Le tre macroaree per la riapertura: l’ipotesi di divisione dell’Italia nella fase 2

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-17

Gli esperti della task force che dovranno fornire al governo gli indirizzi generali per la fine del lockdown per l’emergenza Coronavirus studiano una soluzione che prevede riaperture differenziate per macroaree a seconda della diffusione del contagio, con un monitoraggio ogni 15 giorni per verificare la tenuta del contenimento e, in caso di insuccesso, procedere a nuove chiusur

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L’agenzia di stampa ANSA scrive che gli esperti della task force che dovranno fornire al governo gli indirizzi generali per la fine del lockdown per l’emergenza Coronavirus studiano una soluzione che prevede riaperture differenziate per macroaree a seconda della diffusione del contagio, con un monitoraggio ogni 15 giorni per verificare la tenuta del contenimento e, in caso di insuccesso, procedere a nuove chiusure.

Le tre macroaree per la riapertura: l’ipotesi di divisione dell’Italia nella fase 2

Stando a questa ipotesi, l’Italia verrebbe sostanzialmente suddivisa in 3 macroaree (Nord, Centro e Sud) in base alla diffusione del contagio. Secondo questa interpretazione laddove la diffusione del virus è maggiore, dovrebbero rimanere misure più stringenti, soprattutto per quanto riguarda la mobilità tra una zona e l’altra, sia all’interno delle macroaree sia tra una macroaerea e l’altra. In quelle dove invece il virus ha colpito in maniera meno importante si potrebbero prevedere riaperture più ampie. All’interno delle stesse macroaeree, inoltre, dovrebbero essere individuate ulteriori suddivisioni tra zone a maggiore e minore diffusione: al nord, per esempio, regioni come Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia, hanno una situazione diversa da Piemonte, Lombardia e Veneto.

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Coronavirus: i dati per regione (La Repubblica, 17 aprile 2020)

Proprio ieri il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro aveva parlato di «tre Italie alle prese con il Covid-19». Spiega oggi Repubblica in un articolo a firma di Luca Fraioli:

Si va dalla Lombardia, con i suoi 63mila casi, al Molise e alla Basilicata che ne hanno registrati circa 300 ciascuno. È dunque naturale chiedersi se la tanto agognata Fase 2 debba essere uguale per tutti. Se per esempio, la chiusure di scuole, università e attività produttive debba riguardare ogni regione allo stesso modo. O se invece, vista la diversa diffusione dell’infezione, non si possa optare per una riapertura differenziata. «Dilemma non semplice», ammette Sergio Romagnani, professore emerito di immunologia all’Università di Firenze.

«In teoria chi ha avuto più casi ha una popolazione che è entrata in contatto maggiormente con il virus e quindi, paradossalmente, potrebbe accelerare la riapertura. Tuttavia, persino in Lombardia si parla di un percentuale di contagi che ha riguardato il 10-15% della popolazione, una quota ben lontana dall’immunità di gregge che si raggiunge con il 60-70%. Inoltre, le regioni più colpite non è detto che siano le meglio preparate ad affrontare un eventuale ritorno di fiamma dell’epidemia».

In questa ottica la task force guidata da Vittorio Colao starebbe in realtà valutando l’ipotesi di una riapertura differenziata a seconda della “densità produttiva”: far tornare al lavoro prima chi vive in aree dove la concentrazione di aziende è relativamente bassa.

Il piano del governo dal 27 aprile al 4 maggio

Secondo i piani del governo di cui parlava oggi il Messaggero dal 27 aprile potrà riaprire tutta la filiera automotive. Ovvero dalle fabbriche meccaniche, ai concessionari sino alle officine che in parte hanno continuato a funzionare sulla base del protocollo del 9 aprile: obbligo di mascherina per il personale, rilevazione delle temperature prima dell’ingresso in azienda, mantenimento della distanza di un metro, sanificazione degli ambienti, procedure per evitare assembramenti nelle mense e negli spogliatoi, uso dello smart working e formazione del personale. Pronta a riaprire anche la filiera della moda, tanto più che molte fabbriche hanno già riaperto chiedendo l’autorizzazione al prefetto competente.

L’idea è quella di aperture differenziate tenendo conto delle caratteristiche dei vari territori. Un riavvio nazionale lasciando spazi alle regioni, a quelle che hanno un numero ridotti di contagi verrebbe infatti lasciata la facoltà di anticipare la riapertura di attività “non distanziate”. In Basilicata, per fare un esempio, potrebbero riaprire prima barbieri, parrucchieri e estetisti, che non in Lombardia. Ma al lavoro, shopping, tempo libero, ci attende una vita a turni scaglionati, In fila. Ovviamente sempre con mascherine, guanti e distanze. Ma soprattutto quasi tutti i tre milioni di lavoratori in smart working potrebbero dover rimanere a casa ancora per un bel po’ di mesi. Il commercio, che è uno dei settori più esposti al contagio nei due sensi, deve comunque ripartire per rimettere in moto il più.

riaperture fase 2 4 maggio 27 aprile

Ieri è stata un’altra giornata frenetica di videoconferenze, telefonate a tutto campo tra quasi tutti gli interlocutori tecnici a vario titoli coinvolti, più esponenti di Mise, Salute, palazzo Chigi, Interno, per monitorare la situazione e promuovere la fase 2 che, è ormai certo, non partirà lunedì 20. Si cerca quindi di riaprire qualcosa sette giorni dopo, ma non c’è piena condivisione anche se sarà difficile mancare il 4 maggio, giorno indicato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte come quello in cui l’Italia-spa rialzerà le saracinesche.

Tutto dovrebbe avvenire sulla base della curva epidemiologica, della tavola sinottica dimostrativa, dell’esperienza fatta i altri paesi e applicata in Italia: per comparti, per grado di rischi, di protezioni e della capacità di resilienze. Ma soprattutto al termine di un continuo braccio di ferro fra Roma e le regioni che si cercherà di comporre nel weekend nella riunione annunciata dal ministro Francesco Boccia. Sta spuntando anche la propostadi matrice governativa di fare un tavolo tra Sviluppo, Salute, Presidenza del Consiglio.

La ripresa si articolerà con regole stringenti in ogni settore. I trasporti avranno capienza dimezzata su bus e treni con posti a sedere alternati e forse si lavorerà su 7 giorni e non su 5. Anche sugli aerei non si potrà viaggiare fianco a fianco e ci saranno i termoscanner all’ingresso. Per quanto riguarda i negozi l’attività commerciale verrà pulita e disinfettata due volte al giorno e il personale dovrà indossare guanti e mascherine mentre i clienti potranno utilizzare il gel disinfettante e i dispositivi di protezione individuale. Si potrà entrare una persona alla volta nelle attività che hanno a disposizione meno di 40 metri quadri. Si parla anche di luci e led per segnalare le “violazioni” della distanza. E ancora: per quanto riguarda la scuola i presidi delle scuole danesi comunque hanno dovuto fare ricorso a tutta la fantasia disponibile chiedendo alle vicine chiese (ove disponibili) di ospitare alcune classi o trasferendo alcune lezioni nei cortili esterni. Per quello che si sa in Italia si sta pensando di ridurre gli alunni per ogni classe, di aumentare i turni e di scaglionare gli ingressi.

foto copertina da qui

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