Perché Michele Serra ha torto su tutta la linea e non solo sul biologico

di Elio Truzzolillo

Pubblicato il 2018-11-30

Può essere utile tornare sulla polemica tra la senatrice Elena Cattaneo e Michele Serra, non per tornare sul tema dell’agricoltura biologica, dove la Cattaneo ha ragione da vendere, ma per una riflessione sull’articolo che ha dato origine alla querelle. Si tratta dell’articolo in cui Serra fa riferimento al (pessimo) intervento di Dario Corallo all’assemblea del …

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Può essere utile tornare sulla polemica tra la senatrice Elena Cattaneo e Michele Serra, non per tornare sul tema dell’agricoltura biologica, dove la Cattaneo ha ragione da vendere, ma per una riflessione sull’articolo che ha dato origine alla querelle. Si tratta dell’articolo in cui Serra fa riferimento al (pessimo) intervento di Dario Corallo all’assemblea del PD, in cui il giovane candidato si scaglia contro Burioni. In particolare Serra scrive:

“In tempi di tramonto delle élite e di cattedre traballanti, basta, per ristabilire un minimo di rispetto per le competenze, parlare ex cathedra, e dare dell’ignorante agli ignoranti? La crisi dell’autorevolezza non dipenderà, magari, anche dall’arroganza degli autorevoli?”

elena cattaneo

A differenza del dibattito sul biologico/biodinamico dove, ripetiamolo, Serra dice sciocchezze (anche in ottica economica), qui è espressa un’opinione legittima. La sfiducia nella scienza dipenderebbe anche dall’eccessiva durezza con cui gli autorevoli darebbero dell’ignorante agli ignoranti. Non sono d’accordo. Dato per scontato che questa crisi c’è stata e continua a esserci, per complesse ragioni che non è il caso di discutere in questa sede, tra i motivi per cui non si è posto un pronto argine ci sono:

1. La mancanza di una presa di posizione pubblica, massiccia e coordinata degli esperti (quelli veri), che si sono spesso disinteressati o non sono stati coinvolti quando temi scientifici diventavano di pubblico interesse (esattamente il contrario della tesi di Serra).

2. Una classe di giornalisti, intellettuali, scrittori e, più in generale, di tutti coloro che in una società intermediano le informazioni, assolutamente ignorante e per nulla disposta a porre rimedio alla propria ignoranza. Anzi, gli appartenenti a questa élite hanno il più delle volte favorito, cavalcato e tollerato la diffusione di tesi pseudo scientifiche.

Analizziamo il primo punto. Davvero gli esperti sono stati e sono troppo arroganti? Dove sono questi esperti quando ogni mattina nella TV pubblica e privata sento parlare di acqua e limone per disintossicare il corpo e di fantomatici alimenti anti tumorali? Dove sono queste legioni di dotti superbi quando nelle stesse TV vengono glorificati i grani antichi e le piccole fattorie biodinamiche che salveranno il mondo? Dove erano queste torme boriose di cattedratici quando centinaia di naturopati, dietisti improvvisati e nutrizionisti della domenica convincevano un terzo degli italiani che l’olio di palma era cancerogeno e faceva venire il diabete? Dove sono se ogni volta che i media parlano di agricoltura si preferisce ascoltare l’opinione dell’immancabile rappresentante della lobby di Coldiretti che ci mette in guardia dai pericoli degli OGM, del glifosato, dei grani di importazione e della monocultura? Dove sono gli eserciti superbi e altezzosi della scienza quando si parla di omeopatia, di diete improbabili, di signoraggio bancario o di creme di bellezza? Il problema è forse un atro, cioè che manca un contesto culturale che solleciti e invogli a intervenire questi esperti.

