Vakhtang Enukidze: l’autopsia dice che non è morto di botte (?)

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-01-27

Secondo il medico legale del Garante dei detenuti il cittadino georgiano morto al CPR di Gradisca non è deceduto a causa delle botte degli agenti

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Vakhtang Enukidze, il cittadino georgiano detenuto al Cpr di Gradisca d’Isonzo e morto in ospedale alcuni giorni fa, non sarebbe deceduto a causa di percosse ricevute. Lo ha detto all’agenzia di stampa ANSA Lorenzo Cociani, medico legale del Garante dei detenuti.  “Per avere un quadro completo degli esami occorrerà attendere l’esito degli esami tossicologici e istologici, ma intanto, macroscopicamente possiamo dire che non ci sono lesioni traumatiche importanti”, ha specificato Cociani. Il medico legale ha definito questa una “buona notizia”, che segue “varie boutades che sono state quanto meno inopportune, pronunciate da più parti”. Eppure alcuni detenuti del CPR hanno diffuso una testimonianza audio che racconta una versione dell’accaduto:

È inizio settimana, V. non trova il telefono, non vuole tornare in cella, resiste, viene picchiato finché non ne può più. Viene buttato in cella, nella rabbia prende un ferro in mano e si fa male allo stomaco. Dopo viene portato in infermeria, non più di una ventina di minuti, torna e si mette a dormire, forse per i farmaci. Raccontano che il suo corpo era rosso dai lividi.

Il giorno dopo si sveglia, aveva accettato di essere estradato e riportato in Georgia, i compagni di prigionia dicono che gli fosse stato detto di fare le valigie per partire. Alle 20 però torna.

Sta presumibilmente due giorni nel CPR, sta male, per le manganellate e per il colpo nello stomaco, chiede aiuto senza essere soccorso.

Allora comincia a gridare, arriva la polizia che chiede a un suo compagno di cella di collaborare passandogli fuori un ferro. Quando V. lo vede aiutarli si arrabbia e i due iniziano a litigare, allora la polizia entra e in otto accerchiano V., iniziano a picchiarlo a sangue, si buttano su di lui con forza finché non sbatte la testa contro il muro.

Lo bloccano con i piedi, sul collo e sulla schiena, lo ammanettano e lo portano via. “Lo stavano tirando con le manette come un cane, non puoi neanche capire, questo davanti a noi tutti” ci ha spiegato un altro suo compagno recluso.

Non dicono più niente a nessuno, raccontano agli altri detenuti che lo stanno processando. Poi ieri qualcuno origlia una conversazione e scopre che è morto. I compagni avvisano la moglie a casa, lei chiama il CPR e nessuno le risponde.

Anche altre fonti hanno raccontato di botte e ginocchiate ricevute da dieci agenti della polizia.

Leggi anche: Vakhtang Enukidze: «Botte e ginocchiate da dieci agenti al CPR di Gradisca»

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