Il complotto del Coronavirus nato in laboratorio (è una bufala)

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-21

C’è chi dice che lo hanno fatto gli USA per un dispetto alla Cina e chi dice che lo hanno fatto i cinesi ma la questione è sfuggita loro di mano. I più fantasiosi infilano nel complotto la Russia

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Da tempo circolano su Internet una serie di teorie del complotto che dicono che il Coronavirus SARS-COV-2, responsabile della malattia COVID-19, sia nato in laboratorio. C’è chi dice che lo hanno fatto gli USA per un dispetto alla Cina e chi dice che lo hanno fatto i cinesi ma la questione è sfuggita loro di mano. I più fantasiosi infilano nel complotto la Russia. Edoardo Boncinelli sul Corriere della Sera ricorda anche la tesi della diffusione dovuta a una fuga di materiale infetto da qualche arsenale biologioco, poi spiega perché non è così.

Ce lo dice la biologia molecolare. Sull’ultimo numero della rivista Nature Medicine si può leggere un articolo secco e tagliente, corredato fortunatamente da una splendida figura a colori. È un dato bruto e scheletrico, eccezionale anche per la biologia molecolare: sequenze di Dna allineate lettera a lettera, per poter essere confrontate. Due sono di coronavirus umano (una dell’attuale agente virale del Covid-19) tre di coronavirus di pipistrello e una di coronavirus di pangolino.

Le sequenze riguardano la «punta» più esterna di quei minuscoli organelli, quasi antennine, con cui il virus viene a contatto con le cellule, in questo caso le nostre. Sono state scelte in particolare due minuscole regioni di cui parleremo fra un attimo. Il risultato è chiaro. Il virus attuale è strettamente imparentato con gli altri virus del passato, appartenenti alla stessa famiglia. Le differenze sono piccole ma significative, originatesi probabilmente per mutazione spontanea. Non c’è nessuna evidenza che possano essere state prodotte in laboratorio.

complotto foto covid-19 settembre 2019 bufala 2

Quel che resta da decidere è se le mutazioni sono intervenute quando il virus aveva già invaso la specie umana, o mentre era ancora ospite di cellule di un animale diverso, pipistrello o pangolino probabilmente, o infine durante il passaggio dalla specie precedente alla nostra. Gli autori non sanno decidere; la cosa richiederà altro lavoro. Avevo accennato alle due piccole regioni analizzate. La prima riguarda l’attracco del virus alla cellula da attaccare, la parte «offensiva» della particella virale: più efficace la manovra di attracco, più considerevole il danno per l’organismo ospite.

Ma anche l’organismo si difende, spezzando l’organello di contatto stesso, e lo fa «attaccando» la seconda piccola regione della nostra sequenza. Dal punto di vista del virus questo significa sapersi o non sapersi proteggere dalla reazione del corpo. Anche in questo piccolo oggetto biologico, quindi, esiste l’attacco, la prima regione, e la difesa, la seconda regione. Non sarebbe male ricordarsene quando si pontifica su ciò che è bene e male, e si pretende di «insegnare» alla natura come si deve comportare.

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