corallo curriculum pd - 3

Venendo al secondo punto, c’è un modo per smuovere gli esperti (e la società civile): qualche giornalista dovrebbe coinvolgerli o chiedere loro delucidazioni. Invece esiste una tendenza diffusa al fai da te o a interpellare cattivi maestri, anche dotati di un titolo. Possiamo dire che nella difesa delle evidenze scientifiche i giornalisti hanno clamorosamente fallito (con le solite notevoli eccezioni). Spesso ciò è stato effetto di disgustosi calcoli editoriali (blandire le minoranze coese o dire qualcosa di interessante e sconvolgente), a volte è avvenuto per ignoranza e incapacità di documentarsi, altre volte per un malinteso senso del rispetto di tutte le opinioni. A questo si aggiunge il tipico atteggiamento corporativista per il quale nessun giornalista, tendenzialmente, si fa mai carico di un deciso “j’accuse” nei confronti dei colleghi che pubblicano o dicono sciocchezze. Molti degli giornalisti e degli intellettuali che individuano “nei Burioni” il problema, non si rendono conto che sono essi stessi il problema. Ad esempio Michele Serra, nonostante le sue capacità intellettive non banali, glorifica da anni il biologico/biodinamico e non ha trovato il tempo per verificare che la maggior parte delle sue convinzioni sono scientificamente infondate. Qualcosa di simile si può dire di Massimo Gramellini, quando, scrivendo di omeopatia, in sostanza dichiara che bisogna crederci ma non troppo, perché i dogmi sono sempre sbagliati, persino le posizioni dogmatiche contro l’omeopatia. È annoverabili invece tra i furbetti Nicola Porro, quando gioca a fare l’equidistante tra Red Ronnie e Burioni. È ignorante Travaglio, quando scrive di Xylella e dei disastri che farebbero salire il PIL. È ignorantissimo Paragone, quando offre una vetrina a Barnard e alle sue fantasiose teorie economiche. È inqualificabile Ranucci, quando a Report non ha nulla di meglio da fare che intervistare la dott.ssa Gatti (quella che in un video esilarante ha affermato che negli USA quando cade una fiala di vaccino le autorità isolano interi edifici). È scioccamente presuntuoso Belpietro, quando contraddice Burioni e Lopalco sulle malattie trasmissibili dagli immigrati. È, infine, assurdo l’atteggiamento di un intero paese che per giorni dibatte se sia vero o no che il tasso dei titoli di stato influenzi i tassi dei mutui e dei prestiti. Sì cribbio, è così. Qualcuno lo dica anche alla giornalista Luisella Costamagna, che, dopo averci pensato su, ha deciso di sposare la versione della sottosegretaria Castelli.

Nonostante questo quadro allucinante, i giornalisti, invece di fare un gigantesco mea culpa collettivo, ogni tanto si svegliano e decidono che il problema è Burioni. Già… deve essere colpa di Burioni se non riusciamo più a riavvicinare le persone alla scienza. Per alcuni la colpa sarebbe anche dei debunker, che peggiorano la situazione smascherando le bufale, non dei giornalisti che le bufale le diffondono. Burioni è il feticcio che permette di parlare d’altro e di non prendere una posizione laddove prendere una posizione netta sarebbe facile e doveroso. Di Burioni e di Cattaneo ce ne sono troppo pochi non troppi. Ce ne vorrebbero a decine, affiancati da migliaia di bravi divulgatori. Sarebbe ora che l’intero mondo dell’informazione (editori e ordine dei giornalisti compresi) avesse uno scatto di dignità. Altrimenti si rischia di fare come quel noto intellettuale che decise di fornire la sua opinione sul vaccino contro la varicella, che era stato introdotto da poco in Italia. Quell’intellettuale nel 2004 scrisse un articolo in cui dava sfoggio della sua erudizione con immagini di rara potenza lirica, quali “pustolosa assenza scolastica”, “decubito ancora così imberbe”, “smania salutista dell’occidente sterile”, “quid di efficientismo malsano”. Per poi terminare il suo scritto con le seguenti parole:

“E se anche le malattie meno gravi vengono messe all’indice, quali pacifiche occasioni resteranno, ai nostri corpi, per allenarsi a produrre anticorpi contro le infezioni, e ai nostri spiriti per accettare l’idea che una sosta, un intoppo, un accidente possano anche essere una buona occasione per riposarsi, crescere, magari addirittura riflettere?”

L’articolo si intitolava “Così la scienza ci ruba le malattie dell’infanzia”, l’autore era un certo Michele Serra.

Leggi sull’argomento: Perché, al di là dell’attacco a Burioni, Dario Corallo ha detto cose allucinanti

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