SURE – Support to mitigate unemployment risks in emergency: il piano per la cassa integrazione europea

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-04-02

Un piano che attraverso 25 miliardi di garanzie permetterà di finanziare le casse integrazioni nazionali per supportare le attività produttive durante l’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19. Ma si tratta comunque di prestiti senza alcuna condivisione del rischio. E anche se arrivasse a 100 miliardi, rappresenterebbe al massimo lo 0,8% del PIL dell’eurozona

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La Commissione Europea lancia SURE (Support to mitigate unemployment risks in emergency), ovvero un piano che attraverso 25 miliardi di garanzie permetterà di finanziare le casse integrazioni nazionali per supportare le attività produttive durante l’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19.

SURE – Support to mitigate unemployment risks in emergency: il piano per la cassa integrazione europea

Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha dichiarato che la mobilitazione totale che si aspetta di raggiungere l’UE è di 100 miliardi di euro e che potranno farne richiesta tutti i 27 paesi dell’Unione che ne avranno bisogno. “Abbiamo anche eliminato alcune condizioni restrittive per accedere ai fondi europei, dando piena flessibilità alle regioni e ai Paesi. Questo permetterà agli Stati di accedere a tutti i fondi di cui hanno diritto in tempi brevi”. Ad oggi, ha detto la von der Leyen, “l’Ue ha mobilitato 2.770 miliardi di euro, la più alta risorsa finanziaria nella storia europea”. La Commissione, continua von der Leyen, “fornirà prestiti agli Stati che ne hanno bisogno, per rafforzare i loro schemi di lavoro a orario ridotto. Questi schemi esistono in tutta l’UE, quindi Sure può aiutare tutti i Paesi che vorranno utilizzarlo”.

Nella lettera pubblicata da Repubblica in cui si scusava per l’approccio nei confronti dell’Italia da parte degli altri paesi europei la von der Leyen ha anche aggiunto che i prestiti saranno garantiti da tutti gli Stati membri – dimostrando così vera solidarietà europea.

Tutti i Paesi membri contribuiranno a rendere possibile questo nuovo strumento, che si chiama “Sure”. Aiuterà lavoratori e impiegati, aiuterà le aziende e sarà una boccata d’aria fresca per le finanze pubbliche italiane. Questo sostegno europeo alla cassa integrazione aiuterà a salvare posti di lavoro – anche in un momento di minore attività. Quando la quarantena sarà finita, e la domanda e gli ordinativi torneranno a crescere, quelle stesse persone potranno tornare a lavorare a tempo pieno. E questo è fondamentale per far ripartire al più presto il motore dell’economia europea.

Paolo Gentiloni, commissario Ue all’Economia, ha plaudito all’iniziativa: “È il primo passaggio simbolico storico alla messa in comune del debito, dell’impegno attuale e futuro. Non è solo per avere benevolenza dai paesi riluttanti, stiamo parlando di mettere insieme le forze economiche per una situazione di emergenza. I Sure bond sono il primo esempio e penso che ce ne saranno altri. Il MES nasceva in un’altra crisi in cui c’erano alcuni Stati da salvare (Grecia, Portogallo, etc.) con condizioni pesantissime, questo strumento così concepito non è’ adatto alla crisi attuale, ma ha ragione Conte, con diverse regole si potrebbe usare, ma non ci fossilizziamo soltanto su questa questione. Abbiamo degli obbiettivi comuni e li dobbiamo finanziare in comune. Attraverso al Banca europea di investimenti emetteremo liquidità per le imprese. Bond non è una parolaccia stiamo parlando di bond comuni europei”.

Il problema di SURE

Ma, secondo chi ha letto l’accordo alla base del Support to mitigate unemployment risks in an emergency (SURE), non sembra ancora adeguato a rispondere alla crisi economica generata dall’emergenza. Gregory Claeys di Bruegel spiega che SURE si basa sull’articolo 122.2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e quindi è simile all’European Financial Stability Mechanism del 2010, anche se in questo caso i prestiti non si basano sul bilancio dell’Unione Europea ma sulle garanzie degli Stati Membri, che così gli consentono di arrivare a una capacità di prestito pari a 100 miliardi di euro. C’è di buono che il sussidio è incondizionato a parte la condizione di finanziare soltanto i sussidi temporanei, e così fornisce un incentivo a tutti gli stati membri per creare sistemi coordinati di risposta sociale all’interno dell’Unione Europea. Ma si tratta di prestiti, quindi non si condivide in alcun modo l’onere della crisi anche se Gentiloni parla di primo passaggio di messa in comune del debito.

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In più l’enorme cifra di 100 miliardi in realtà rappresenta lo 0,8% del Prodotto Interno Lordo dell’Eurozona: per affrontare degnamente una crisi come questa, spiega Claeys, ce ne vorrebbero mille. In più, date le sue dimensioni non aiuterà molto la BCE nel PEPP o a sostituire le obbligazioni sovrane nazionali con quelle sovranazionali, che sono il vero centro della proposta dei 14 paesi dell’Unione Europea a cui i paesi del Nord si oppongono e sul quale si cerca una mediazione. Proprio oggi è stato pubblicato un appello congiunto di economisti e intellettuali italiani e tedeschi, ma anche una lettera pubblicata da Die Zeit firmata da intellettuali, artisti, politici ed economisti, tra cui spicca Jürgen Habermas. Tra i firmatari ci sono gli ex ministri Barca e Bonino, l’ex premier Letta, gli economisti Boeri e Cottarelli, l’attrice Lella Costa. Insieme a loro, dalla Germania, gli economisti che già dieci giorni fa avevano sottoscritto un appello per gli eurobond, ma anche accademici, intellettuali e professionisti. Questa è la direzione giusta. Il resto è un palliativo. Che non ti ammazza, ma nemmeno ti cura.

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