La relazione (poco) complicata tra Putin e i fascisti

di Maurizio Stefanini

Pubblicato il 2018-11-30

Torna la tensione tra Mosca e Kiev, e subito sui media di Stato russi rimbalza contro il nazionalismo ucraino l’accusa di “nazismo”. Nel contempo, però, gli stessi media pompano massicciamente vari leader della destra europea che – a torto o ragione – sono accusati di “neo-fascismo” in casa loro. Da Marine Le Pen a Salvini passando per Wilders o perfino Alba Dorata . Come è possibile questa apparente contraddizione?

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Torna la tensione tra Mosca e Kiev, e subito sui media di Stato russi rimbalza contro il nazionalismo ucraino l’accusa di “nazismo”. Su Sputnik in particolare e su Rt . Nel contempo, però, gli stessi media pompano massicciamente vari leader della destra europea che – a torto o ragione – sono accusati di “neo-fascismo” in casa loro. Da Marine Le Pen a Salvini passando per Wilders o perfino Alba Dorata . Come è possibile questa apparente contraddizione? “Nella retorica risalente ai tempi dell’Urss fascista significa semplicemente nemico della Russia. Se un fascista diventa amico, allora cessa di essere considerato fascista. Per definizione”. Molto prima di quest’ultima crisi, questa spiegazione ce la diede nel 2017 Anton Shekhovtsov: un politologo ucraino Visiting Fellow all’austriaco Institute for Human Sciences. e uno dei più importanti esperti europei nel campo delle relazioni tra Putin e i movimenti populisti. Come tale, il 3 giugno 2017 fece una relazione a un convegno tenutosi a Roma a cura di Atlantic Council e Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici, su “La strategia di influenza della Russia in Europa: Mosca e i movimenti populisti europei di destra e di sinistra”. Il 30 agosto sempre del 2017 i suoi studi sono stati riversati nel libro Russia and the Western Far Right: Tango Noir, pubblicato dalla prestigiosa casa editrice britannica Routledge. Foto eloquente in copertina, Putin che stringe la mano a Marine Le Pen.

 

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La relazione (poco) complicata tra Putin e i fascisti

Va detto che, ben lungi dal tipico complottista che tende a gonfiare le cose, Shekhovtsov è invece un tipo di studioso rigoroso che smorza il più possibile, e tende perfino a rimproverare il giornalista che prova a strappargli dichiarazioni sconvolgenti. “Sono uno scienziato politico che si occupa di evidenze e non di rumors”, spiega. La Russia si è lanciata in una grande operazione di conquista dell’Europa, gli avevamo ad esempio chiesto? Ma no, risponde. Quello potrebbe essere un sogno di lungo periodo, ma attualmente la strategia russa è di tipo difensivo. Punta più che altro a destabilizzare seminando il caos per battere sul tempo l’Occidente prima di essere a sua volta destabilizzata: una analisi che di recente è stata riproposta da un rapporto del Center for European Policy Analysis. Non è vero che Putin sta finanziamo l’estrema destra europea? “Non ci sono prove”. Ma non è vero che una banca russa ha dato al Front National 9 milioni di euro? “Non è corretto dire che è stato finanziato dalla Russia. Ha ricevuto soldi in prestito, ma dovrà restituirli. L’evidenza più forte per un finanziamento vero e proprio dalla Russia riguarda solo un gruppuscolo di estrema destra polacco non molto influente”. Ci spiegava anche che il Pvv di Wilders in realtà non è filo-russo “anche se i suoi eurodeputati per disciplina di gruppo votano le risoluzioni pro-Putin di un nocciolo duro costituito da Front National, Lega Nord e Fpö austriaco”, e che “Alba Dorata simpatizza per Putin ma in concreto non ha rapporti”.
Però Shekhovtsov aveva insistito su due concetti. Il primo è che Putin veniva dal Kgb, e “un agente del Kgb non è mai un ex”. Ci ricordava l’esistenza di “un prontuario di Misure Attive che i manuali del Kgb elencavano per agire contro l’Occidente, e Putin appunto agisce con le mosse di questo Manuale”. In particolare secondo il principio: “sfruttare ogni possibile contraddizione del nemico. A un decennio dalla Grande Guerra Patriottica, l’Unione Sovietica comunista non ebbe il minimo scrupolo a finanziare gruppi neo-nazisti tedeschi, pur di ostacolare l’adesione tedesca alla Nato”.

