Reddito, un terzo dei percettori escluso dal lavoro

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-02-15

Le famiglie formate da componenti già occupati sono escluse da qualsiasi obbligo previsto dai percorsi lavorativi e di inclusione e percepiscono il sussidio economico senza ulteriori vincoli

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Oltre un terzo delle famiglie beneficiarie del reddito di cittadinanza, pari a circa 1,3 milioni, non dovrebbe sottoscrivere né il Patto per il lavoro, né quello di inclusione. Lo calcola l’Upb nelle risposte scritte inviate alla Commissione Lavoro del Senato in seguito all’audizione sul decretone. Secondo l’Autorità indipendente, circa il 37 per cento dei nuclei “risulterebbe senza obblighi di alcun genere, il 26 per cento verrebbe almeno inizialmente inserito nel percorso lavorativo e il restante 37 per cento in quello di inclusione gestito dai Comuni”.

Reddito, un terzo dei percettori escluso dal lavoro

L’Upb ricorda che in base al decreto le famiglie formate esclusivamente da componenti già occupati oppure che si trovano in condizioni di non occupabilità (minorenni, studenti o in formazione, anziani, disabili o con carichi di cura) sono escluse da qualsiasi obbligo previsto dai percorsi lavorativi e di inclusione e percepiscono il sussidio economico senza ulteriori vincoli (“persone escluse da obblighi”).

I nuclei familiari con almeno un componente non escluso dagli obblighi sarebbero invece inizialmente indirizzati in due diversi canali. Vengono prese in carico dai centri per l’impiego le famiglie con almeno un componente non occupato da non più di due anni; maggiorenne ma sotto i 26 anni; beneficiario – attuale o fino a non più di un anno prima – della NASPI o di un altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria; già sottoscrittore di un Patto di servizio (in corso di validità) presso i Centri per l’impiego, come previsto dal Jobs Act.

Tutte le altre famiglie verrebbero inizialmente prese in carico dai servizi sociali dei Comuni “con condizionalità assai meno gravose di quelle previste per il percorso lavorativo”. La distinzione riguarda cioè la sottoscrizione nel primo caso di un patto per il lavoro e nel secondo di un patto per l’inclusione sociale. Una ripartizione dei nuclei che, secondo l’Upb, “è soggetto a una seria difficoltà interpretativa”.

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