La nostra risposta a Pillon che sulla Polonia interpreta la Costituzione a suo piacimento

di Massimiliano Cassano

Pubblicato il 2021-10-11

Simone Pillon vede di buon occhio la decisione della Corte costituzionale polacca di relegare le leggi comunitarie a un rango inferiore rispetto a quelle nazionali. Per lui, sarebbe bene che lo facesse anche l’Italia. E pensa anche che la Costituzione sia dalla sua parte. Per noi no, ecco perché

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Il senatore della Lega Simone Pillon ha risposto con un post su Facebook ad un articolo, pubblicato sabato 9 ottobre su questo giornale, in cui si criticava la sua posizione a favore della Corte Costituzionale polacca, che – con una sentenza storica – aveva stabilito la supremazia delle leggi nazionali su quelle comunitarie. Nella sua argomentazione, Pillon citava l’articolo 1 della Costituzione italiana, secondo il quale “la sovranità appartiene al popolo italiano, non tedesco o danese”. Al senatore veniva fatto presente, però, che è la stessa Carta fondamentale da lui citata a prevedere, da parte del nostro Paese, la “cessione” di parte della sua sovranità se necessario “ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. Lo dice all’articolo 11, che Pillon ri-afferma di conoscere bene, tanto da sostenere che quest’ultimo confermi la sua argomentazione.

“La titolarità esclusiva e assoluta della sovranità – scrive il leghista – è dunque in capo all’Italia, che può legittimamente decidere di limitare la propria sovranità, ma anche di rinunciare unilateralmente a tale limitazione”. Giustissimo. “Se per esempio l’ONU si trasformasse in una organizzazione di promozione dei conflitti – prosegue – l’Italia potrebbe legittimamente riprendersi la propria sovranità”. Giusto, ma con un “ma”: ci arriviamo tra poco. “La rinuncia alla sovranità infatti non è mai assoluta – conclude – ma relativa, e finalizzata alla pace e alla giustizia tra le Nazioni”. Di nuovo giustissimo.

Allora cos’è che non torna? C’è che il ragionamento sarebbe anche corretto, se non fosse che l’esempio scelto da Pillon è talmente estremo e poco calzante al caso in questione, da costituire per lui un enorme autogol. Il ripudio della guerra, infatti, è tra i “Principi fondamentali” stabiliti dall’Assemblea costituente: se gli organismi sovranazionali ai quali l’Italia aderisce dovessero farsi promotori di ideali che negano le fondamenta della nostra Repubblica, l’Italia non solo potrebbe, ma dovrebbe fare un passo indietro.

Sulla Costituzione, senatore Pillon, non si può spedire la palla in calcio d’angolo. La Polonia ha di fatto disconosciuto in toto il ruolo dell’Unione europea, dopo averne per anni calpestato i valori pur restandovi aggrappata quando – da Paese ricevitore netto – arriva il momento della spartizione dei fondi. Dal 2004 (anno del suo ingresso nell’Unione) al 2020, è il Paese che ha ricevuto più soldi dall’Ue: 127 miliardi di euro, un terzo del suo ultimo Pil annuale. È di questo che si sta parlando, non di ONU che diventano organizzazioni terroristiche. Facendo come la Polonia, derubricando le leggi comunitarie a “secondarie” rispetto a quelle nazionali, l’Italia si metterebbe contro l’organismo che da quando esiste è riuscito a garantire pace e stabilità tra Paesi che fino a qualche anno prima avevano lasciato macerie l’uno nell’altro. E lo sanno anche i polacchi, che domenica 10 ottobre sono scesi a decine di migliaia nelle strade di Varsavia, Cracovia e Poznan per dire “no” a una paventata “Polexit”. Questo sì, senatore, che richiama in pieno la Costituzione, quando parla di “finalità di pace e giustizia tra le Nazioni”.

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