Lo scontro con l’UE è solo rimandato

di Alieno Gentile

Pubblicato il 2018-09-06

Dal 5 marzo Salvini ha individuato nell’elettorato del M5S un boccone ghiotto. Ora che si è arrivati al Mezzogiorno di Fuoco rappresentato dalla Legge di Bilancio per addentarlo, masticarlo e digerirlo cerca di mettere il cappello sull’intera agenda di governo, adottando toni più moderati. Proietta dunque l’immagine di “uomo del fare”, sfoggiando un’inedito senso dell’equilibrio …

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Dal 5 marzo Salvini ha individuato nell’elettorato del M5S un boccone ghiotto. Ora che si è arrivati al Mezzogiorno di Fuoco rappresentato dalla Legge di Bilancio per addentarlo, masticarlo e digerirlo cerca di mettere il cappello sull’intera agenda di governo, adottando toni più moderati. Proietta dunque l’immagine di “uomo del fare”, sfoggiando un’inedito senso dell’equilibrio e spingendo nell’angolo lo sprevveduto socio.

La critica alla miriade di spese proposte dai ministri, basata su analisi controfattuali e comparazioni numeriche, si chiude inevitabilmente con la sentenza “Mancano i soldi per farle”. L’elettore medio, incapace di afferrare appieno il significato dei numeri, recepisce solo la conclusione. Però nei prossimi giorni al telegiornale magari sentirà il mezzobusto affermare che il governo è riuscito a presentare un bilancio che rispetta i parametri fissati dall’Europa. Ovviamente il governo ci “riesce” perché abbandona quasi tutto quello che aveva promesso, però si instaura un corto circuito informatio: sono stati i critici a preparare l’elettorato ad essere comprensivo e disponibile e quindi a far accettare che “non si possono mica moltiplicare pane e pesci”. In altre parole il lavoro sporco per spianare la strada alla ritirata sui libri dei sogni elettorali lo hanno fatto gli oppositori.

governo m5s europa

La critica lungimirante si trasforma quindi nell’alibi migliore del governo per poter deludere le attese degli elettori ed estrarne comunque beneficio mostrando senso di responsabilità. Così, mentre il governo si rafforza, Salvini tenta di diventarne azionista unico. Il povero Di Maio a quaesto punto dovrebbe fissare uno “stop loss” di consensi, dal momento che a marzo M5S aveva il doppio degli elettori della Lega, oggi è scavalcato. La vera minaccia al governo è quindi lo strappo interno, che del resto Travaglio ha ventilato senza troppe remore. Anche perché di un’opposizione con proposte alternative, per ora, non si intravede traccia.

Il novello senso di responsabilità genera sui mercati un piccolo “relief rally” cioé un rimbalzo in borsa e un assottogliamento dello spread determinato dal sospiro di sollievo che accompagna il grido commosso: “Ma allora questo governo non intende sfasciare tutto..”. È chiaro che Salvini punta a consolidarsi in preparazione delle Europee 2019. La vera minaccia di uno scontro frontale con la UE è quindi rimandata ad allora, con un fronte “populista” più ampio in Europa (ammesso che lo “stop loss” di Di Maio nel frattempo non scatti) supportato dal mandato popolare, mentre il relief rally finirà prima. Le analisi dei critici non sono affatto sbagliate, solo “troppo” lungimiranti per l’umore elettorale: il programma di questo governo si orienta sulle voci sbagliate e non punta a raddrizzare la traiettoria del Paese. Ma quando sarà evidente a tutti potrebbe essere tardi.

Leggi sull’argomento: Il Salvini vincolato

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