Economia
I tre requisiti per il reddito di cittadinanza
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2018-10-05
Il sussidio potrebbe scendere a 18 o 24 mesi. Le famiglie in povertà molto più numerose al Sud. Il nodo del limite ISEE
Il reddito di cittadinanza cambia ancora. Il Messaggero scrive oggi che la durata del “sussidio” per chi si trova in situazione di povertà assoluta, non sarà più di tre anni come inizialmente previsto, ma poterebbe scendere fino a 18 mesi, un anno e mezzo o 24 mesi, come ha detto ieri il presidente della Commissione Finanze Claudio Borghi. Il reddito di cittadinanza potrebbe essere erogato da aprile, in modo da evitare l’esborso per i primi tre mesi dell’anno che, comunque, sarebbero impiegati per riformare i Centri per l’impiego. Tre saranno i requisiti fondamentali da avere per avere diritto al reddito di cittadinanza, ma il primo è destinato prima o poi a cambiare, con le buone o con le cattive: avere la cittadinanza italiana. Il secondo requisito è essere in una situazione di povertà reddituale ma anche patrimoniale, e qui entra in gioco l’ISEE che dovrà essere inferiore a 9300 euro circa. Se si possiede una casa di proprietà, racconta il quotidiano, dal reddito sarà sottratto un assegno figurativo che varierà da 280 a 380 euro a seconda della composizione del nucleo familiare.
La somma percepita, dunque, scenderà come minimo a 500 euro. Va tenuto conto poi, che il reddito agisce come una «integrazione». Se una persona ha per esempio dei lavoretti part time e guadagna 400 euro al mese, ne otterrà altri 380. Chi riceverà il sussidio dovrà impegnarsi in corsi di formazione e lavori socialmente utili. Non potrà rifiutare più di tre offerte di lavoro giudicate “congrue”, altrimenti perderà il sussidio.
In più, va segnalato che le famiglie in povertà sono oggi più numerose al Sud: quasi la metà degli individui poveri si trova nelle regioni meridionali, dove risiede un terzo della popolazione italiana. Lo stesso vale per le pensioni di cittadinanza, che sono concentrate di più in Molise e Basilicata, seguono Calabria,Sicilia, Abruzzo e Sardegna. Sul fronte opposto ci sono Lombardia e Emilia-Romagna, dove gli assegni bassi e bassissimi sono molto meno diffusi.