I numeri della ricerca scientifica in Italia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-07-08

L’ultimo studio dell’agenzia nazionale di valutazione: Roma fanalino di coda in Europa, mentre la Cina punta a scalare le classifiche

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L’Italia è al 27esimo posto tra i paesi che spendono di più in ricerca in percentuale sul prodotto interno lordo al netto delle spese per la difesa, al di sotto della media dei paesi dell’OCSE e al di sotto della media dei paesi della UE a 28.  Lontani dall’obiettivo europeo del 2020, che punta al 3% in tutta l’Ue, e lontanissimi dal podio di Israele (4,3%), Corea del Sud (4,2) e Svizzera (3,4). L’Italia scivola ancora più giù nelle classifiche quando si conta il numero di ricercatori per mille occupati (34° posto), non brilla per parità di genere e affonda in ultima posizione se si considerano i docenti universitari sotto i 40 anni. Numeri che vengono dal nuovo rapporto dell’Anvur, l’agenzia nazionale di valutazione, e che sono presentati oggi da La Stampa che lancia l’allarme

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I paesi che spendono di più in ricerca (La Stampa, 8 luglio 2018)

Il rischio non è solo quello di perdere posizioni, e quindi di non riuscire ad attrarre fondi continuando a lasciar andare ricercatori, bensì di non guadagnare un ruolo nel campo dell’innovazione, dove l’Italia è al 19esimo posto sui 28 Paesi Ue.

C’è poi il tema brevetti. L’Italia è all’11° posto fra i Paesi che hanno presentato più richieste, emerge dal nuovo rapporto del centro di ricerca Observa Science in Society. «Brevettiamo poco perché richiede uno sforzo industriale, economico e tecnologico impegnativo per noi, il Paese delle piccole e medie imprese» sottolinea il presidente Giuseppe Pellegrini. Perché se l’Italia destina solo l’1,3% del Pil alla ricerca, a investire poco non è solo lo Stato ma anche le imprese.

«Sono investimenti rischiosi perché a lungo termine e dai risultati imprevedibili. E da noi gli imprenditori rischiano meno che all’estero». Le risorse non sono però l’unico problema: «C’è la tendenza a dare soldi a pioggia – continua – ma disperdere energie è sbagliato, meglio investire sulle eccellenze. Stesso discorso per le università: 90 in un Paese di 60 milioni di abitanti, troppe perché siano tutte competitive».

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La ricerca a confronto nel mondo (La Stampa, 8 luglio 2018)

Infine c’è la produzione scientifica mondiale, che ci vede all’ottavo posto e con una crescita media annua forte rispetto ad altri paesi ma ancora insufficiente.

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