Rosso Marcio: il pomodoro cinese venduto come italiano

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-12-03

L’Italia è seconda produttrice al mondo di pomodori e conserve. Ma quello che viene venduto come italiano, secondo un libro-inchiesta di un autore francese, a volte non lo è. L’Anicav però precisa: «Il pomodoro cinese non è sulle nostre tavole»

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“Rosso marcio” (Edizioni Piemme) è il titolo di un libro di Jean-Baptiste Malet, che negli ultimi due anni ha inseguito pomodori dalla Cina all’Italia, passando per l’Africa e gli Usa, e racconta con chiarezza tutti i lati oscuri di un business da dieci miliardi di euro l’anno. La Cina, racconta oggi Repubblica in una recensione del libro, è la prima esportatrice al mondo di concentrato industriale di pomodoro.

È da qui che gli stabilimenti cinesi tirano fuori il concentrato che esportano in barili in tutto il mondo. E tantissimo in Italia. Dove, racconta Malet, spesso «viene riconfezionato da operai e macchine in scatolette “prodotte in Italia”». Significa che il pomodoro italiano, spesso, in realtà è cinese. In un mese al porto di Salerno, hub di tutte le aziende di trasformazioni campane leader nel mondo, arrivano fino a 10mila tonnellate di concentrato dalla Cina. Prodotto che, in alcuni casi, viene “ritrasformato” e mischiato con gli scarti del pomodoro raccolto in Italia e inviato sulle tavole di mezzo mondo

rosso marcio jean baptiste malet
L’Italia resta la seconda produttrice al mondo di pomodori (5,1 milioni di tonnellate come la Cina, la metà della California) e realizza il 77 per cento delle esportazioni mondiali di conserve. Il concentrato mischia prodotti dello Xinjiang e della Mongolia interna per un proprietario di marchio indiano. Da qualche tempo, scrive Malet, il pomodoro ha cominciato a fare anche il giro inverso: dall’Africa all’Italia. La Cina ha delocalizzato la produzione, per esempio in Ghana.
EDITAntonio Ferrarioli, presidente dell’Anicav, l’associazione nazionale industriali conserve alimentari, in un’intervista rilasciata a Repubblica spiega e precisa a proposito del libro di Malet che il pomodoro cinese non è sulle nostre tavole:

Concentrato cinese off limits in Italia?
«Sì, non si può produrre l’uva dal vino. La scatola di pelati o polpa, che rappresenta la gran parte del mercato italiano, per legge si può produrre solo con pomodoro fresco, non con concentrato».
E dove finisce allora?
«Il prodotto orientale viene venduto soprattutto in Africa, e molto meno da noi dove il concentrato rappresenta solo poco più dell’uno per cento del mercato legato ai pomodori».
Ma lo importiamo?
«L’Italia importa concentrato di pomodoro da Cina, Usa, Spagna, Portogallo, ma il punto fondamentale è che qui viene solo lavorato per poi essere riesportato in paesi extracomunitari, sotto il controllo di finanza e autorità sanitarie. Non finisce nei prodotti a marchio italiano in vendita nel nostro paese».
Sughi pronti sotto controllo?
«Assolutamente si, è prevista la dichiarazione di origine, bisogna mettere sull’etichetta da dove arrivano i vari componenti. E poi non è nel nostro interesse usarlo».
Perché non conviene?
«Perché il prodotto italiano legato ai pomodori, siano passate o polpa è considerato nel mondo per la sua alta qualità e per questo viene scelto».

Leggi sull’argomento: Cosa c’è dietro il pomodoro cinese delle Iene?

 

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