Bianca Scheda, non è la prima donna al Quirinale ma l’ennesimo fallimento della politica

di Massimiliano Cassano

Pubblicato il 2022-01-24

Il primo scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica vede il trionfo del voto bianco, simbolo dell’immobilismo dell’intera classe politica

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“Bianca, Bianca, Bianca, Bianca”. La conta dei voti per il Quirinale espressi dal Parlamento al primo scrutinio è una triste e ripetitiva litania che scandisce quello che sembra un nome – e magari lo fosse – ma per ironia della sorte è soltanto un colore, quello della scheda immacolata inserita nell’urna in vimini e oro rivestita di raso verde posta accanto al Catafalco nell’aula di Montecitorio. Bianca Scheda trionfa incontrastata, con 672 “preferenze” gliene sarebbe bastata soltanto un’altra per diventare Presidente della Repubblica al primo turno: detta così sembrerebbe indice di un raro afflato progressista e femminista, finalmente la prima donna a salire al Colle, e invece altro non è che l’ennesimo certificato di fallimento della politica italiana.

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Una politica capace di arrivare al giorno del primo scrutinio, noto a tutti dai primi di gennaio, senza la minima idea di cosa scrivere su un foglietto di carta nel giorno più importante per la Repubblica italiana da sette anni a questa parte. Un tempo si usava votare “candidati di bandiera”, nomi da sacrificare sull’altare della procrastinazione ma che almeno servivano a dare indicazioni sul modello di personalità che i vari partiti avrebbero voluto vedere eletto. Oggi si preferisce un bianco silenzio, vuoto come le riunioni fatte fino ad ora dai vari leader di partito. Bianca Scheda trionfa e sale al Colle dell’immobilismo grazie a Silvio Berlusconi, che ha tenuto ingessato il dibattito per settimane con la sua candidatura ingombrante, alla quale ha rinunciato solo a ridosso dell’ora x sostenendo – mentendo – di aver comunque raggiunto la quota 505 che gli sarebbe valsa il Quirinale dal quarto scrutinio. Ma trionfa anche per l’incapacità degli “alleati” dell’ex Cav, Salvini e Meloni, di sganciarsi da un filone morto ancor prima di nascere e iniziare a ragionare fin da subito su alternative credibili.

Berlusconi

Un contributo ce l’ha messo anche il centrosinistra, reticente a prendere l’iniziativa ed arroccato sulla difensiva, preoccupato più di ridimensionare le ambizioni della controparte che di rappresentare un punto di vista differente. Nel mezzo la confusione del Movimento 5 Stelle, la forza che rappresenta la fetta più ampia di grandi elettori ma che tra il sogno sussurrato di una “donna al Quirinale” rinnegato il giorno dopo evocando un insperato quanto impossibile Mattarella Bis e le difficoltà di leadership interna arriva impreparato al primo grande appuntamento della sua storia al Palazzo. Impossibile non dare ragione all’ex ministro socialista Rino Formica, che in un’intervista a Repubblica ha dichiarato: “Tra qualche settimana compirò novantacinque anni, dal 1943 ho seguito tutte le fasi ascendenti e discendenti della nostra vita democratica, ma una confusione così credo di non averla mai vista”. Nemmeno noi, e oggi è solo l’inizio.

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