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Il secondo concetto era che gli esponenti dell’estrema destra verrebbero usati soprattutto in chiave propagandistica, più che come forza di urto diretta. Da una parte, si dà loro spazio sui media di regime. Dall’altra, molti osservatori provenienti da questi movimenti vengono usati per dare legittimità a appuntamenti elettorali non riconosciuti dalla comunità internazionale: Abkhazia, Transnistria, l’Ossezia del Sud, Crimea, Donbass. Spiegava Shekhovtsov: “entrambi questi strumenti servono per dimostrare all’opinione pubblica interna che non è vero che Putin è isolato, ma gode invece di vaste simpatie e appoggi in tutto il mondo”. Una “ong governtiva” russa che che organizza monitoraggi elettorali è ad esempio l’Associazione Controllo Civico. Tra i partiti che partecipano alle sue missioni ci sono la Lega delle Famiglie Polacche, l’ungherese Jobbik, il bega Vlaams Belang, il British National Party, il bulgaro Ataka, il Pvv olandese e anche il Movimento Sociale – Fiamma Tricolore, oltre alla tedesca Linke. Estreme destre di mezza Europa e post-comunisti tedeschi uniti dalla simpatia per Putin. Però tutto ciò rientra nell’ambito della convergenza tattica, di fronte al comune obiettivo Unione Europea. L’interesse di Tango Noir è che ricostruisce l’esistenza anche di un diverso approccio più strategico, che teorizza proprio l’esistenza di interessi comuni tra la destra radicale e la Russia in quanto sistema geopolitico a prescindere dal tipo di regime al potere. D’altronde, nel 1917 erano stati i Servizi del Kaiser a aiutare la Rivoluzione di Ottobre, pur di togliere gli eserciti russi dallo schieramento Alleato. Sebbene negli anni successivi la estrema destra europea tenda a essere anti-russa, anti-sovietica e anti-comunista allo stesso tempo, non mancano i pensatori, leader e movimenti che invece guardano a Mosca con interesse. Nella Germania di Weimar, ad esempio, c’è un movimento nazional-bolscevico. Nella Germania Ovest post- 1945 c’è un neutralismo di Estrema Destra. In particolare nel 1949 è fondato un Partito Socialista del Reich che si pone come erede del nazismo, e che in chiave anti-Usa prende posizioni filo-sovietiche. Leader del partito era Otto Ernst Remer: un ex-ufficiale della Wehrmacht che era stato ferito in combattimento nove volte, e che aveva avuto un ruolo chiave nel far fallire il complotto contro Hitler del 20 luglio 1944. Oltre a negare l’Olocausto, dire che erano stati gli americani a costruire Dachau dopo la guerra per farci film fake e chiedere una “soluzione al problema ebraico” Remer spiegava che se l’Armata Rossa avesse invaso la Germania le avrebbe “mostrato la via del Reno”, ed avrebbe chiesto ai militanti del partito di arruolarsi come vigili del traffico, in modo da permettere ai russi di arrivare in Francia il più velocemente possibile.

Alle elezioni del 1949 il partito ottiene un deputato, cui nel 1950 se ne aggiunge un secondo. Nel maggio 1951 prende l’11% dei voti e 16 seggi in Bassa Sassonia. A ottobre il 7,7% e 8 seggi a Brema. Ma nel 1952 il Partito Socialista del Reich è il primo partito a essere messo fuori legge dal Tribunale Costituzionale Federale come nemico dell’ordinamento liberaldemocratico in base alla procedure previste dalla Legge Fondamentale. Il secondo e ultimo sarà nel 1956 il Partito Comunista: ma poi verranno ricostuiti un nuovo partito neo-nazista chiamato Nazional-Democratico e anche un nuovo Partito Comunista che si affretterà a dichiarare la propria lealtà al sistema. Pure fautori di un’integrazione tra un’Europa di destra e la Russia sono da un lato l’americano Francis Parker Yockey, teorico di un “European Imperium” e amico anche di Nasser. Dall’altro il belga Jean Thiriart; una ex-Ss divenuto poi ammiratore di Mao e del Black Power, teorico di un Impero Euro-Sovietico da Vladivostock a Dublino. Idee all’epoca eccentriche. Nel 1968 un pittore che si chiama Ilya Glazunov e che è un agente del Kgb visita a Parigi un ex-militare e ex-deputato che all’epoca sopravvive venendo vinili di marce naziste e che si chiama Jean-Marie Le Pen. Negli anni ’90 sono esponenti di una destra russa anti-Eltsin a prendere contatti con le estreme destre europee: in particolare il geopolitico Aleksandr Dugin, il leader del Partito Liberal Democratico Vladimir Zhirinovsky e Sergey Glazyev che tra 1992 e 1993 è ministro delle Relazioni Economiche Estere dello stesso Eltsin, prima di rompere con lui. Non sono il governo russo, ma abituano certi ambienti a guardare a Mosca, ed anche a viaggiarvi. Poi dopo che Putin è arrivato al potere, vengono dopo le “rivoluzioni colorate” del 2003 in Georgia e del 2005 in Ucraina e in Kirghizistan. Un segnale che il Cremlino si è convinto che gli occidentali stanno puntando alla destabilizzazione del regime e inizia appunto a prendere le sue contromisure può essere forse considerato nel 2008 la nomina di Dugin a professore di Sociologia all’Università di Mosca. Ma è dopo le proteste anti-Putin del 2011-13 che l’offensiva parte. E dal 2013 un crescente numero di organizzazioni di estrema destra europee iniziano a dichiararsi filo-Putin. In Italia nel settembre del 2013 fanno particolare impressione i manifesti del Fronte Nazionale di Adriano Tilgher “Io sto con Putin” dal fortissimo tono omofobo. Come spiega lo stesso Tilgher, “Putin ha assunto posizioni coraggiose, contro la potentissima lobby gay che, con un’azione capillare, punta quasi a colpevolizzare chi omosessuale non è, e contro le centrali finanziarie mondiali che vogliono la guerra in Siria. Noi stiamo con Putin, senza se e senza ma: un attacco in Siria aprirebbe le porte a un conflitto mondiale e la posizione russa rappresenta un argine contro l’irresponsabilità di Obama e di tutti i guerrafondai”. Secondo Tango Noir, quando il 15 giugno 2015 al Parlamento Europeo Lega, Front National, Pvv, Vlaams Belang, Fpö austriaco e AfD tedesca costituiscono il gruppo Europa delle Nazioni e della Libertà “Mosca si assicurata una struttura in gran parte ad essa fedele nel cuore della democrazia europea”.

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