Varoufakis, il referendum e i ricatti dell'UE

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-03-08

Una consultazione popolare sulle misure in Grecia è lo spauracchio del ministro delle finanze e del leader di Greci Indipendenti, Kammenos. Ma Atene intanto rifiuta altri prestiti e punta su un piano di investimenti europeo. L’Eurogruppo decide domani sulle riforme

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L’intervista di Yanis Varoufakis raccolta da Danilo Taino del Corriere della Sera durante un convegno dell’Aspen Institute parla addirittura di un referendum sull’euro come extrema ratio in caso l’Unione Europea non accetti le proposte di Syriza. L’affermazione, che arriva subito dopo che Alexis Tsipras aveva chiesto ai suoi ministri di parlare di meno e fare di più, è contenuta in una serie di domande in cui prima di tutto si parla di Grexit come un pericolo:

«Chi viene a investire in Grecia se si parla continuamente di “Grexit”, della nostra uscita dall’euro? Parlare di “Grexit” è velenoso. Quando cesserà, e questa è una scelta politica, ci sarà un rimbalzo, molta esuberanza, persino il rischio che si creino bolle. Per questo voglio che la ripresa abbia basi solide. E queste vengono dall’accordo con l’Europa».
Senza un accordo a Bruxelles potreste avere problemi ad Atene?
«Credo che il governo sopravvivrebbe comunque. La nostra grande forza è il legame di fiducia con la gente: noi non mentiamo ai greci. Dopo cinque anni in cui l’establishment ha sostenuto di volere salvare la Grecia, e ha messo tutto sulle spalle dei poveri, la gente capisce. Mi ferma per strada e mi chiede solo di dire la verità e di ridare dignità al Paese».
Se però Bruxelles non accetta il vostro piano…
«Potrebbero esserci problemi. Ma, come mi ha detto il mio primo ministro, non siamo ancora incollati alle poltrone. Possiamo tornare alle elezioni. Convocare un referendum (sull’euro,ndr)».

La questione del referendum è legata a una crisi politica e a uno scenario che porterebbe di nuovo alle urne la Grecia, in un momento in cui Syriza è molto forte nei sondaggi, ma è anche frutto di una strategia ben delineata: Alexis Tsipras ha ricevuto il mandato dai greci con l’obiettivo di ridiscutere il salvataggio senza uscire dall’euro. Per questo motivo – e quindi per rispettare il mandato elettorale – Syriza non può scegliere una strategia alternativa come valutare l’uscita dall’euro senza ascoltare gli elettori. I quali, tuttavia, erano stati già abbastanza chiari negli anni precedenti, premiando il partito di Tsipras soltanto quando ha cambiato politica sulla moneta unica. Anche se le parole di Varoufakis non possono non essere accoppiate a quelle di Panos Kammenos, il leader di Greci Indipendenti che puntella in parlamento la maggioranza di Syriza, che proprio ieri aveva pronunciato la fatidica parola “referendum”: Se i creditori, quindi anche i partner dell’eurozona e le istituzioni (l’ex troika: Ue, Bce, Fmi), continueranno ad alzare la pressione sulla Grecia, attesa all’esame sul pacchetto di riforme lunedì all’Eurogruppo, la possibile risposta potrebbe essere un «referendum», ha detto in un’intervista al giornale Agora. Anche qui, scarsa chiarezza sulla proposta, che è sembrata più una pistola da mettere sul tavolo che una opzione reale.
Edit: Varoufakis ha smentito di voler effettuare un referendum sull’euro. Maggiori informazioni nella nota in calce all’articolo
 
VAROUFAKIS, IL REFERENDUM SULL’EURO E I RICATTI DELL’UE
Ecco perché l’ipotesi sembra un’extrema ratio, per ora. Varoufakis però torna a parlare anche di un altro argomento, ovvero dell’atteggiamento dell’Unione Europea nei suoi confronti, dopo le indiscrezioni su un terzo salvataggio uscite dalla Spagna e da Bruxelles, e poi ufficialmente smentite. Puntando il dito proprio sul problema del presunto salvataggio: «Non credo sia necessario un nuovo prestito. Non torneremo nel meccanismo del prestito in cambio di un programma da rispettare. L’idea che proponiamo ai partner europei è quella di un progetto che ridia alla Grecia la possibilità di crescere e fermare la crisi umanitaria». E qui è importante sottolineare che un terzo prestito costituirebbe un ennesimo ricatto dell’Unione Europea nei confronti di Atene. Perché presumerebbe un controllo sui bilanci ancora più stringente, e di fatto il ritorno della logica che aveva guidato i precedenti governi: farsi scrivere da altri i provvedimenti di politica economica e tornare sotto l’egida della Trojka. Varoufakis propone un’alternativa. Ovvero, un contratto sulla crescita fondato su tre punti essenziali:

