La prima sperimentazione del vaccino per COVID-19 in Africa

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-06-25

È cominciata mercoledì in Sudafrica. L’Università del Witwatersrand a Johannesburg (Wits) collabora alla sperimentazione insieme all’Università di Oxford e all’Oxford Vaccine Group. Il nome tecnico del vaccino è ChAdOx1 nCoV-19

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Da mercoledì in Sudafrica è cominciata la sperimentazione del vaccino dell’università di Oxford per il Coronavirus SARS-COV-2 e per COVID-19- Lo stato ha un terzo dei casi confermati nel continente (oltre 106mila con 2100 morti) anche se ci sono molte aree in cui le rilevazioni non vengono effettuate.

La prima sperimentazione su larga scala del vaccino per COVID-19 in Africa

Il numero di casi diagnosticati ammonta attualmente a 325mila ma i paesi hanno dovuto allentare le restrizioni sotto la pressione dei cittadini che non erano in grado più di mettere assieme il pranzo con la cena, mentre la carenza di materiali per i test e delle forniture mediche rimane un problema se l’epidemia dovesse prendere ulteriore forza. John Nkengasong, capo dei Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie in Africa, ha detto che la pandemia nel Continente è arrivata in ritardo ma sta accelerando molto rapidamente: secondo Salim Abdool Karim, presidente del comitato scientifico del Sudafrica per COVID-19 Camerun, Uganda, Tanzania, Kenya e Sudafrica hanno capacità di sperimentazione clinica altamente sviluppate mentre secondo l’OMS tutti i paesi hanno oggi la possibilità di testare la positività al Coronavirus: a febbraio erano soltanto due.

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Coronavirus: i numeri della pandemia nel mondo (Corriere della Sera, 25 giugno 2020)

L’Università del Witwatersrand a Johannesburg (Wits) collabora alla sperimentazione insieme all’Università di Oxford e all’Oxford Vaccine Group. Il nome tecnico del vaccino è ChAdOx1 nCoV-19, poiché è costituito da un virus chiamato ChAdOx1, che è una versione indebolita e non replicante di un comune virus del raffreddore (adenovirus); un accordo europeo per l’acquisto delle dosi è stato firmato il 13 giugno scorso. C’è attualmente una sperimentazione anche nel Regno Unito, dove oltre 4000 partecipanti sono già stati arruolati nella sperimentazione clinica e si prevede di arrivare a 10mila. Shabir Madhi, professore alla Wits University e direttore dell’unità di ricerca sui vaccini e le malattie infettive (VIDA) del Consiglio per la ricerca medica in Sudafrica (SAMRC), a capo della sperimentazione VIDA del vaccino che è definito Ox1Cov-19 ha spiegato che i partecipanti allo studio sono stati selezionati la scorsa settimana e alla fine di questa verranno iniettate le prime dosi; lo studio è stato approvato dalla SAHPRA (South African Health Products Regulatory Authority) e dal Comitato etico dell’Università del Witwatersrand.

I macachi e il vaccino nella sperimentazione

A maggio una sperimentazione nel Regno Unito sui macachi aveva suscitato alcune critiche da parte di William Haseltine, ex professore della Harvard Medical School. All’epoca, faceva sapere IRBM, azienda di Pomezia che sta lavorando sul vaccino con l’Istituto Jenner di Oxford e il colosso farmaceutico AstraZeneca, “è stato pubblicato un preprint nel quale sono riportati gli studi effettuati sui macachi sulla base dei quali è stato approvato dall’Agenzia regolatoria inglese il piano di sperimentazione clinica sull’uomo del candidato vaccino. I dati mostrano inequivocabilmente che gli animali non vaccinati presentavano chiare prove di polmonite virale all’autopsia, ma nessuno di quelli vaccinati aveva invece contratto la polmonite”. Secondo l’azienda, “è importante sottolineare che non è stata osservata alcuna evidenza di malattia immunitaria potenziata a seguito di una sfida virale negli animali vaccinati”. Sulla base di tali risultati e degli studi attualmente in corso, sottolineava IRBM, “il governo inglese ha deciso di supportare con un ulteriore finanziamento il progetto in corso di sperimentazione su cinquecentodieci volontari sani in Inghilterra”. “Il macaco non si è ammalato, sono stati pubblicati i risultati dei test sugli animali è stato evidenziato che in uno dei macachi erano rimaste tracce del virus all’interno del naso, il macaco sta benissimo l’unico problema è eventualmente che gli può venire una rinite o un raffreddore. Si tratta di trovare la dose giusta del vaccino”, aveva risposto nel merito ad Haseltine Piero Di Lorenzo, presidente e ad della Irbm.

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Il vaccino utilizza un vettore virale di scimpanzé con deficit di replicazione basato su una versione indebolita di un comune virus del raffreddore (adenovirus), che causa infezioni negli scimpanzé e contiene il materiale genetico della proteina spike SARS-CoV-2. Dopo la vaccinazione, viene prodotta la proteina spike superficiale, la quale attiva il sistema immunitario affinché attacchi il virus COVID-19 se questo dovesse in seguito infettare l’organismo. Il vettore adenovirus ricombinante (ChAdOx1) è stato scelto per generare una forte risposta immunitaria già da una singola dose e non è replicante, quindi non può causare un’infezione nell’individuo vaccinato.

Immagine di copertina da: Oxford University

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