Come fu che Zuccaro venne smentito anche su Salvini e la Diciotti

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-01-26

Casualmente, il magistrato che si è visto archiviare tante inchieste sulle ONG, ha sbagliato anche quando ha chiesto un’archiviazione. Ovvero, quella di Salvini. Un magistrato spiega perché

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Antonio Esposito, ex magistrato della Corte di Cassazione, spiega oggi sul Fatto Quotidiano che Carmelo Zuccaro, procuratore di Catania che ha aperto tante inchieste sulle ONG che i colleghi gli hanno chiuso perché non c’erano le prove, ha curiosamente sbagliato – come già qualcun altro aveva scritto – a chiedere l’archiviazione per Matteo Salvini sul caso Diciotti:

Per rendersi conto della erroneità della richiesta della Procura basta richiamare le norme che regolano il procedimento a carico dei ministri. È previsto, infatti, (art. 6 L. Cost. 1/1989) che il procuratore della Repubblica competente, al quale vanno inviate tutte le notizie di reato concernenti i delitti di cui all’art. 96 Cost. –o m e ssa ogni indagine –trasmetta, con le sue richieste, entro 15 giorni, tali notizie al Tribunale dei ministri dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati
perché possano presentare memorie o chiedere di essere ascoltati.

Il collegio, entro novanta giorni dal ricevimento degli atti, compiute indagini preliminari e sentito il pubblico ministero, può disporre l’archiviazione con decreto non impugnabile. In caso diverso, il collegio,sentito il pm, se non ritiene che si debba disporre l’archiviazione, trasmette gli atti con relazione motivata al procuratore della Repubblica per la loro rimessione alla camera di appartenenza.

Alla stregua di tali disposizioni, appare, quindi, evidente l’anomalia del provvedimento del procuratore Zuccaro che, fin dall’inizio, richiese l’archiviazione laddove avrebbe ben potuto aspettare l’esito di indagini (eventualmente) disposte dal Tribunale (o da egli stesso richieste) ed esprimere il proprio parere quando il collegio –prima di adottare il provvedimento di archiviazione o richiesta di autorizzazione – lo avesse“sentito”.

In ogni caso, la richiesta di autorizzazione non poteva essere fondata (e giustificata) sulla valutazione di “una scelta politica”del ministro, valutazione che spetta esclusivamente alla camera di appartenenza che nega l’autorizzazione a procedereove reputi,con decisione insindacabile, che l’inquisito “abbia agito per la tutela nell’interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo” (art. 9 comma 3).

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