Romina Power: il segreto di Italia fa arrabbiare l'ANPI

Non solo scie chimiche per Romina Power. Il suo film Il segreto di Italia, per la regia di Antonello Belluco, che racconta l’eccidio di Codevigo avvenuto tra l’aprile e il giugno del 1945, quando 136 persone tra Brigate Nere, componenti della Guardia Nazionale Repubblicana e alcuni civili vennero uccise dalla 28esima Brigata Garibaldi. Fa sapere Il Giornale che al multisala «The Space» di Limena, nei pressi di Padova, il film è campione al botteghino con un risultato che era difficile prevedere: su 17 sale, ha incassato meno soltanto di Hunger games e, per far fronte a tutte le richieste, è stato addirittura programmato uno spettacolo supplementare alle 0.45.
Un film che però all’ANPI non è piaciuto per niente, e la recitazione di Romina in veneto ancora meno:
«Esprimiamo tutta la nostra delusione e il nostro disappunto» dicono la presidente provinciale dell’Anpi Floriana Rizzetto e il coordinatore veneto Maurizio Angelini, «perché il film è confuso e contraddittorio nel rapporto fra passato e presente, fra rievocazione e attualità; l’interpretazione della maggioranza degli attori è approssimativa e dilettantesca; la ricostruzione degli ambienti rurali almeno improbabile». Non è sfuggito ai critici il coltivatore diretto di Codevigo che possiede una Balilla in tempo di guerra. Ma non è tutto: «Il dialetto veneto esibito da Romina Power e altri attori è una koinè inventata e talora ridicola; molti personaggi sono macchiette da compagnia dilettantistica e il paesaggio è ricostruito in maniera oleografica, con scivolate patetiche alla Mulino Bianco». Ma è sulla ricostruzione storica che l’Anpi cala la scure della critica più veemente: «Belluco presenta una Codevigo irreale: occupazione tedesca e collaborazionismo fascista dipinti come periodi di tutta tranquillità; episodi tragici anteriori all’eccidio, come l’assassinio a sangue freddo, da parte dei fascisti, del prigioniero neozelandese Thomas Gay, ridotto alla sua semplice consegna ai tedeschi; l’ assassinio di Vittorio Antonio Lorenzetto (il matto di paese nel film), benevolmente e non casualmente trasformato in una finta esecuzione».
Secondo Rizzetto e Angelini, Belluco avrebbe deliberatamente sfumato sull’origine ravennate della maggioranza dei fascisti uccisi a Codevigo. «Non abbiamo dubbio alcuno che la totalità dei morti di Codevigo, ravennati e locali, siano state vittime di una furia giustizialista sommaria, inaccettabile e barbara» riconoscono i rappresentanti dell’Anpi, «escludiamo però che tutte quelle vittime possano essere definite innocenti. Fra i ravennati vi erano molti fascisti che avevano comandato la repressione antipartigiana e condotto, a fianco dei nazisti, rappresaglie contro la popolazione e i più anziani, nei primi anni Venti, erano stati squadristi in prima fila nel reprimere il movimento dei braccianti e dei contadini».
Scrive Wikipedia che la Magistratura di Padova trattò la vicenda in numerosi procedimenti dal 1945 al 1950 e poi dal 1961-62 sulla base d’indagini condotte fin dall’inizio dalla polizia Alleata e dai Carabinieri. Furono giudicati anche quattro partigiani della 28ª Brigata Garibaldi, tutti e quattro furono assolti.