La partita dello Shogun, tra l’Impero e il Regno di Mezzo

di Claudio Landi

Pubblicato il 2018-10-17

È iniziata la Grande Partita politica del 21° secolo, la partita più difficile e più importante di Shinzo Abe. Il 25 ottobre andrà in scena a Pechino il teatro geopolitico del futuro loro e nostro. In teoria, Shinzo Abe vorrà tenere il piede in entrambe le scarpe, quella americana e quella cinese. Ci riuscirà?

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Il 25 ottobre, Pechino accoglierà, con tutti gli onori, Shinzo Abe, primo ministro del Giappone, Shogun riconfermato per un terzo mandato alla presidenza del partito di governo a Tokyo, il Partito liberal-democratico. Si tratterà della prima visita in Cina di un capo del governo nipponico in sette anni. Si tratterà di una visita molto molto importante. Per le relazioni fra i due giganti capitalistici dell’Asia, Cina e Giappone, e per gli assetti globali.

La partita dello Shogun, tra l’Impero e il Regno di Mezzo

Alla fine di agosto, Cina e Giappone hanno deciso di dare una accelerata allo stagnante processo negoziale per l’RCEP, l’area di libero scambio in Asia, denominata dagli specialisti, ‘Partnership regionale economica’ asiatica. L’RCEP languiva da anni tra le differenze di interessi dei paesi asiatici, e le rivalità strategiche sino-nipponiche. Alla fine di agosto, c’è stata la svolta politica: Cina e Giappone hanno abbandonato le loro rispettive posizioni intransigenti e hanno dato una scossa al negoziato. Una scossa che portò un signore molto prudente, e molto competente, il primo ministro della città-stato di Singapore, ad ipotizzare per la fine del 2018, addirittura un ‘accordo di massima’. In realtà, una intesa, di massima o di minima, per l’RCEP è ancora di là da venire, ma ora c’è la volontà politica dei due attori capitalistici chiave, Cina e Giappone, ad andare davvero avanti, e questo è il punto importante. A settembre poi, sono ripresi anche i negoziati per un altro accordo commerciale asiatico molto rilevante, l’FTA ‘trilaterale’, Cina-Giappone-Corea del sud. Insomma, di fronte alle campagne neo-protezionistiche dell’amministrazione Trump, le maggiori economie capitalistiche della regione economica più dinamica del mondo, il Far East, hanno risposto, quasi all’unisono, con l’integrazione economica multilaterale. Multilateralismo e libero commercio, guarda caso, sono precisamente i due temi chiave della visita di Shinzo Abe a Pechino, che inizierà, come abbiamo detto prima, il 25 ottobre, fino al 27 dello stesso mese: tre giorni, che saranno particolarmente ricchi di memoria storica e di colloqui strategici. Tra agosto e settembre, Cina e Giappone hanno dato attuazione pratica alla svolta politica e geopolitica decisa nei mei precedenti fra Li Keqiang, premier cinese e lo stesso Shinzo Abe. Appena Abe ha vinto le primarie per un terzo mandato nel suo partito, il Partito liberal-democratico, è scattata la nuova fase politico-diplomatica. Fra Pechino e Tokyo c’è una precisa pianificazione politica.

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Ovviamente a Washington, l’amministrazione Trump ha guardato a tutto ciò qualche ‘sospetto’: Cina e Giappone, nonostante la forte rivalità strategica, quasi-alleate contro il neo-protezionismo trumpiano proprio quando Trump ha messo sotto tiro la Repubblica Popolare come futuro temibile avversario economico e strategico? Cina e Giappone, nonostante la forte rivalità strategica, quasi alleate contro il bilateralismo trumpiano proprio quando Washington intende cambiare l’equazione delle bilancia commerciale con le grandi nazioni manifatturiere? Al di là di tutto, il Giappone resta allo stesso tempo, l’alleato strategico degli Usa nel Pacifico, e uno dei due grandi creditori globali del debito federale americano che Trump sta ulteriormente accrescendo. Tutto questo lavoro politico quindi non poteva passare inosservato nella capitale americana. E così di fronte al fallimento della prima fase della guerra commerciale di Trump contro la Cina, (gli Stati Uniti hanno deciso una serie continua di dazi contro Pechino senza che venissero minimamente seguiti in questa condotta dai propri grandi alleati, UE e Giappone), Washington ha elaborato una seconda fase. Per comprenderla è indispensabile andare in sede Nafta. Stati Uniti, Canada e Messico infatti, alla fine di settembre, hanno raggiunto un accordo per un Nafta 2.0. La denominazione è diversa, la sostanza è molto simile. È un accordo che dà ossigeno alla campagna elettorale repubblicana per le elezioni di metà mandato. Ma è anche un accordo che contiene una pillola ‘avvelenata’, la ‘clausola anti-cinese’. In sostanza, se uno dei paesi firmatari il nuovo Nafta inizia negoziati per un trattato commerciale di libero scambio con una ‘economia non-di mercato’, gli altri paesi firmatari possono denunciare il Nafta 2.0. Ovviamente si scrive ‘economia non-di mercato’ e si legge Repubblica Popolare. ‘La Cina minacciata dall’isolamento’ ha scritto, preoccupato, un importante giornale di Hong Kong.

