbiamo nemmeno una». Non è certo colpa di Di Maio o del governo se nel Sulcis non c’è lavoro, ma davvero si può pensare di risolvere il problema di queste persone, uomini con famiglie a carico, minacciandoli di dover accettare una qualsiasi offerta di lavoro pena la deportazione in aree più ricche del Paese? Che al Nord o all’estero ci sia più lavoro non è una scoperta, ma in che modo questo trasferimento di forza lavoro aiuta aree come quella del Sulcis a rialzarsi?

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Se Alessandro Di Battista si fida ciecamente di Luigi gli operai non sono così propensi a dare fiducia. Ricordano che quando Di Battista in campagna elettorale andò nel Sulcis disse che si poteva fare a meno dell’industria «anzi secondo lui bisognava raderle al suolo e metterci a fare quei mestieri antichi per attrarre i turisti, io credo che abbia una visione un po’ distorta della realtà» chiosa uno degli operai del presidio ex Alcoa. Una dichiarazione in linea con le visioni profetiche dei Casaleggio (padre e figlio) sul futuro del lavoro. A febbraio 2018 Di Battista disse che la Sardegna era «un’isola che potrebbe campare di turismo, enogastronomia ed energia rinnovabili tutto l’anno», nessuna parola per l’industria ma invece discorsi su posti di lavoro come camerieri in pizzerie. Ma quante pizzerie ci possono mai essere ad Iglesias? Su queste premesse non sembra che il Reddito di Cittadinanza possa creare nuovi posti di lavoro. Un altro lavoratore, operaio della EurAllumina altra azienda in crisi, è arrabbiato non tanto per i no al carbone del M5S quanto per la mancanza di soluzioni e proposte alternative. Non è una lotta per l’uso del carbone, è una battaglia per la sopravvivenza dell’industria sarda. In fondo non è poi così strano che i lavoratori non vogliano diventare figuranti “di lavori antichi” in una sorta di parco a tema per turisti.

Leggi sull’argomento: Così Di Maio si prepara a giocarsi il posto sulla TAV

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