Opinioni
Cosa ancora non vi hanno spiegato sul concorso che ha dato la cattedra a Conte
di Vincenzo Vespri
Pubblicato il 2018-10-09
La blockchain è la tecnologia su cui si basano le criptomonete. E’ nata in ambiente cyberpunk con l’idea di far fuori la finanza tradizionale e i banchieri. Quindi è una tecnologia che permette di fare a meno dell’autorità garante (nel caso della moneta permette di fare a meno del Governatore della Banca Centrale e dei […]
La blockchain è la tecnologia su cui si basano le criptomonete. E’ nata in ambiente cyberpunk con l’idea di far fuori la finanza tradizionale e i banchieri. Quindi è una tecnologia che permette di fare a meno dell’autorità garante (nel caso della moneta permette di fare a meno del Governatore della Banca Centrale e dei banchieri tipo Gekko immortalato da Michael Douglas in Wall Street) e può fare questo presumendo che la maggioranza degli attori sia onesta. Ossia se almeno il 51% di quelli che adoperano la blockchain pesa che una transazione sia corretta, la transazione è effettuata e validata anche senza una autorità garante che lo certifichi. Questa affermazione fa a pugni con la nefasta idea di giustizialismo che sta, ormai, prevalendo in Italia… La famosa affermazione “Non esistono innocenti; esistono solo colpevoli non ancora scoperti” fotografa abbastanza bene la situazione Italiana.
Anche l’Università non è stata immune da questa ondata di giustizialismo. Quando son diventato ordinario, i concorsi erano nazionali e la commissione era eletta dai Professori. Quindi sostanzialmente si credeva nella onestà della categoria nel suo complesso. Ovviamente, come commissari, erano scelti scelti i “baroni” più rappresentativi, quelli delle “scuole” più grandi. Per fare un paragone calcistico era come se i calciatori della Nazionale Italiana fossero stati scelti dagli allenatori delle squadre italiane più titolate. Ovviamente come non sarebbe stato uno scandalo che, pur essendoci in “commissione” gli allenatori di Juve, Milan ed Inter, fossero stati scelti in Nazionale anche , e soprattutto, calciatori che giocavano in quelle squadre (altrimenti sarebbero finiti in Nazionale solo i giocatori delle squadre più scarse), così, non era a priori uno scandalo che vincessero anche, e, soprattutto, gli allievi dei “baroni” che erano in commissione e che erano lì a rappresentare le scuole più grosse e valide. Con la riforma Berlinguer, i concorsi passarono da nazionali a locali ma la commissione continuò ad essere eletta da noi Professori. Fu una continua girandola di concorsi e un continuo votare di membri di commissione. Per essere votato, il Professore che voleva andare in commissione, doveva convincere altri Professori a votarlo e quindi doveva convincerli della giustezza del suo probabile operato. Ciò comportava incontri, telefonate roventi, etc etc, il sistema, per funzionare, costringeva de facto i baroni a fare dei pre-concorsi.. si doveva valutare se la pretesa del Professore X di far passare il suo allievo Z nella sede H fosse ragionevole o meno, ossia se non ci fossero stati sul mercato altri candidati, più bravi di Z, desiderosi di essere chiamati come professori dall’università H. In genere veniva mandato in commissione il Professore che conosceva meglio il potenziale vincitore (come ragionevolmente è successo nel caso del concorso del Premier Conte). Si può, adesso, ipocritamente inorridire del sistema implementato in quei tempi , ma questo era l’unico modo praticabile per far sì che la comunità gestisse il ruolo di garante sulla qualità e correttezza dei concorsi. Per cui non mi scandalizza per nulla che quando divenne ordinario il Premier Conte avesse avuto in commissione il Professor Alpa che sicuramente non gli era ignoto.
Con l’avvento del giustizialismo urlato, con la campagna contro l’Università, nella legge Gelmini si tolse questa funzione di garanzia alla categoria dei Professori e si lasciò piena libertà alla sede di sceglier la commissione che gli pareva. Quello che capitò è che, se una sede voleva tizio, ovviamente sceglieva tre commissari vicini a tizio e questo peggiorò di brutto il livello qualitativo dei concorsi. Si perse la memoria storica: se prima un candidato subiva una ingiustizia, o almeno la comunità riteneva che la avesse subita, si cercava di riparare alla prima occasione. Adesso invece ci sono candidati trombati all’infinito.. In ogni concorso a cui partecipano spunta sempre all’improvviso un candidato migliore.. Inoltre, il Professore che si trova in commissione, non risponde a nessuno se non alla sua coscienza, per cui la tentazione di scappare con il malloppo è quasi irresistibile considerando che un operato truffaldino non avrà alcuna conseguenza. Di fronte a questo scempio, la reazione più logica sarebbe quella di ritornare a dare alla comunità scientifica il compito di vigilare sulla correttezza dei concorsi. Ma per dei giustizialisti convinti che tutti sono farabutti, questo è inconcepibile. La reazione è stato un florilegio di leggi, leggine e raccomandazioni folli , di atti burocratici folli che non fermano i disonesti, scoraggiano gli onesti e fanno decidere il risultato dei concorsi ai giudici del TAR (ovviamente del tutto incompetenti sulla sostanza concorsuale). Una delle raccomandazioni dell’ANAC emerse in questo folle periodo è stata quella che in commissione non possono andare persone vicine a uno dei concorrenti (ma è solo una delle tante..). Ovviamente se si giudica il concorso di Conte con le condizioni al concorso attuali, avere il Professor Alpa in commissione, era una caduta di stile perché viola il sacro volere di Cantone. Se lo si giudica nell’ottica di quei tempi, era una scelta che ricadeva nella consuetudine perché si basava sull’assunto che la categoria dei Professori fosse, per la maggior parte, formata da onesti, che il Professor Conte meritava ampiamente l’ordinariato (cosa che nessuno gli contesta) e che il Professor Alpa fosse un “barone” onesto e meritevole. In conclusione, più vivo la situazione burocratic-kafkiana dell’Università attuale e più provo nostalgia di quella baronale….