“Visto come si fa?”, la frecciata di Elio Vito a Renzi, Calenda e Di Maio dopo le sue dimissioni

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-07-13

La Camera ha votato, a scrutinio segreto, e ha accettato la richiesta dell’ormai ex deputato eletto con Forza Italia

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Il coraggio non gli è mai mancato. Da oggi Elio Vito, come da lui espressamente richiesto, non è più un deputato della Repubblica Italiana. La Camera ha infatti votato a scrutinio segreto (e approvato con 225 voti a favore e 158 contrari) la richiesta di dimissioni dell’ormai ex parlamentare che nelle scorse settimane aveva anche lasciato Forza Italia in polemica con il partito per aver deciso di farsi appoggiare, a Lucca, da un ex candidato dell’estrema destra. La goccia che ha fatto traboccare il vaso della sua pazienza, già colmo da tempo. E oggi, dopo il voto, l’ex parlamentare si è voluto togliere un sassolino dalla scarpa.

Elio Vito non è più un deputato della Repubblica Italiana

“Visto come si fa”, ha scritto in un messaggio pubblicato su Twitter e rivolto espressamente a tre leader di altrettanti partiti (o movimenti) dell’arco Parlamentare italiano: Matteo Renzi, Carlo Calenda e Luigi Di Maio. Insomma, chi si è “scisso” e non ha abbandonato la poltrona da deputato (o da altri incarichi istituzionali in Italia o in Europa). E oggi è arrivato il giorno in cui la Camera ha dato il via libera alle sue dimissioni, seppur con il voto segreto (cosa che ha fatto storcere il naso a molti). E lì, in Aula, è stata letta la sua lettera di addio alla politica parlamentare. Almeno per il momento, per questa legislatura:

“Signor Presidente, Colleghe, Colleghi,
Vi chiedo di accogliere le mie dimissioni. Credo che quando, come me, si rompe con un partito nel quale si è militato a lungo, ricoprendo incarichi di rilievo, dare le dimissioni sia un gesto indispensabile. E non c’entra l’art. 67 della Costituzione, che parla di esercitare il mandato in libertà, ed io così ho fatto in questi anni, non delle ragioni per lasciare il mandato. Nell’art. 67 c’è però una cosa ancora più importante, che rappresentiamo la Nazione.
Ecco vorrei dire a qualche collega che non occorre una legge, c’è la Costituzione, il parlamentare rappresenta la Nazione e non può quindi prendere a nessun titolo, in nessuna forma soldi da un altro Stato, non può fare conferenze a pagamento, non può farsi anticipare i biglietti. Ma non voglio dare lezioni a nessuno, non sono un professore, sono uno studente, che ha la stessa voglia di imparare che avevo quando sono entrato in Parlamento.
Io sono cambiato ma pure Forza Italia non è la stessa, ha perso la vocazione liberale, riformatrice, moderna. Ora si definisce un partito cristiano, viene da ridere, ha un leader che non è libero e dirigenti intolleranti e dispotici interessati a perpetuare il loro piccolo potere. Ma non sputerò nel piatto dove ho mangiato, per la semplice ragione che io nel piatto non ho mangiato.
Una cosa però voglio dirla. Non siamo in guerra ma c’è una guerra. E dinanzi a questa guerra, una guerra alle nostre democrazie ed ai nostri valori, dinanzi a chi l’ha provocata, dinanzi a Putin Forza Italia è timorosa, reticente, ambigua. Così come è ambiguo criticare la Cina ma poi farci affari ed ospitare la sua propaganda in giornali e televisioni di famiglia, come peraltro è ospitata, ahimè, quella russa.
Ma se i partiti cambiano, la politica resta. E la politica deve recuperare popolarità, partecipazione, motivazione, fiducia. E per farlo deve essere contrasto, lotta, rispetto. E il luogo del confronto, dello scontro democratico è il Parlamento. Sento dire che non dovremmo affrontare temi divisivi, cosa ci stiamo a fare allora? E perché poi i diritti sono divisivi? Perché c’è una differente visione della società, non tra destra e sinistra ma tra chi i diritti vuole difenderli e conquistarli e chi invece vuole calpestarli. Forza Italia ha deciso di stare con chi i diritti non vuole riconoscerli. Forza Italia ha deciso di stare con neofascisti e con integralisti. Spiace, io starò dall’altra parte, con la libertà, la laicità e i diritti. §Starò con le persone discriminate per l’orientamento sessuale e per l’identità di genere, con i consumatori che vengono arrestati se anziché andare dallo spacciatore coltivano cannabis, starò con chi non ha reddito, con chi non ha cittadinanza, chi non ha diritti. Vi ringrazio”.

Poi il voto e quei 158 deputati che hanno provato a dire no alle dimissioni di Elio Vito, mentre gli altri 225 presenti in Aula (a scrutinio segreto) non hanno fatto altro che sancire il via libera a quella sua richiesta.

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