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Come il referendum (non) curerà il cancro

Giovanni Drogo 28/11/2016

Matteo Renzi e Maria Elena Boschi sostengono che grazie alla riforma costituzionale del Titolo V lo Stato centrale potrà ora garantire gli stessi diritti ai malati, indipendentemente dalla regione di appartenenza. Ma in realtà esistono i Livelli Essenziali di Assistenza. E il problema è sempre quello: la mancanza di soldi

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Siamo entrati nell’ultima settimana prima del voto per il referendum costituzionale del 4 dicembre. Ieri il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ospite da Barbara D’Urso è tornato su un discorso già fatto dalla Ministra per le Riforme Maria Elena Boschi qualche tempo fa. Renzi ha spiegato che qualora vincesse il Sì e quindi nel caso la Riforma Costituzionale entrasse in vigore allora grazie alla riforma del Titolo V della Costituzione finalmente il livello dell’assistenza sanitaria sarà uguale in tutta Italia. Nulla a che fare con questo titolo di Repubblica, frainteso da molti, qui si parla di diritti dei malati

Maria Elena Boschi e i malati di tumore dopo il… di next-quotidiano

Quanto (poco) il referendum cambia la sanità pubblica

La Boschi aveva detto durante un’intervista a Uno Mattina andata in onda a inizio novembre che “oggi non c’è lo stesso diritto per ciascun cittadino di qualunque regione di accedere allo stesso tipo di cure per malattie molto gravi come il tumore o i vaccini. Se passa la riforma invece avremo il dovere che ci siano lo stesso tipo di servizi a prescindere dalla regione in cui vivono”. La frase della Ministra aveva scatenato una ridda di risposte polemiche sul fatto che la Boschi stesse facendo campagna elettorale sui malati di cancro. Ieri Matteo Renzi, per spiegare gli effetti benefici della nuova redistribuzione delle competenze tra Stato e Regioni che scaturirà dalla riforma costituzionale ha tirato fuori anche i malati di Epatite C:

La riforma darà al Sud gli stessi livelli del Nord: se c’è un farmaco sull’epatite C, perché in Lombardia ci si mette 3 mesi per liberarlo e in altre Regioni 3 anni? Perché i sistemi sono diversi, con la riforma cambia il titolo V e il livello di assistenza dev’esser in Lombardia come in Calabria.

Come sapranno in molti infatti rispetto alle terapie contro l’Epatite C si è molto parlato in questi ultimi tempi, ovvero da quando sono stati messi in commercio Sovaldi e Harvoni, due farmaci rivoluzionari contro l’HCV. In Italia il trattamento con questi farmaci innovativi è distribuito gratuitamente solo se il paziente è in condizioni gravi. Questo però non per un capriccio delle regioni ma a causa del costo davvero elevato delle terapie (si parla di almeno 20mila o 30mila euro a terapia). A stabilire questi criteri è stata l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, e non le Regioni. I criteri con i quali si è mossa l’AIFA comprendono anche – ma non solo – le risorse economiche a disposizione. Quello a cui Renzi e la Boschi hanno fatto riferimento è quella parte della riforma costituzionale nella quale si stabilisce che debbano tornare di competenza dello Stato Centrale le “disposizioni generali di tutela della salute”. Questo è quanto è stabilito al comma m dell’articolo 117 della Costituzione, secondo quanto scritto all’articolo 31 della riforma Renzi Boschi

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La parte dell’articolo 117 riformato (a destra) citata da Renzi


Ma è davvero così? In molti già dopo l’uscita della Boschi hanno invitato la ministra a scorrere il testo della Costituzione di qualche articolo e di andare ad esempio a leggere l’articolo 120, che pure è stato riformato dalla legge costituzionale, che già nella versione pre-riforma delineava la possibilità per il Governo di sostituirsi alle Regioni e agli altri enti locali “per la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali“. Possibilità che è rimasta invariata anche dopo la riforma Renzi-Boschi, come si evince da questo confronto tra i due commi dell’art. 120.
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I due testi dell’articolo 120, a destra quello riformato

La riforma del Titolo V aiuterà davvero l’erogazione dei LEA?

C’è inoltre la questione dei LEA, i Livelli essenziali di assistenza, ovvero quelle prestazioni e servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket); l’elenco delle prestazioni e dei servizi essenziali è stabilito in base al Nomenclatore dell’assistenza specialistica ambulatoriale. Qualche tempo fa, sempre parlando della Riforma Renzi aveva dichiarato:

La riforma consente sulla sanità di avere gli stessi diritti per un bambino malato di diabete in Liguria e uno in Calabria. Sono cose serie.

I LEA esistono già, quindi per legge l’assistenza di base ai malati di cancro (e per quel che concerne anche diabetici o malati di HCV) è già uguale per tutti su tutto il territorio nazionale.
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La riforma costituzionale, nonostante quello che dicono Renzi e la Boschi, opera solo nel senso di “riunificare” la sanità scrivendo in Costituzione che i LEA sono uno dei cardini della Repubblica Italiana. Ma fino ad oggi gli adempimenti sui LEA erano stabiliti in base ad un’intesa tra Stato e Regioni che prevede una costante azione di monitoraggio del Ministero della Salute con il supporto dell’Age.Na.S. e dell’AIFA a cura del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza. Insomma già ora lo Stato si occupa di “indagare e promuovere l’equità del sistema a garanzia del necessario superamento delle disuguaglianze sanitarie, sociali e territoriali”. L’esistenza stessa dei LEA – così come quella dell’accentramento del governo della sanità – non è stata da sola sufficiente ad innalzare il livello dell’assistenza sanitaria essenziale. Per quello però non serve la Costituzione, serve la legge di stabilità che stabilisca l’erogazione di risorse ai LEA. Questo lo Stato centrale poteva farlo anche prima della riforma, ora – forse e in linea di principio – lo Stato sarà obbligato dalla Costituzione  a garantirli. Ma se in linea di principio – e di diritto – è giusto non è detto che all’atto pratico la cosa sia automaticamente conseguente come lasciano intendere i promotori del Sì al referendum. Altrimenti potremmo e dovremmo dire che il principio di uguaglianza sostanziale in Italia è rispettato perché è previsto dall’articolo 3 della Costituzione. Dal punto di vista dei diritti dei malati (le cose serie di cui sopra) i LEA già garantiscono gli stessi trattamenti, la disparità è dovuta soprattutto dalla differente distribuzione delle risorse (e ovviamente dagli sprechi, dall’inefficienza etc) ma questo in Costituzione non c’è e per quello è sufficiente una legge ordinaria.
 
 
 
 

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