 

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Trump, il Giappone e la clausola “anti-cinese”

La ‘clausola anti-cinese’, dicono gli specialisti, sarà d’ora in poi una specie di ‘prova di lealtà’ che gli americani chiederanno ai loro alleati per i prossimi accordi commerciali. Ovviamente essa si può applicare solamente alle intese prossime venture; in teoria essa si applicherà solo a trattati di libero scambio; ed infine, sarà interessantissimo vedere che cosa accadrà nel prossimo futuro quando l’economia cinese si allargherà ulteriormente superando quella americana. Insomma è una clausola che potrebbe essere alla fine un pochino ‘limitata e limitante’, ma che comunque produce effetti geopolitici immediati e significativi. Il Giappone alla fine di settembre ha accettato di iniziare colloqui per un accordo commerciale bilaterale con gli Stati Uniti dopo la denuncia da parte di Trump del ‘vecchio’ TPP di Obama. In questo accordo, gli americani chiederanno proprio di collocare la ‘clausola anti-cinese’. Che farà Tokyo? La domanda e la risposta a questa domanda è la chiave per il futuro prossimo. Come abbiamo accennato prima, nel medio termine, si può pensare che quella ‘clausola anti-cinese’ avrà effetti limitati o addirittura controproducenti per gli stessi Stati Uniti, ma, nel breve termine, la situazione geopolitico è ovviamente diversa. Che farà Tokyo?  La Cina, in questi giorni, propone al Giappone di partecipare a pieno titolo e massicciamente alla nuova Via della Seta, la BRI, ‘Belt and Road Initiative’. Sono in gioco investimenti, progetti, interessi per trilioni e trilioni di dollari. Cina e Giappone dovrebbero cooperare in paesi ‘terzi’ per svilupparne infrastrutture, comunicazioni, reti, per ora, e poi chissà, zone industriali e distretti produttivi.

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Da un lato, ci sono gli Stati Uniti, che ‘propongono’ chiusure economiche e commerciali verso la Cina, ma che in teoria almeno dovrebbero garantire la sicurezza strategica del Sol levante; dall’altro lato, c’è la Repubblica Popolare, che, con la sua ascesa, mette in pericolo quella sicurezza strategica, ma che, con le proposte e i progetti di investimenti per trilioni di dollari, apre uno spazio capitalistico immenso al capitale nipponico. La scelta è molto complessa per lo Shogun, come si vede: è iniziata la Grande Partita politica del 21° secolo, la partita più difficile e più importante di Shinzo Abe. Il 25 ottobre andrà in scena a Pechino il teatro geopolitico del futuro loro e nostro. In teoria, Shinzo Abe vorrà tenere il piede in entrambe le scarpe, quella americana e quella cinese. Ci riuscirà? Il Giappone conservatore e innovatore allo stesso tempo di Shinzo, per fare le cose bene, e per difendere i propri interessi di lungo periodo, potrebbe avere, in teoria, un alleato importantissimo nella Grande Partita. L’Europa ha problemi assai simili a quelli del Giappone nei rapporti con l’America di Trump. L’amministrazione Trump, assai verosimilmente, sarà consolidata nelle prossime elezioni di metà mandato (i Democratici, ad occhio, dovrebbe avanzare in modo significativo alla Camera e negli Stati per i Governatori, ma, assai probabilmente, non riusciranno a controllare nè il Senato nè la Camera dei rappresentanti, e quindi i Repubblicani dovrebbero mantenere il dominio di Congresso, Casa Bianca e Corte suprema), e presenterà anche a Bruxelles il conto della ‘clausola anti-cinese’. L’Europa e il Giappone hanno appena concluso il JEFTA, l’Accordo di libero scambio euro-giapponese, il Giappone come si sa ha portato a casa il TPP senza gli Usa. Europa unita e Giappone potrebbero ulteriormente approfondire la loro relazione economico-strategica e assumere posizioni analoghe su Cina e Stati Uniti? Non lo sappiamo, sappiamo solo che sarebbe una scelta strategica importante, per l’Unione Europea e per l’Impero giapponese. Sajionara!

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