I verbali del CTS pubblicati dalla Fondazione Einaudi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-08-06

Si tratta di cinque verbali per oltre 200 pagine di testo firmati dal Comitato istituito con un’ordinanza del capo del dipartimento della Protezione Civile il 3 febbraio scorso. I cinque verbali sono datati 28 febbraio, 1 marzo, 7 marzo, 30 marzo e 9 aprile 2020

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La Fondazione Einaudi ha pubblicato sul sito i verbali del Comitato tecnico scientifico posti a base dei Dpcm sul Coronavirus, che il governo ha deciso di desecretare. Ieri sera, 5 Agosto 2020, alle 21.15 sono stati trasmessi tramite PEC dal Capo della Protezione Civile Angelo Borrelli agli avvocati Enzo Palumbo, Andrea Pruiti Ciarello e Rocco Mauro Todero le copie dei verbali del Comitato Tecnico Scientifico n.12 del 28.2.2020; n.14 dell’1.3.2020; n.21 del 7.3.2020; n.39 del 30.3.2020 e n.49 del 9.4.2020. Mancano però i verbali delle riunioni relative ai primi giorni di marzo, quelli della mancata zona rossa ad Alzano e Nembro, in Val Seriana.

I verbali del CTS pubblicati dalla Fondazione Einaudi

Si tratta di cinque verbali per oltre 200 pagine di testo firmati dal Comitato istituito con un’ordinanza del capo del dipartimento della Protezione Civile il 3 febbraio scorso. I cinque verbali sono datati 28 febbraio, 1 marzo, 7 marzo, 30 marzo e 9 aprile 2020. Il primo verbale presente nell’archivio è la riunione del 28 febbraio 2020 in cui il Comitato Tecnico Scientifico propone una serie di misure a carattere nazionale e alcune per le regioni all’epoca più a rischio. Il CTS propone di vietare i viaggi d’istruzione in Italia e all’estero per tutta la durata dell’emergenza, di chiudere i musei mentre non appare utile la conferma della sospensione degli esami per la patente; chiede anche di estendere lo smart working per tutta la durata dell’emergenza. Il Comitato chiede anche la sospensione di eventi sportivi, culturali, ludici o religiosi in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto almeno fino all’8 marzo. E conferma “tutte le misure previste per la cosiddetta ‘zona rossa’, ovvero per gli 11 comuni” – 10 in Lombardia e uno in Veneto – dove si stava maggiormente diffondendo il Covid-19. Gli 11 comuni, indicati dal Dpcm del 23 febbraio, erano Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini in Lombardia e Vo’ in Veneto. Nel verbale numero 12 si sottolinea, inoltre, come le regioni “Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto presentano una situazione epidemiologica complessa”.

Il CTS chiede anche di tenere chiuse le scuole e l’adozione delle misure igieniche e di distanziamento sociale e le procedure concorsuali, mentre consiglia di aprire gli esercizi commerciali ma con le regole di distanziamento. Il verbale del primo marzo comincia con la raccomandazione di evitare baci e abbracci e poi, alla luce delle richieste pervenute da Liguria e Marche, raccomanda di applicare misure più restrittive a Savona e Pesaro. Chiede poi l’attivazione di posti letto aggiuntivi in terapia intensiva anche in altre regioni oltre a quelle già colpite dall’epidemia. Seguono una serie di indicazioni sugli operatori sanitari.

Il verbale del 7 marzo è lungo invece 52 pagine di cui in gran parte allegati; quelle del verbale vero e proprio sono queste 7. Si tratta del verbale che ha portato al lockdown; il CTS individua le zone in cui è necessario applicare le misure più rigorose, ovvero Regione Lombardia e province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio Emilia e Modena, Pesaro Urbino, Venezia, Padova e Treviso, Alessandria e Asti. Il CTS fornisce anche un parere non favorevole all’uso dell’idrossiclorochina per la cura del Coronavirus.