Un «contratto sulla crescita» fondato su cosa?
«Tre punti essenziali. Un surplus di bilancio rivisto, quello previsto in passato strangolerebbe la Grecia. Una ristrutturazione del debito intelligente. Un piano di investimenti di grande portata».
Iniziamo con il surplus primario (prima del pagamento degli interessi sul debito) che i creditori vorrebbero al 4,5% del Prodotto interno lordo.
«Fare una percentuale oggi non ha senso. Dipende dalla bilancia dei conti correnti e dal rapporto tra investimenti e risparmi. Ora c’è troppo risparmio rispetto all’investimento. Dobbiamo cambiare senso alla situazione e, a quel punto, maggiore sarà l’investimento maggiore potrà essere il surplus del bilancio pubblico».
Ristrutturazione del debito: l’Eurogruppo l’ha esclusa più volte.
«Ma ci propongono di allungare le scadenze dei rimborsi e una diminuzione dei tassi d’interesse: cos’è questa se non una ristrutturazione? L’alternativa che proponiamo non ha l’obiettivo di fare pagare agli altri Paesi i nostri debiti, anzi proponiamo di remunerare di più i prestiti».
Qual è la proposta?
«La sostituzione del debito attuale con titoli legati alla crescita nominale (più il Paese cresce, maggiori interessi paga; meno cresce, meno ne paga, ndr). Niente di unilaterale. Ma vorrei che in Europa si capisse che è un modo per restituire più denaro, non meno. Inoltre, avrebbe l’effetto straordinario di dare il segnale che l’Europa è un nostro partner nella crescita».
Terzo, il piano di investimenti.
«Il mio modello è la Banca europea per gli investimenti (Bei). Per tutta l’Europa. C’è un enorme lago di liquidità in circolazione, la Bei può emettere grandi quantità di bond, raccogliere capitali tra gli investitori e impiegarli in buoni progetti. C’è il timore che un’operazione così faccia alzare i rendimenti che la Bei deve pagare? Se i suoi titoli li compra la Bce, come ha già deciso di fare in una certa misura, il problema è risolto».

LA TRATTATIVA CON L’EUROGRUPPO
Intanto arriva qualche spiraglio dall’Eurogruppo dopo la presentazione delle sette riforme di Varoufakis a Dijsselbloem. Fra queste l’ipotesi, che ha suscitato ironie, di reclutare studenti e turisti come ispettori del fisco ‘sotto copertura’, oltre a misure contro la ‘crisi umanitaria’, una riforma amministrativa e una stretta sulla riscossione delle tasse. Tuttavia lo stesso Varoufakis, da Venezia dove partecipava alle riunioni Aspen, non ha accennato a una risposta positiva. «Dijsselbloem ha risposto alla mia lettera. Il problema non sono le riforme, che la Grecia vuole», ma piuttosto «accordarci sul processo cui cui le riforme saranno specificate, realizzate e valutate così da andare all’esame dell’Eurogruppo». La proposta del ministro è che «l’elaborazione e valutazione del programma di riforma del governo siano discusse da team tecnici che s’incontreranno presto a Bruxelles». Una fonte vicina alla trattativa fa sapere che all’Eurogruppo di lunedì, in teoria chiamato a dare il via libere al primo pacchetto di riforme, «non si discuterà dei contenuti, ma delle procedure» per evitare un ritorno allo «status quo ante». Intenzione di Atene sarebbe rimettere mano al nodo mai risolto della ‘troika’ che va ad Atene e detta le sue condizioni. Un’ipotesi che rimetterebbe tutto in discussione, rischiando un nuovo stop alla discussione nel merito delle riforme e, di conseguenza, allontanando ogni anticipo di almeno una parte dei circa sette miliardi rimanenti del salvataggio che Atene vorrebbe venissero sborsati. Quello che è certo è che l’Europa vuole un negoziato tecnico che preceda le decisioni dell’Eurogruppo che, nel caso specifico delle sette riforme di Varoufakis, non è avvenuto. Come dire, a fare i conti non possono essere i ministri all’Eurogruppo armati di calcolatrice. L’atteggiamento di Bruxelles su quello che sarebbe di fatto uno spostamento della troika da Atene a negoziati tecnici a Bruxelles, poi, resta tutto da vedere. Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, assicura che “non ci sarà mai un Grexit”, e secondo fonti europee incontrerà nei prossimo giorni, prima del vertice Ue del 19 e 20 marzo, il premier greco Alexis Tsipras. Ma il fatto che l’incontro con Tsipras non avverrà prima dell’Eurogruppo di lunedì segnala probabilmente che Juncker è divenuto più prudente dopo i mugugni di Berlino. La Bce, che Tsipras accusa di tenere la Grecia “con il cappio al collo” avrebbe intanto messo nel mirino i crediti d’imposta che costituiscono una parte cospicua del capitale delle banche greche. Per far fronte alle necessità finanziarie, il governo avrebbe incamerato 450 milioni del fondo per ricapitalizzare le banche e aumentato la pressione per avere liquidità dalle riserve dai fondi pensione. Ma anche dopo queste misure d’emergenza la Grecia registrerebbe un ammanco di circa un milione di euro nel solo mese di marzo.
Edit: Varoufakis smentisce di aver parlato di referendum sull’euro con il Corriere della Sera:
Il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis intendeva “un referendum sulle misure” da adottare per uscire dalla crisi e non un referendum sull’euro. Così fonti del governo di Atene precisano le dichiarazioni di Varoufakis rilasciate nell’intervista al ‘Corriere della Sera’. L’ipotesi di un referendum, sulle misure del Governo, secondo un portavoce di Atene non è “uno scenario di base” e anzi viene definita un’ipotesi “sfortunata”, in quanto significherebbe che i negoziati con i creditori sono falliti. Cosa che l’esecutivo ellenico non si augura. Sull’Eurogruppo di domani a Bruxelles infine, il governo greco non si aspetta che venga dato il via libera a tranche di aiuti.
Edit2: come puntualmente previsto dal ministero greco, oggi la UE fa sapere che nessuna tranche di aiuti verrà versata alla Grecia nel mese di marzo. Lo ha assicurato il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem parlando ad Amsterdam. Anche perché, fa sapere sempre Dijsselbloem, la lista di riforme che la Grecia ha inviato all’Ue in vista dell’Eurogruppo di domani è “lontana dall’essere completa” e per essere attuata richiederà “tempi lunghi”.

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