Quanto resiste sugli oggetti il Coronavirus? Lo studio su plastica e cartone

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-21

La ricerca è stata condotta da ricercatori statunitensi e intitolata Aerosol and surface stability of HCoV-19 (SARS-CoV-2) compared to SARS-CoV-1 e pubblicata sul New England Journal of Medicine

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Quanto sopravvive il Coronavirus SARS-COV-2, responsabile di COVID-19, sulle superfici? Dopo le comunicazioni un po’ contraddittorie di questi giorni, soprattutto sull’asfalto, un nuovo studio riporta dati sulla plastica e sul cartone. La ricerca è stata condotta da ricercatori statunitensi e intitolata Aerosol and surface stability of HCoV-19 (SARS-CoV-2) compared to SARS-CoV-1 e pubblicata sul New England Journal of Medicine.

Nello studio viene stimata la sopravvivenza del virus anzitutto negli aerosol, particelle minuscole presenti in aria a cui i virus possono aggrapparsi e così diffondersi. Quindi, su alcune superfici di uso comune: acciaio, plastica, rame e cartone. I risultati sono stato espressi in termini di emivita, ovvero l’intervallo di tempo oltre il quale la metà dei virus inizialmente presenti risulta ancora vitale e capace d’infettare le cellule. Per intenderci, se su una superficie sono presenti 100 virus, l’emivita sarà il tempo che intercorre prima che solo 50 di questi restino vitali.

I risultati dicono che l’emivita del nuovo coronavirus responsabile della Covid-19 è poco meno di 3 ore nell’aerosol, circa 3 ore e mezza sul rame, meno di 9 ore sul cartone, 13 ore su acciaio e 16 ore su plastica. Inoltre, i ricercatori americani sottolineano che il numero di virus vitali diminuisce fortemente col passare del tempo, dunque è difficile trovare una grande quantità di virus vitali dopo il valore stabilito per l’emivita.

coronavirus numeri 21 marzo
Coronavirus: i numeri del 20 marzo (Corriere della Sera, 21 marzo 2020)

Sull’argomento è intervenuto nei giorni scorsi il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro per il quale non solo una costante pulizia con disinfettanti, ma anche gli agenti atmosferici — sole e pioggia — possono abbattere la presenza del coronavirus sugli oggetti. Una malattia che tuttavia «è altamente improbabile», secondo Brusaferro, possa essere trasmessa «con i cibi confezionati, anche se non si può escludere».

Per Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano, l’audio è una fake news, «perché la carica virale in quel caso è irrisoria». Ma i dubbi restano. Anche perché finora nessuno ha smentito in maniera definitiva due studi, uno tedesco e l’altro cinese, sulla persistenza del virus fino a 9 giorni su acciaio, plastica e vetro, e sulla distanza di sicurezza fra persone a quattro metri e mezzo,con carica virale attiva per mezz’ora.

Casi forse rari, comunque contestati dagli studiosi italiani, a cominciare dal responsabile delle Malattie infettive dell’Iss Giovanni Rezza, secondo il quale la via del contagio rimane quella respiratoria e non da superfici contaminate. È comunque fondamentale, riprende Brusaferro, «garantire un’igiene adeguata delle mani e di quello che viene toccato».

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