La Sea Watch yacht di piacere e le altre immonde fregnacce sulla nave dell’ONG

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-02-02

Sono bastati i bagni non funzionanti a dovere o il verricello dell’ancora sistemato alla buona perché la Guardia costiera trattenesse nel porto di Catania la Sea Watch 3

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Ieri Danilo Toninelli ha valicato i confini del ridicolo gettando in pasto a Facebook la definizione di yacht di piacere per la Sea Watch 3, subito imitato dal MoVimento 5 Stelle sul Blog delle Stelle a dimostrazione del fatto che toccato il fondo si può cominciare a scavare. A differenza di quanto affermato dal ministro, come abbiamo spiegato ieritutte le imbarcazioni sono “in regola” per effettuare un salvataggio in mare, proprio a causa delle leggi del mare: se qualcuno è in pericolo, tutti quelli che si trovano nelle vicinanze possono ed anzi devono intervenire per salvarlo a prescindere da quale sia l’imbarcazione su cui si trovano (a patto di non mettere a repentaglio la vita dell’equipaggio, ma non è questo il caso). Ma i pleasure yacht fanno in qualche modo eccezione? No, certo che no“pleasure yacht” vuol dire semplicemente imbarcazioni da diporto ad uso privato. In Italia un’imbarcazione da diporto è un qualsiasi vascello compreso tra i 10 e i 24 metri, ma in Olanda è possibile registrare come “pleasure craft” anche navi di dimensioni superiori (come appunto è la Sea Watch 3). Toninelli ci vuole raccontare che è come se fosse la barca di un milionario, magari con annessi Jacuzzi e tavoli da Black jack, ma appunto non è così. Ma c’è per caso qualche normativa che impedisca ad un’imbarcazione del genere di navigare in acque italiane? No, perché se batte bandiera di uno stato comunitario (come appunto l’Olanda) può farlo liberamente nel rispetto delle leggi e convenzioni vigenti.

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Sea Watch e le altre navi delle ONG “bloccate” per controlli (La Repubblica, 2 febbraio 2019)

Ma a parte questo, va segnalato che la Guardia Costiera italiana non ha in alcun modo contestato la definizione di pleasure yacht per la Sea Watch 3 per il provvedimento che impedisce alla nave della ONG di lasciare il porto di Catania. Le contestazioni le riporta oggi Alessandra Ziniti su Repubblica:

Tutto è buono per fermare le navi Ong: sono bastati i bagni non funzionanti a dovere o il verricello dell’ancora sistemato alla buona perché la Guardia costiera trattenesse nel porto di Catania la Sea Watch 3. Perché di questo si tratta: nessun “fermo amministrativo”, nessun provvedimento che abbia a che vedere con il fatto che la nave sia registrata come “yacht” e quindi compia illegalmente attività di ricerca e soccorso, come falsamente affermato dal ministro dei Trasporti Toninelli che ha pubblicato su Facebook uno sconcertante post in cui paragonava la vecchia nave commerciale riadattata allo «yacht di un milionario che deve andare per mare per piacere e non per sostituirsi alla Guardia costiera libica». Niente di tutto questo.

La relazione della Capitaneria di Porto di Catania dopo l’ispezione ha rilevato «una serie di non conformità relative sia alla sicurezza della navigazione che al rispetto della normativa in materia di tutela dell’ambiente marino, che non permettono la partenza dell’unità fino alla loro risoluzione». Niente cambio di equipaggio e niente ripartenza per la zona Sar, come nei piani della Ong, anche se — teoricamente — per far fronte ai rilievi della Capitaneria basterebbero un paio di giorni. «Le autorità, sotto chiara pressione politica, sono alla ricerca di ogni pretesto tecnico per fermare l’attività di soccorso in mare. Non vogliono testimoni che raccontino che, senza navi di soccorso, le persone affogano nel Mediterraneo, dice la portavoce Giorgia Linardi.

Non è tutto così ridicolmente meraviglioso?

Leggi sull’argomento: Pleasure Yacht: l’Ispettore Toninelli e la Sea Watch

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