A che punto siamo con il vaccino per il Coronavirus

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-17

Negli Stati Uniti parte il test preliminare per il vaccino di Moderna. L’azienda ha iniziato domenica a somministrare le dosi a volontari di 45 anni in buone condizioni di salute. Ma ci sono anche altre strade, tra cui quella di CureVac

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Mentre il presidente dell’istituto tedesco Robert Koch, Lothar Wieler, a Berlino, dice che la pandemia da Coronavirus SARS-COV-2 può arrivare a durare fino a due anni, parte in tempi rapidissimi negli Stati Uniti il primo test di un vaccino contro COVID-19 e l’Europa ha annunciato che la sperimentazione del suo vaccino potrà partire in giugno: la ricerca corre veloce e affina le armi contro un virus mai visto finora, ma nessuno si illude che i tempi saranno brevi.

A che punto siamo con il vaccino per il Coronavirus

Il pronostico più gettonato è quello che dice che ci vorrà almeno un anno e mezzo dalla partenza delle sperimentazioni per arrivare al vaccino commercializzabile. Ma intanto la compagnia farmaceutica del Massachusetts Moderna ha somministrato dosi sperimentali a volontari di 45 anni, nel Kaiser Permanente Washington Heath Research Institute. La rapidità di questo tentativo è straordinaria, rispetto ai tempi abituali del processo per lo sviluppo dei vaccini. Moderna è una delle aziende private che hanno iniziato subito a lavorare sul virus, appena l’epidemia è scoppiata in Cina. In collaborazione con i National Institutes of Health, la struttura pubblica americana che si occupa della ricerca medica, ha già prodotto un potenziale vaccino per il Covid-19, usando nuove tecnologie più rapide delle tradizionali iniezioni.

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I protocolli del Coronavirus (La Repubblica, 26 febbraio 2020)

La Stampa spiega oggi che l’azienda ha iniziato domenica a somministrare le dosi a volontari di 45 anni in buone condizioni di salute, che non corrono il rischio di essere infettati, perché il prodotto non contiene il virus.

Lo scopo di questo trial preliminare è verificare se la soluzione immaginata è sicura, oppure se produce effetti collaterali preoccupanti. Se l’esperimento andrà bene, allora i test verranno allargati per provare l’efficacia del vaccino. Altre compagnie si preparano ad avviare i loro trial. Inovio punta a cominciarli il prossimo mese con una dozzina di volontari alla University of Pennsyvania e un centro a Kansas City, dopo aver fatto lo stesso in Cina e Corea del Sud. L’azienda tedesca CureVac è anche in fase avanzata, e spera di cominciare i test tra giugno e luglio. Il direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, Anthoy Fauci, ha però avvertito che comunque prima di avere un vaccino da somministrare ai pazienti passeranno tra 12 e 18 mesi.

Il vaccino americano contro il Coronavirus

Il Sole 24 Ore aggiunge che l’obiettivo della fase 1 dello studio clinico è puramente quello di verificare che il vaccino non mostri effetti collaterali di rilievo, ponendo le basi per ampliare i test ed entrare nelle altre fasi del trial. Se tutto andasse liscio si tratterebbe di un record assoluto: 3-4 mesi per lo sviluppo e l’applicazione di un nuovo vaccino (nel caso della Sars il vaccino fu sviluppato in 20 mesi). Ma si tratta, appunto, di previsioni che non considerano gli scenari di normalità in queste situazioni. Ma, ricorda il quotidiano di Confindustria, anche l’Italia è in prima linea:

Si tratta di una joint venture tra il Jenner Institute dell’Università di Oxford, e Advent Srl, divisione vaccini del gruppo Irbm Spa di Pomezia. L’esperienza e la competenza accumulate in altre esperienze dai due partner, insomma, potrebbero rivelarsi la chiave del successo del “candidato” italiano, che si basa sulla disponibilità degli antigeni di superficie – i cosiddetti “Spike” – studiati presso l’ateneo inglese in virtù di una grande esperienza dello Jenner Institute nel campo dei coronavirus e all’impiego di una piattaforma di Advent Srl nello sviluppo di una piattaforma di adenovirus, che ha già dato prova della sua importanza nella costruzione di un vaccino per il virus Ebola.

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I prototipi vaccinali saranno prodotti impiegando una versione non infettiva dell’adenovirus, tra i ceppi più noti e diffusi soprattutto in questa stagione perché frequentemente responsabili del raffreddore. Questo adenovirus viene modificato in modo che non si più in grado di riprodursi all’interno del corpo e, proprio come un cavallo di Troia necessaria ad infiltrarsi senza fare danni nelle difese dell’organismo, avrà un codice genetico in cui viene aggiunta la proteina Spike del coronavirus “cinese”, che viene quindi prodotta nell’organismo ricevente dopo la vaccinazione. In questo modo si formano anticorpi specifici contro questa proteina, che si trova sulla membrana del coronavirus.

Intanto la Commissione europea ha offerto fino a 80 milioni di euro di sostegno finanziario a CureVac, uno sviluppatore di vaccini altamente innovativo di Tubinga, in Germania, per accelerare lo sviluppo e la produzione di un vaccino contro il coronavirus in Europa. E’ quanto si legge in una nota della Commissione. La presidente, Ursula von der Leyen, e il commissario per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, hanno discusso con il management di CureVac tramite videoconferenza. Anche il vicepresidente della Banca europea per gli investimenti (Bei), Ambroise Fayolle, ha partecipato all’appuntamento. Il sostegno arriverebbe sotto forma di una garanzia dell’Ue su un prestito Bei, nel quadro del meccanismo di finanziamento delle malattie infettive InnovFin nell’ambito di Orizzonte 2020.

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