Vi prego, date un time out a Zingaretti e un tutore a Di Maio

di Elio Truzzolillo

Pubblicato il 2019-08-31

La giornata di ieri ci ha detto chiaramente che Nicola Zingaretti ha urgente bisogno di un time out per rifiatare, mentre Luigi Di Maio ha necessità di un tutore. Partiamo dal segretario del PD. All’inizio Zingaretti si era pubblicamente esposto negando ogni possibile dialogo con il M5S. In un secondo momento, travolto dalla volontà di …

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La giornata di ieri ci ha detto chiaramente che Nicola Zingaretti ha urgente bisogno di un time out per rifiatare, mentre Luigi Di Maio ha necessità di un tutore.

di maio conte bis camera - 5

Partiamo dal segretario del PD. All’inizio Zingaretti si era pubblicamente esposto negando ogni possibile dialogo con il M5S. In un secondo momento, travolto dalla volontà di Grillo, Renzi e dei parlamentari in generale (perché signora mia uno stipendio sicuro oggi è importante), ha aperto alla trattativa. Teoricamente partiva da una posizione di forza in quanto le elezioni sarebbero un disastro per il M5S e una quasi certa occasione di aumento dei parlamentari per il PD. In aggiunta Zingaretti potrebbe sostituire i parlamentari di nomina renziana con altri fedeli alla sua linea (stiamo ipotizzando che Zingaretti abbia una sua linea politica, ovviamente, e non abbia solo mansioni di mediazione e rappresentanza). Nonostante questa forza contrattuale, il richiamo alla discontinuità e il no a un Conte bis sono stati rimangiati in pochi giorni sotto le pressioni di un PD che spingeva per un accordo a qualunque costo. Persino il nodo relativo all’ultima linea difensiva, cioè il no a Di Maio vicepremier, non è stato sciolto prima delle ultime consultazioni con il presidente Mattarella ed è stato rimandato. Nel frattempo Zingaretti si è perso per strada il già oscuro punto sulla democrazia rappresentativa da far accettare al M5S (ricordate i 5 punti?). Infatti Di Maio ha deciso di rimandare ogni decisione definitiva al voto sulla piattaforma Rousseau, rendendosi protagonista di uno sgarbo istituzionale al presidente Mattarella, sgarbo che, forse, il presidente ha incassato con troppo fair play.

Apriamo qui una parentesi: è appena il caso di osservare che ogni partito ha il diritto di determinare come crede le proprie posizioni, ma ha anche il dovere, per lealtà istituzionale, di calibrare i tempi di queste decisioni presentandosi al presidente della repubblica con una chiara indicazione e con la massima buona fede. Chiudiamo questa parentesi supponendo che il presidente abbia chiesto informalmente che il quesito su Rousseau sia depotenziato nel contenuto (qualcosa tipo: “Volete voi che il M5S tenti di realizzare le sue gloriose politiche anche se Salvini ha tradito?). Torniamo ora al tema principale. Ieri Zingaretti ha raggiunto il massimo della confusione mentale quando ha ceduto pubblicamente anche sull’ultima delle tre condizioni che facevano da corollario ai cinque punti (lo so, tra punti, contro punti, condizioni, richieste inderogabili e corollari si rischia di perdere il filo, ma questa è la serietà della nostra classe politica). Ci riferiamo alla richiesta abrogare o superare i due “decreti sicurezza” che non riguardano, badate bene, solo la questione dei naufraghi.  Zingaretti, infatti, dopo il colloquio con Conte ha testualmente affermato davanti ai giornalisti:

“Abbiamo proposto al presidente che anche sui cosiddetti, chiamati, decreti sicurezza si proceda nelle forme dovute almeno al recepimento delle indicazioni che sono pervenute dal presidente della repubblica”.

In altre parole Zingaretti ha dichiarato pubblicamente di accontentarsi del recepimento dei rilievi che Mattarella ha fatto al momento della promulgazione della legge di conversione del decreto sicurezza bis (il primo decreto neanche si discute). C’è quindi poco da arrabbiarsi per le dichiarazioni bellicose che Di Maio ha fatto poco dopo sullo stesso tema. Zingaretti ha già dato il suo placet alle politiche ispirate da Salvini (immagino che qualcuno glielo farà notare e tornerà sui suoi passi). Decisamente siamo davanti ad uno Zingaretti frastornato e bisognoso di una pausa per riprendere fiato e riordinare le idee.

di maio conte bis camera - 2

Di Maio invece sta giocando una partita tutta sua (con in mente il bene del paese ovviamente). L’unico suo vero obiettivo pare quello di non essere ridimensionato politicamente. Da questo obiettivo nascono le sue insistenze per la carica di vice premier che di per sé non porta nessun potere rilevante (non è neanche prevista in costituzione). Tuttavia non ottenerla significherebbe rendere palese una sua retrocessione rispetto al ruolo che ricopriva nel governo precedente. La cosa è ancor più vera se si considera che presumibilmente sarà destinato a un ministero meno prestigioso di quello che aveva prima. Credo si possa dire senza tema di smentita che Di Maio in questo momento è il politico italiano più attaccato alla poltrona. Questo è davvero surreale per uno che ha fatto del “poltronismo” l’accusa principale ai suoi avversari. Persino Beppe Grillo, che è più megalomane di lui, ha lanciato qualche chiaro segnale d’insofferenza per l’attaccamento al potere del capo politico del M5S. Il ragazzo, però, già da un po’ di tempo ha perso contatto con la realtà spingendo la sua propaganda oltre i limiti della credulità dei fan più estremisti. Il famoso video in cui accusa il PD di essere il partito dell’elettroshock ai bambini è davvero troppo anche per lui. Tra lui e Salvini (con i suoi baci al rosario) non si saprebbe dire chi è andato più fuori giri. Ieri Di Maio con un colpo di bacchetta magica ha raddoppiato i punti irrinunciabili per il M5S da dieci a venti, minacciando di fare saltare la trattativa.

nicola zingaretti giuseppe conte

Inoltre continua a far dire ai suoi fedelissimi che chi è contro di lui è contro l’intero movimento (chiaro messaggio a uso interno più che esterno). Ha trasformato in un comizio (altra sgrammaticatura istituzionale) le sue dichiarazioni dopo le consultazioni con il presidente incaricato, vantandosi di avere rifiutato per ben due volte la carica di presidente del consiglio (in realtà le cose non stanno esattamente così). La sua nauseante retorica da bimbo di 12 anni ha raggiunto il livello di saturazione. Lo si può umanamente capire, si è ritrovato poco più che trentenne a essere l’uomo più potente d’Italia senza meriti, senza preparazione e senza particolari qualità intellettuali, fatto che, tra l’altro, è anche un segnale sconfortante della condizione del nostro paese. È stato osannato da milioni di persone e incensato da giornalisti e intellettuali, come può finire tutto questo di colpo? Se pensate che parliamo di una persona che ha minacciato l’impeachment al presidente della repubblica quando il suo sogno di governare è sembrato andare in fumo, forse è meglio che qualcuno gli affianchi un tutore politico prima che vada fuori controllo.

Leggi sull’argomento: L’unico risultato del decreto sicurezza rivendicato da Di Maio è far morire più persone in mare

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