Report e il valsartan contaminato da nitrosammine made in Cina

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-10-29

Il valsartan è un principio attivo utilizzato nei farmaci per l’ipertensione, nel 2017 la FDA ha scoperto che la Zhejiang Huahai – l’azienda cinese che lo produceva per molte case farmaceutiche italiane ed europee – stava mettendo a rischio la salute dei consumatori. Nel luglio del 2018 i farmaci sono stati ritirati dal commercio in Italia perché è stata identificata la presenza di un probabile cancerogeno: le nitrosammine. Ma come è potuto succedere che per sei anni nessuno si è accorto di nulla?

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Perché per sei anni hanno potuto circolare farmaci a base di valsartan – un principio attivo utilizzato nei medicinali per il controllo dell’ipertensione – contaminati da nitrosammine (NDMA), un composto chimico ritenuto probabilmente cancerogeno? A spiegarlo ci ha provato ieri Report, che ha indagato sul processo di produzione dei farmaci andando per così dire alla fonte della contaminazione.

La genesi del valsartan contaminato da nitrosammine

Cos’hanno scoperto i giornalisti del programma condotto da Sigfrido Ranucci? Che una parte considerevole dei farmaci contaminati venivano prodotti in Cina dalla Zhejiang Huahai. Si tratta di un’azienda che già nel maggio 2017  era stata raggiunta da un richiamo ufficiale da parte della FDA, la Food and Drug Administration, l’ente regolatore per i medicinali degli Stati Uniti. Nella nota del novembre 2018 la FDA critica l’esito del controllo interno della Zhejiang e si legge che in seguito ad alcune analisi su un medicinale a base di valsartan era stato rilevato un picco anomalo di N-nitrosodimethylamine (NDMA), le nitrosammine appunto. Di conseguenza l’EMA, l’Agenzia Europea per i medicinali, ha chiesto di svolgere delle verifiche sui farmaci contenenti valsartan che sono stati ritirati dal commercio.

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Scriveva l’AIFA nel luglio del 2018 che «la presenza di un’impurezza è stata riscontrata nel principio attivo valsartan prodotto dall’officina della Zhejiang Huahai Pharmaceuticals, nel sito di Chuannan, Duqiao, Linai (China) e attualmente risulta che l’impurezza sia presente solo nei prodotti fabbricati nel sito citato». Il problema è che per il consumatore è praticamente impossibile capire, leggendo il foglietto informativo contenuto nella confezione di un qualsiasi farmaco, dove venga effettivamente prodotto. Questo perché può succedere che i componenti di un medicinale vengano prodotti anche in dodici paesi diversi.

Come mai molte aziende vanno in Cina ed in India a produrre i propri farmaci?

E la normativa non prevede che venga indicato il sito di produzione del principio attivo del lotto. Ad esempio la Doc Generici acquista il 38% dei principi attivi in India e il 18% in Cina, ma sulle confezioni non c’è alcun obbligo ad indicarlo. E se sis scorrere l’elenco dei lotti ritirati da AIFA è facile scoprire come molti produttori si riforniscano tutti nello stesso stabilimento in Cina,  Ma come mai molte case farmaceutiche, tra cui l’italiana Menarini, acquistano i principi attivi in Cina? La risposta è che alla scadenza del brevetto sul farmaco i produttori hanno la necessità di farlo ad un prezzo più basso e quindi giocoforza bisogna trovare il modo per abbassare i costi di produzione. Il che è legittimo, ma può creare seri problemi di sicurezza.

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Soprattutto quando la ditta cui ci si rivolge per la produzione del principio attivo decide di utilizzare un processo di produzione diverso da quello indicato nella farmacopea europea. E nel 2012 la Zhejiang Huahai aveva brevettato proprio un nuovo processo di sintesi che, sostituendo un reagente rispetto alla formula della Novartis (che per prima aveva brevettato il farmaco e il cui brevetto era scaduto nel 2011) in modo tale da rendere più veloce – e quindi più economica – la produzione. Le impurità e le contaminazione da nitrosammine sono, secondo la professoressa Ulrike Holzgrabe dell’Università di Würzburg, una conseguenza del nuovo processo di sintesi adottato dall’azienda cinese.

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La domanda a questo punto è come mai per sei anni nessuno, né le aziende né gli enti regolatori, si sono accorti che il metodo utilizzato dalla Zhejiang produceva quella contaminazione. Secondo la professoressa Holzgrabe una delle ragioni è perché non si è studiato il processo nuovo di sintesi. Ma c’è però da notare che la FDA aveva mosso anche un’altra pesante accusa all’azienda: gli strumenti e i siti produttivi non erano all’altezza degli standard qualitativi richiesti per garantire la sicurezza del prodotto. Possibile che anche questo “dettaglio” sia passato inosservato per anni? Anche perché Report non si è fermata alla produzione cinese, ma ha indagato sulla fornitura da parte della Saraca laboratories ltd di Hyderabad in India di farmaci contenenti ranitidina (un principio attivo usato per contrastare ulcere e reflusso gastro-esofageo) nei quali sono state rilevati contaminazioni di NDMA, lo stesso contaminante trovato nel valsartan. E Report è andato in India e ha scoperto che le aziende che forniscono i prodotti intermedi alle aziende del settore non sembrano lavorare in quelli che dovrebbero essere gli standard igienici che uno si immagina per un’azienda farmaceutica. E fintanto che si andrà in Cina e in India per risparmiare, senza pensare troppo a quello che sta “dietro” al risparmio il rischio di nuove contaminazioni sembra essere dietro l’angolo.

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