Stadio della Roma a Tor di Valle, il parere “segreto” dell’Avvocatura diceva che si poteva fermare

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-02-18

L’avvocatura capitolina sosteneva che si potesse tornare indietro senza pagare penali. Ovvero l’esatto contrario di quello che ha scritto la sindaca Raggi sul Blog di Beppe Grillo (poi diventato Blog delle Stelle) nel febbraio 2017 per giustificare il suo sì al progetto (cambiato, in peggio)

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L’avvocato Andrea Magnanelli, legale dell’avvocatura capitolina responsabile del settore urbanistica, rispondendo ai dubbi della sindaca Virginia Raggi sull’operazione ereditata dall’amministrazione Marino e mettendo nero su bianco tutte le sue perplessità sul progetto presentato da Eurnova e dal club giallorosso, sosteneva che si potesse tornare indietro rispetto allo Stadio della Roma a Tor di Valle in un parere protocollato e poi secretato dalla prima cittadina.

Stadio della Roma a Tor di Valle, il famoso parere “segreto” dell’Avvocatura diceva che si poteva fermare

A raccontarlo oggi su Repubblica Roma è Lorenzo D’Albergo, che dice che quelle sette pagine riservate soltanto agli occhi della prima cittadina, oggi sono finite tra gli atti dell’inchiesta della procura della Corte dei Conti su Tor di Valle ed è possibile quindi leggerle. In particolare, l’avvocatura capitolina sosteneva che si potesse tornare indietro senza pagare penali. Ovvero l’esatto contrario di quello che ha scritto la sindaca Raggi sul Blog di Beppe Grillo (poi diventato Blog delle Stelle) nel febbraio 2017 per giustificare il suo sì al progetto (cambiato, in peggio):

virginia raggi stadio della roma tor di valle

E cosa dice Repubblica?

Nonostante sia passata un’era dalla sua stesura e i 5S nel frattempo abbiano cambiato più e più volte pelle, il documento ha ancora oggi un peso. Eccome: per averne una copia, la Guardia di Finanza ha dovuto bussare prima alla porta dell’avvocatura di palazzo Senatorio. Poi, per due volte, a quella del capo di gabinetto, Stefano Castiglione. Alla fine, ecco il parere negato a più riprese ai consiglieri di maggioranza (ancora oggi divisi su Tor di Valle) e opposizione. Un atto che definisce «non vincolante» per il Comune la delibera votata dal consiglio comunale nel 2014 e apre a un suo eventuale annullamento in autotutela. Proprio quello che, a inizio consiliatura, buona parte della ciurma grillina ha chiesto senza troppa fortuna a Raggi.

Tanti i motivi, secondo l’avvocato Magnanelli, per tornare indietro: le cubature concesse ai privati (14% per lo stadio, 86% per il business park) provocano «perplessità». Al pari delle modalità con cui si prevedeva di finanziare le opere pubbliche, dall’ammodernamento della Roma-Lido al nuovo sistema viario. Seguono altri due possibili vizi. Le norme sulla realizzazione degli stadi puntano prima di tutto sul recupero degli impianti esistenti. La decisione di puntare su Tor di Valle, un’area non edificata, avrebbe dovuto essere puntualmente motivata nello studio di fattibilità del progetto. Senza le adeguate giustificazioni, avverte l’avvocatura dopo aver bocciato la delibera dell’Assemblea capitolina, c’è il «rischio di annullamento».

L’avvocatura aveva da dire la sua anche sull’area dell’intervento: per 86.716 metri quadrati (8% del totale) è di proprietà del Comune.

E qui, per i legali del Comune, è di nuovo la legge il faro da seguire: «In caso di interventi su aree di proprietà pubblica, il progetto è fatto oggetto di idonea procedura di evidenza pubblica». Ma per lo stadio non si ha memoria manifestazioni d’interesse o avvisi pubblici. Quindi le conclusioni: se mai si fosse aperto un contenzioso con i proponenti, l’annullamento in autotutela avrebbe potuto reggere. A patto che fosse stato motivato correttamente l’interesse pubblico a sostegno del dietrofront. Di sicuro in modo più convincente degli interessi dei privati.

Il resto, compreso Lanzalone e “lo stadio fatto bene”, è storia.

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