Il verbale del 30 marzo, con la presenza tra gli altri di Roberto Speranza, Sandra Zampa e Pierpaolo Sileri, segnala la necessità di validare i test sierologici il prima possibile e consiglia anche di respingere l’appello dei laboratori di ricerca sul test del tampone perché le procedure sono già disponibili presso i laboratori degli istituti zooprofilattici sperimentali. Interessante la classificazione d’uso delle mascherine:

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Nel verbale, inoltre, il Cts propone il modello-tipo della giornata per i bambini: “Sveglia, bagno, colazione (compreso sparecchiare, mettere in ordine e lavaggio denti), igiene personale, attività domestiche, attività ‘scolastiche’, contatto telefonico e/o video con amici e parenti (nonni, zii, cugini), pranzo (compreso sparecchiare e mettere in ordine, attività libera (televisione, computer, ecc), attività ‘scolastiche’, merenda (compreso sparecchiare, mettere in ordine e lavaggio denti), uscita di casa (dal cortile, alla spesa), attività ludico/ricreativa (hobby), cena (compreso sparecchiare, mettere in ordine e lavaggio denti), igiene personale, a letto (lettura e/o favola)”.  Il CTS poi respinge una serie di prodotti su cui doveva effettuare una valutazione sull’efficacia (mascherine e ventilatori) e acquisisce i pareri dell’AIFA su una serie di farmaci tra cui il TOCILIZUMAB. L’ultimo verbale è quello del 9 aprile e dichiara che l’epidemia è controllata, l’indice di contagio è inferiore a 1 e quindi si può procedere a una progressiva riapertura con il superamento del lockdown, che però arriverà soltanto un mese dopo. Raccomanda però che scuola e università continuino a rimanere chiuse.

La desecretazione dei verbali del CTS sull’emergenza e le decisioni del TAR e del Consiglio di Stato

Come abbiamo raccontato, nei giorni scorsi il Consiglio di Stato, con decreto cautelare monocratico depositato ha sospeso l’effetto della sentenza del Tar Lazio che consentiva l’accesso ai verbali del comitato tecnico scientifico sull’emergenza epidemiologica da Covid19, stabilendo il termine di 30 giorni entro il quale l’accesso deve essere reso possibile. Il presidente della terza sezione del consiglio di Stato ha ritenuto opportuno demandare la decisione cautelare al collegio, fissando la camera di consiglio per il prossimo 10 settembre, per non pregiudicare definitivamente l’interesse dell’amministrazione contraria all’ostensione degli atti in attesa della decisione del collegio (che sarebbe inutile ad ostensione degli atti avvenuta), vista la materia “meritevole di approfondimento” giuridico. Non si tratta dunque di un ‘no’ alla desecretazione ma solo di una sospensiva per non vanificare la decisione del collegio, che è sempre necessaria.

Il 23 luglio scorso il Tar del Lazio aveva accolto il ricorso presentato dai giuristi della Fondazione Einaudi avverso il diniego di accesso agli atti, opposto dal governo sui verbali del comitato tecnico scientifico, posti a base dei Dpcm emessi durante il lockdown, di cui avevano chiesto copia. Gli avvocati della Fondazione (Todero, Pruiti Ciarello e Palumbo) avevano chiesto che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte rendesse disponibili i verbali del comitato tecnico scientifico. In tali Dpcm, le misure restrittive di diritti e libertà di rango costituzionale, imposte agli italiani, risultavano motivate sulla scorta delle valutazioni operate dal Comitato Tecnico Scientifico. I verbali che contengono quelle valutazioni, nonostante siano riportate in tutti i Dpcm come motivazione e giustificazione di quegli atti, non sono mai stati pubblicati dal Presidente del Consiglio dei Ministri. I tre giuristi hanno così “ritenuto necessario chiedere la copia di quei verbali, attraverso l’accesso generalizzato agli atti amministrativi, al fine di consentire agli italiani di conoscere le vere motivazioni per le quali, durante l’epidemia da Covid-19 sono stati costretti in casa, anche in quelle regioni o in quei territori dove non si sono registrati casi di infezione ma il Governo, e per esso il Capo della Protezione Civile Angelo Borrelli, si è rifiutato di consegnare quei verbali”.

Nel decreto del CdS si rilevava che tali verbali “hanno costituito il presupposto per l’adozione di misure volte a comprimere fortemente diritti individuali dei cittadini, costituzionalmente tutelati ma non contengono elementi o dati che la stessa appellante abbia motivatamente indicato come segreti;” e che “le valutazioni tecnico-scientifiche si riferiscono a periodi temporali pressocche’ del tutto superati” e che “la stessa Amministrazione, riservandosi una volontaria ostensione fa comprendere di non ritenere in esse insiti elementi di speciale segretezza da opporre agli stessi cittadini”. Nel decreto monocratico si leggeva anche che “non si comprende, proprio per la assoluta eccezionalità di tali atti” perché debbano essere inclusi “nel novero di quelli sottratti alla generale regola di trasparenza e conoscibilità da parte dei cittadini, giacché la recente normativa – ribattezzata freedom of information act sul modello americano – prevede come regola l’accesso civico” e come eccezione la non accessibilità.

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