L’ombra del riciclaggio sulla vendita di Radio Padania

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-05-20

I dubbi dell’Antiriciclaggio sulla cessione dell’emittente della Lega che diffonde ancora in tutt’Italia il verbo salviniano nonostante lo stop del Mise

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Marco Mensurati e Fabio Tonacci su Repubblica raccontano oggi tutte le ombre sulla vendita di Radio Padania, effettuata da Matteo Salvini nell’estate del 2016 e che permette di collocare Radio Padania all’interno della galassia di società su cui transitano i fondi della Lega, e che — secondo l’ipotesi della procura di Genova — è stata usata per far sparire i 49 milioni di euro di rimborsi elettorali non dovuti. La vendita viene formalizzata il 5 agosto 2016 nello studio del notaio Elio Luosi, dove si presentano Alberto Di Rubba, rappresentante della Cooperativa Radio Padania nonché commercialista di fiducia della Lega, e Lorenzo Suraci, proprietario di Rtl 102.5, presente per conto dell’Associazione culturale radiofonica italiana (Acrc). Suraci compra la licenza nazionale comunitaria ottenuta nel 1994 e ben 136 impianti radiofonici sparsi nel nord e nel centro Italia.

Il momento, per la Lega, non è dei migliori. Matteo Salvini è al terzo anno di mandato da segretario federale, e due procure — quella di Milano e quella di Genova — hanno aperto indagini sui fondi del partito. A marzo di quell’anno è arrivata anche la prima condanna: Riccardo Bossi, in primo grado, si è preso a Milano due anni e mezzo con rito abbreviato. Che, prima o poi, alla Lega venga chiesto di restituire i 49 milioni della truffa messa in piedi dal vecchio tesoriere Francesco Belsito, è qualcosa più di un timore. La vendita dell’asset potrebbe far entrare nelle casse un bel po’ di quattrini, eppure il prezzo concordato tra Di Rubba e Suraci è bassissimo: appena 2,1 milioni di euro, suddivisi tra impianti (162.819 euro) e licenza con avviamento (1,9 milioni circa). Cifre fuori mercato.

Prova ne sia che neanche un anno dopo Rtl 102.5 (di Suraci) cede 46 impianti alla Acrc (di un parente di Suraci) al prezzo di 6 milioni. Secondo un perito consultato da Repubblica, il valore reale minimo di Radio Padania oscillava tra i 5-6 milioni. Suraci se la prende a quasi un terzo del prezzo. Non prima di aver fatto inserire nel contratto una clausola che esclude l’accollo di qualsiasi debito pregresso.

Il problema è che i soldi finiscono in un’altra società:

Su due conti correnti della Sdc sono finiti tra il marzo del 2016 e il febbraio del 2018, 368.000 euro: 18.300 provenivano dal presunto finanziamento illecito alla Lega erogato dal costruttore romano Parnasi, attraverso l’associazione Più Voci (su questo indaga il pm romano Paolo Ielo); i restanti 350.000 arrivano dritti dritti dalla vendita delle frequenze della radio. La Sdc — come accade spesso quando si vogliono far perdere le tracce del denaro — dirotta parte di questi 350.000 presso un’altra società, ovviamente sempre appartenente alla galassia leghista.

«L’analisi tecnica — scrive Bankitalia — ha evidenziato come l’operatività finanziaria di queste società appare finalizzata alla ricezione di consistenti fondi dalla Lega Nord e da soggetti collegati al partito, sotto forma di pagamento di servizi e di prestazioni professionali, e alla successiva distribuzione di una parte rilevante dei medesimi fondi in favore di beneficiari diversi. Alcune delle suddette società si pongono come mero tramite rendendo conseguentemente dubbia l’effettività — oggettiva e soggettiva — delle prestazioni rese».

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