Renzi, Berlusconi, Grillo: la Trattativa

Silvio Berlusconi punta ancora sulla trattativa, aspetterà fino a domenica sera. Matteo Renzi non pensa allo scouting ma chi vuole starci è benvenuto al tavolo. Il MoVimento 5 Stelle è pronto a un metodo, non a un’intesa. La politica italiana entra in fibrillazione permanente sul tema meno interessante per l’economia del paese: le riforme istituzionali. Ma i giocatori sono naturalmente appassionati alle regole del gioco, e quando sono le regole che possono portare a una vittoria o a una sconfitta elettorale lo sono ancora di più. Soprattutto nel momento in cui ad uno dei giocatori converrebbe tanto andare alle elezioni e riscuotere il pedaggio del suo consenso e dell’imbarazzo nel campo altrui, dove non c’è un candidato credibile. Mentre chi cerca di organizzarsi la propria squadra rischierebbe di dover venire a patti con Forza Italia o rischia di rinunciare a entrare in parlamento.
RENZI, BERLUSCONI, GRILLO: LA TRATTATIVA
La posizione del MoVimento 5 Stelle è nitida: «Apertura al PD? Sì, forse, no». Luigi Di Maio dopo la votazione per il CSM apre in un’intervista al Corriere della Sera a possibili altre convergenze e poi corre a smentire tutto sul Facebook, mentre Vito Crimi ribadisce la linea dura e il no a oltranza. Mentre La Stampa scrive che Casaleggio apre alla linea della trattativa: prima del voto di giovedì, Gianroberto Casaleggio era al telefono con i suoi che stazionavano in Transatlantico. «Non c’è un’idea buona o cattiva. Il punto è realizzarla e vedere come va a finire», ha risposto a chi gli chiedeva se non avesse qualche dubbio sulla strada intrapresa, secondo Francesco Maesano. Da lontano comincia a stagliarsi il Quirinale, che oggi Repubblica dà libero già a gennaio, visto che Giorgio Napolitano avrebbe deciso di annunciare il suo addio a fine anno. Ecco quindi che un nome comune tra Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle, da eleggere alla prima votazione, potrebbe dare il via alla corsa alle elezioni per marzo, nel momento in cui Berlusconi si potrebbe trovare sconfitto politicamente e impreparato elettoralmente, senza un candidato suo e con il migliore dei vicini (Matteo Salvini) che ha intenzione di fare quello che non è riuscito a fare del tutto Renzi: rottamarlo. «Non siamo pronti ad un’intesa ma siamo pronti ad un metodo: quello della condivisione e della democrazia », dice infatti Danilo Toninelli del MoVimento 5 Stelle, mentre Barbara Lezzi ed altri ricordano che il PD rimane il male assoluto per non tradire una linea che agli elettori sarebbe difficile spiegare, è vero, ma almeno avrebbe una giustificazione migliore rispetto all’immobilismo che ha di fatto congelato il patrimonio di un quarto dei voti che i grillini si erano conquistati un anno e mezzo fa, e che già comincia significativaemnte ad erodere.
La simulazione dell’Italicum di Youdem per Repubblica.it
SI SENTE ODORE DI URNE?
D’altronde per Renzi il profumo di elezioni è come il napalm al mattino per il colonnello Kilgore. E il motivo si capisce benissimo. I sondaggi accreditano il suo Partito Democratico al 44%, è riuscito a far passare la balla dei 18 miliardi di tagli alle tasse nella Legge di Stabilità 2015, il primo esame dell’Europa è passato (con danni, ma non importa). Il candidato più credibile a ricevere una legittimazione elettorale che cancellerebbe tutte le obiezioni sulla sua salita a Palazzo Chigi e probabilmente gli consentirebbe anche di staccarsi e dimenticarsi per sempre di alleati oggi scomodi, domani impresentabili. Dall’altra parte il Patto del Nazareno scricchiola e i grillini sono inaffidabili. L’alternativa più reale a questa strada per Renzi è puntare sull’alternativa dei fuoriusciti dagli altri movimenti per arrivare a una maggioranza comoda in Senato anche senza Alfano. Ma questa situazione dovrebbe presumere una volontà di mantenere immutato il quadro politico e stabile nell’attesa delle riforme e della crescita. E qui arriviamo al vero punto dello stallo politico.
LA VERA PARTITA
Se è vero infatti che la partita delle riforme istituzionali è quella meno interessante per l’economia del paese, è anche vero che la situazione economica è invece quella che dovrebbe preoccupare di più Renzi. La storia ci insegna che l’alternanza al potere di centrodestra e centrosinistra in Italia è sempre stata legata a come avevano lasciato il paese l’uno e l’altro dopo il loro governo. Inutile ricordare come è andata. Inutile ricordare che per ora l’economia italiana sembra insensibile all’invito di cambiare verso. La realtà è l’unica vera opposizione di Renzi. E da Bruxelles come da Francoforte i segnali che arrivano non sono incoraggianti. Rispetto alla propaganda, i saldi della Legge di Stabilità hanno infatti spiegato già in partenza lo scarso impatto che avrà la manovra sull’Italia. Il rischio è che, se i dati economici non miglioreranno, si possa passare da scarso a nullo e aver perso così un altro anno per riagganciare la crescita, mentre 3,2 miliardi se ne vanno, per volontà di Bruxelles, a migliorare quel rapporto Debito/PIL che sarà sempre più difficile da calcolare con il tempo che passa, per colpa del denominatore.

Questa partita non sembra potersi sbloccare con i decimali che regalerebbe Bruxelles. Questa è la vera partita di Renzi, e la più difficile. Ma l’Europa non ha intenzione per ora di cambiare verso. E la marea potrebbe riuscire a portarsi via alla fine anche lui. Per farsi posto alla Trojka.
Immagine copertina da La Trattativa